CORSERA online 29 novembre 2011
Acqua pubblica: la beffa degli aumenti che ignorano il referendum nell'area di Latina
Nella provincia pontina l'assemblea dei 36 Comuni dell'ambito territoriale 4 ha approvato aumenti del 9 % per «remunerare il capitale» della società che cura acquedotti e fogne
Manifestazione per il rispetto del sì al referendum acqua
LATINA - Non è bastato il referendum dello scorso giugno per eliminare i profitti dalla gestione dell'acqua, nonostante questo rappresentasse l'asse portante della consultazione, la molla primaria che ha portato 27 milioni italiani ha dichiarare il proprio convinto ed abrogativo «sì». E forse non basteranno nemmeno le grandi manifestazioni di piazza come quella - l'ultima di tante - celebrata a Roma lo scorso 26 novembre: se i cittadini ritengono di non dover più essere strozzati da bollette idriche da capogiro, le amministrazioni che - in assemblea - approvano le tariffe, temono senza dubbio la reazione delle società private cui hanno affidato acquedotti, fognature, depuratori, fino agli odierni dearsenizzatori e in futuro, chissà, anche i dissalatori per rendere potabile l'acqua del mare.
I comuni dell'Ato4 serviti da Acqua Latina
«VUOTO NORMATIVO? UNA SCUSA» - Primo teatro di scontro, nel Lazio, è stata l'assemblea dei 36 sindaci dell'Ato 4 (ambito territoriale in gran parte riferibile alla provincia di Latina). E' lì che i primi cittadini hanno votato le tariffe dell'acqua - notevolmente più care - in vigore dal prossimo anno, disattendendo l'esito referendario e decidendo per un deciso ritocco al rialzo. Il motivo, tra gli altri, lo ha espresso il vicesindaco di Latina Fabrizio Cirilli, ritenendo che la famosa «remunerazione» del capitale sia un costo che garantisce, in qualche modo, anche gli investimenti di natura strutturale necessari alla rete idrica ed alla tutela del territorio. Sulla vicenda, lo scontro intepretativo è totale. «La renumerazione è un benefit - tuona Alberto De Monaco, uno dei massimi attivisti ed esperti in materia d'acqua pubblica -. Così come è sbagliato, da parte dei gestori, accampare la scusa del vuoto normativo per non rispettare il referendum».
Rubinetto pubblico (da Grandain.com)
BASTA LA TARIFFA BASE - Tale convinzione non ha nulla di politico, ma è insita nei motivi dell'accettazione del referendum stesso,come spiega lo Corte Costituzionale (sentenza 26/2011) che ha avallato i quesiti referendari. «La normativa residua è immediatamente applicabile» poiché «la nozione di tariffa come corrispettivo - scrive la corte - è determinata in modo tale da assicurare la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio secondo il principio del recupero dei costi e secondo il principio chi inquina paga». La Consulta spiega anche che «…coessenziale alla nozione di rilevanza economica del servizio è la copertura dei costi, non già la remunerazione del capitale».
ENTI SOTTO SCACCO - Spiega ancora l'esponente del comitato per l'acqua pubblica. «Ormai molti sindaci dell’Ato 4 sono addomesticati dal gestore che li tiene sotto scacco promettendo a taluno una fogna, ad un altro un tratto di rete, ad un altro l’ufficio “punto acqua” (ndr. a spese del Comune, come quelli appena inaugurati a Itri e Vallecorsa) salvo poi ritrovarsi a 9 anni dall’inizio di gestione con solo 120 milioni d’investimenti fatti rispetto ai 148 che dovevano onorare nei primi 6 anni, il canone di gestione mai pagato, i mutui preesistenti non rimborsati, ed un mare di debiti “traslati” dalla società sulle spalle dei Comuni».
Tecnici in un acquedotto (Ansa)
RITOCCHI FUORILEGGE - Non bastasse, i gestori privati dell'acqua hanno anche ottenuto il ritocco del piano tariffario che porterà «ad un aumento della tariffa media per il 2012 di quasi il 9% rispetto al 6,7% precedentemente stabilito nel 2006». I sindaci che lo scorso 11 novembre hanno approvato la richiesta del gestore di non decurtare dalla tariffa la remunerazione del capitale - spiega De Monaco - «sotto la minaccia del blocco degli investimenti, stanno provando a scippare il risultato referendario con cui ben 27 milioni di italiani lo scorso 12 e 13 giugno hanno abolito i profitti sull’acqua».
TRA VELENI E PERDITE - Mentre lo bollette tenderanno ad aumentare per via delle pressioni esercitate dalla aziende che hanno alle spalle potenti multinazionali operanti nel triplice settore «acqua-energia e rifiuti», il quadro delle inefficienze è drammatico. Recentemente lo ha delineato Legambiente, contando che ben 1.457.318 abitanti su 5.626.710 nel Lazio non sono serviti da acque depurate; con l'85,3% di copertura del servizio di fognatura e addirittura solo il 74,1% di copertura della depurazione.
ACQUA BUTTATA - Le perdite di rete sono addirittura del 62% a Latina, del 45% a Rieti, del 39% a Frosinone e dell'11% a Viterbo, mentre Roma si attesta al 27%, ma è la peggiore considerando le perdite per chilometro di rete con 68 metri cubi (fonte Blue book e Mediobanca). Nell'acqua dei rubinetti di 64 comuni del Lazio (17,3%) c'è una concentrazione di arsenico da riportare nei limiti di legge entro il 2012.
Michele Marangon
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