Simone Bauducco
MANIFESTAZIONE. Domani gli abitanti della Valle saranno in corteo contro l’Alta velocità. Armati di cesoie, promettono di liberarsi del filo spinato che «ha pesantemente influito sulle nostre vite».
Una doppia fila di reti metalliche divide il cantiere della Maddalena dal villaggio di Asterix dei No Tav. Una bandiera della Pace appesa al filo spinato sventola sospinta dal vento che arriva dal Moncenisio come buon auspicio per la manifestazione di domenica. Da un lato quasi duemila uomini delle forze dell’ordine e dell’esercito pronti a difendere il fortino. Dall’altro, un universo colorato ed eterogeneo composto dagli abitanti e dagli amministratori della Valle, gruppi ambientalisti, insegnanti e gruppi di preghiera. Un fronte che si è ricompattato dopo il clima di tensione generato dai postumi del quindici ottobre romano e dagli appelli alla repressione lanciati da alcune forze politiche in vista della manifestazione di domani. Ma come avviene da più di vent’anni in ogni momento teso, il movimento si è riunito in assemblea per delineare la strategia per la manifestazione di domani. Giovedì sera in una sala colma di abitanti della Valle, l’assemblea ha votato per acclamazione la proposta di arrivare alle reti a volto scoperto e pacificamente, ma con determinatezza.
«Contro il taglio dei servizi pubblici e delle risorse per i cittadini, andremo a tagliare queste reti che impediscono la libera circolazione delle persone e degli animali», spiega Nicoletta, ex insegnante di liceo e attiva nel comitato di Bussoleno. Si partirà dal campo sportivo di Giaglione e come sempre saranno gli anziani della Valle a guidare lungo i sentieri della Clarea Clarea il serpentone di manifestanti che proverà ad avvicinarsi il più possibile alle reti. Tutti a volto scoperto, unica arma le cesoie. Ci saranno anche i bambini delle tante famiglie No Tav della Valle con un servizio di animazione nel parco giochi di Giaglione. La protesta contro l’alta velocità si conferma dunque capace di coinvolgere tutte le generazioni della Valle che da fine giugno hanno subito gli effetti della militarizzazione dell’area. «La posa delle recinzioni nell’area della Maddalena ha influito pesantemente sulle nostre vite», spiega Luca, guida naturalistica.
«Non solo l’area attorno al cantiere è stata militarizzata, ma in tutta la Valle si sono moltiplicati i posti di blocco che in alcuni casi diventano veri e propri check point. Ogni giorno così la vita delle persone è rallentata dai controlli dei documenti e dalle procedure di perquisizione». Difficoltà che colpiscono soprattutto chi in Valle ha deciso di lavorarci. Dopo un momento di crisi economica molto forte che ha portato alla chiusura della maggior parte delle aziende, negli ultimi anni diversi ragazzi hanno deciso di recuperare le attività agricole scomparse per cercare una via d’uscita alla crisi. «In passato la Valle è sempre stata una terra di vini, ma oggi delle cinque aziende che lavoravano sul territorio, è rimasta soltanto la nostra», racconta il presidente della cooperativa vinicola Clarea Andrea Turio.
Da quindici anni produce vino insieme ai suoi due soci, ma per la prima volta è stato costretto a vendemmiare con la scorta dell’esercito. Le sue vigne sono infatti rinchiuse nel fortino della Maddalena. Ogni giorno ha dovuto attraversare un vero e proprio check point situato a ridosso della centrale di Chiomonte. «Nonostante le difficoltà causate dai controlli continui sui nostri lavoratori, siamo riusciti a vendemmiare anche quest’anno - spiega Andrea - anche se, se continua così, c’è la tentazione di mollare tutto e andare via dalla Valle». Un sentimento di difficoltà che sembra essere condiviso da molti e che rischia di portare all’abbandono dei questo territorio. La visione, partorita a livello europeo, della Val di Susa come un corridoio, non piace ai valsusini. «Vorrebbero trasformare la valle in un corridoio, ma in un corridoio non si vive», sintetizza Luca.
In questi anni di lotta contro il Tav, la gente della Valle è ritornata a parlare con i propri vicini di casa e ha ripreso pratiche di socialità che erano andate perdute. «La gente non passa più il tempo ad incazzarsi di fronte alla televisione - spiega Nicoletta - ma ha deciso di scendere in piazza e di mettersi in gioco in prima persona stufandosi di subire passivamente le decisioni prese dall’alto». Il nuovo protagonismo sociale ha coinvolto in prima linea le donne. Mogli e vedove che erano abituate a cucinare, lavare e stirare hanno iniziato a partecipare alle assemblee, spingendo i propri mariti alla partecipazione. Un senso che si è cementato nel corso degli anni all’interno dei presidi, i luoghi simboli della protesta a livello territoriale dove si sono sperimentate in piccolo forme di vita alternative e rispettose dell’ambiente.
Guido Fissore, consigliere comunale di Villar Focchiardo è stato denunciato insieme ad altri trenta attivisti per la costruzione del presidio a ridosso delle reti della Clarea che oggi continua a rimanere uno dei centri della protesta. «La giustezza delle nostre idee è superiore ad una legalità proclamata, ma che in realtà difende un’opera illegale». Il movimento No Tav sembra pertanto non voler fare la fine di Socrate che morì bevendo la cicuta pur di rispettare la legalità, ma ha dichiarato la propria intenzione a svolgere azioni legittime anche se considerate illegali dalla Legge perché «le leggi non sono di per sé giuste, ma si può disobbedire quando vanno contro gli interessi collettivi».
http://www.terranews.it/news/2011/10/no-tav-volto-scoperto-pronti-al-taglio-delle-reti
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