Francia, il colosso nucleare Areva nei guai dopo il dietrofront globale sull’atomo La società, fino a pochi mesi fa considerata solida e in ascesa, sconta l'effetto Fukushima, il referendum italiano e i ritardi nella costruzione del primo reattore Epr. Possibili 4mila licenziamenti. E le presidenziali francesi potrebbero aggravare la situazione se anche i francesi, da sempre votati al nucleare, dovessero sostenere una svolta anti-atomoAll’origine dei problemi attuali di Areva, il colosso francese, il più grande produttore di reattori al mondo non c’è solo il referendum italiano che ha detto no al nucleare. Ma anche il taglio a quelle quattro centrali (carissime) di ultima generazione, previste da Silvio Berlusconi e da Nicolas Sarkozy, quando ancora erano amici. Dopodiché sulla crisi pesa la decisione di Berlino di abbandonare l’atomo, al pari della Svizzera. Senza contare il congelamento di tanti progetti in tutto il mondo nel dopo Fukushima. Conclusione: Areva, fino a pochi mesi fa destinata a un’ascesa inarrestabile, è in crisi.
Tagli e licenziamenti in vista – Secondo indiscrezioni, pubblicate nei giorni scorsi da le Figaro, il colosso nucleare prevede di mettere alla porta a breve fra i 3mila e i 4mila lavoratori, come dire fra il 6 e l’8% dei dipendenti, in tutto quasi 48mila a livello mondiale (27mila in Francia). Una parte di questi licenziamenti sarebbe prevista (almeno 800) nei tre impianti di fabbricazione di combustibili localizzati in Germania. E in un altro stabilimento, destinato a chiudere i battenti, in Belgio. Ma anche la Francia non sarà risparmiata. Fonti vicine ai vertici del gruppo hanno per il momento negato la possibilità. Ma hanno ammesso che un piano di sviluppo, con una serie di misure di austerità, sarà presentato il 13 dicembre da Luc Oursel, il presidente, che nel giugno scorso ha sostituito Anne Lauvergeon, alla guida di Areva dal 2001. Nei prossimi giorni inizieranno i negoziati per sondare i sindacati. Tecnici e operai di Areva, l’aristocrazia dell’industria francese (grazie a stipendi molto elevati), si preparano a lacrime e sangue.
Il problema dell’Epr finlandese – I guai non arrivano mai da soli. Al blocco o alla rinuncia di diversi progetti nel dopo Fukushima si aggiunge una “rogna” precedente: la costruzione in Finlandia da parte di Areva, con Siemens, del primo Epr, il reattore di terza (ed ultima) generazione, sta accusando nuovi ritardi. Il cantiere, iniziato in pompa magna a Olkiluoto, nel Sud-Ovest del Paese, nel lontano 2005, per conto di Tvo, produttore energetico pubblico, doveva terminare nel 2009. Poi l’inaugurazione era stata spostata al secondo semestre del 2013. Ma, nei giorni scorsi, Tvo ha reso noto che si dovrà aspettare almeno fino al 2014. Il ritardo è assai imbarazzante per Areva, dato che questo Epr è il primo che sarà operativo nel mondo. E dovrebbe fungere da vetrina per gli altri Paesi (fino a un certo momento anche l’Italia) interessati a comprare a suon di miliardi di euro questa tecnologia all’avanguardia. Tanto più che le lungaggini sono dovute ai calcoli sbagliati del gruppo e alle esitazioni dell’Agenzia di sicurezza nucleare della Finlandia, che ha nutrito dubbi sull’affidabilità dell’Epr da questo punto di vista. I ritardi sono ancora più “imbarazzanti” se si considera che si traducono costantemente nel levitare dei costi già saliti nel passato da 3,6 miliardi di euro a 5,6. Ai quali ora, con il nuovo rinvio, dovrebbe aggiungersi un nuovo miliardo.
Il nucleare nel dibattito delle presidenziali 2012 – Intanto, i problemi di Areva sorgono anche sul fronte interno. Fino al disastro di Fukushima, a parte gli ecologisti, nessuno in Francia metteva in dubbio il nucleare, tanto meno la sinistra (la stessa Lauvergeon, già consigliera di François Mitterrand, ancora oggi è una manager in quota socialista). Oggi la prospettiva è cambiata. Anche oltralpe la gente ha iniziato a scendere in piazza per protestare contro il nucleare. E lo stesso François Hollande, candidato socialista alle consultazioni dell’anno prossimo, ha iniziato a parlare di una riduzione della quota dell’elettricità derivata dal nucleare (oggi al 75% del totale). Quanto a Eva Joly, la candidata dei Verdi, vuole un abbandono completo entro vent’anni. «Non ci sarà un accordo con i socialisti, se non accettano l’uscita dal nucleare – ha detto nei giorni scorsi . E, dato che una vittoria della sinistra alle presidenziai non è possibile senza i Verdi, questo rappresenterà un problema». Se la spuntasse, sarebbe la fine per il nucleare in Francia. Sarebbe anche la fine per Areva.
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