venerdì 21 ottobre 2011

Greenpeace contro la conciatura delle pelli, per salvare l'Amazzonia

Salvati la pelle!
News - 19 ottobre, 2011
Tra la distruzione dell’Amazzonia e i prodotti in pelle c’è un legame molto stretto. Lo abbiamo denunciato oggi con uno speciale servizio fotografico d’alta moda in Piazza Maggiore a Bologna, in contemporanea con la Fiera Internazionale “LineaPelle”. Quattro top model hanno indossato gli abiti sostenibili della stilista Mariangela Grillo. Attorno a loro gli attivisti hanno composto un enorme scenario di pannelli fotografici con le immagini di un’Amazzonia intatta, bellissima, su cui è comparso lo slogan: "Vuoi salvare l’Amazzonia? Salvati la pelle."
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La protesta è cominciata nei giorni scorsi quando gli attivisti hanno diffuso in zona Fiera manifesti, locandine e “clean graffiti” con il logo “Salvati la Pelle” e il sito web www.salvatilapelle.org con un nuovo rapporto "Promesse Infrante".

"Promesse Infrante" dimostra come la pelle che distrugge l’Amazzonia continua a contaminare le filiere di tutti i clienti di JBS, il gigante della carne e della pelle brasiliana. Gli allevatori che stanno distruggendo l’Amazzonia continuano, infatti, a vendere carne e pelle a JBS.

Nell’ ottobre 2009 JBS, insieme ad altre grandi aziende del settore zootecnico brasiliano, sì è impegnato a escludere dalla propria filiera capi bovini provenienti da allevamenti messi sotto embargo dal Ministero dell’Ambiente brasiliano, situati su terre indigene o coinvolti in fenomeni di lavoro schiavile.

L’indagine realizzata da Greenpeace, sulla base di quanto reso pubblico dalla Procura distrettuale dello Stato del Mato Grosso, rivela che, nonostante gli impegni presi per ripulire le proprie filiere dalla distruzione del polmone amazzonico, da maggio 2010 a maggio 2011 JBS ha continuato ad acquistare bestiame proveniente da almeno 19 allevamenti illegali.

Tra i crimini denunciati da Greenpeace,oltre alla distruzione di ampi tratti di foresta, anche il lavoro schiavile e l’occupazione delle terre degli indigeni Mairawatsede nello stato del Mato Grosso, dove l’allevamento bovino è proibito dalla legge. L’allevamento bovino è il grande motore della deforestazione dell’Amazzonia. Un recente studio pubblicato dall’Agenzia Aereo Spaziale Brasiliana (INPE) dimostra che il 61% delle aree deforestate sono attualmente occupate da pascoli ed allevamenti.

A distanza di due anni JBS non è ancora in grado di mantenere le promesse fatte ai propri clienti-. Senza un sistema di monitoraggio trasparente ed indipendente, chi acquista pelle da questa azienda potrebbe trovarsi coinvolto –anche senza saperlo - in brutali fenomeni di deforestazione e schiavitù.

Questo il nostro messaggio alle aziende del settore presenti in fiera: “Se ci tenete all’Amazzonia. Salvatevi la pelle!”
http://www.greenpeace.org/italy/it/News1/news/Salvati-la-pelle/

per vedere il video http://www.greenpeace.org/italy/it/multimedia/Video/Salvati-la-pelle/

Silvia Toscano
PROTESTA. Gli ecologisti manifestano contro l’industria della pelle che continua ad alimentare deforestazione e violazioni di diritti. Ieri attivisti in piazza a Bologna durante la Fiera internazionale.

Un avvertimento all’industria delle pelle che continua a minacciare la foresta amazzonica. Lo ha lanciato Greenpeace, scendendo in piazza con una protesta non convenzionale, proprio in occasione della fiera internazionale Linea Pelle di Bologna perché tra la distruzione in Amazzonia e i prodotti in pelle c’è un legame molto stretto: i due terzi delle aree deforestate sono occupati da pascoli e allevamenti. Una troupe fotografica, quattro top model e una dozzina di attivisti di Greenpeace hanno infatti realizzato uno speciale servizio fotografico d’alta moda in Piazza Maggiore, sullo sfondo di una fila di pannelli su cui campeggiava la scritta “Vuoi salvare l’Amazzonia? Salvati la pelle”. L’azione, che ha dato luogo a un vero e proprio servizio di moda “amica delle foreste” che verrà pubblicato su un magazine femminile, è destinata a lanciare un messaggio alle aziende che lavorano le pelli. «Jbs, il gigante della carne e della pelle brasiliana- denuncia Chiara Campione, responsabile della Campagna Foreste di Greenpeace Italia – continua ad acquistare prodotti provenienti da allevamenti illegali, quelli che stanno distruggendo l’Amazzonia.

Solo un paio d’anni fa, le campagne degli ambientalisti, Greenpeace in testa, avevano convinto la multinazionale a firmare un accordo in cui si impegnava a monitorare la filiera: questo protocollo di intesa sta procedendo in maniera incredibilmente lenta». Secondo il rapporto “Promesse infrante”, che l’associazione dell’arcobaleno ha lanciato oggi sul sito www.salvatilapelle.org, nonostante gli impegni presi per ripulire le proprie filiere dalla distruzione del polmone amazzonico, dal maggio 2010 a maggio 2011 JBS ha continuato ad acquistare bestiame proveniente da almeno 19 allevamenti illegali. Tra i crimini denunciati da Greenpeace, oltre alla distruzione di ampi tratti di foresta, anche il lavoro schiavile e l’occupazione delle terre degli indigeni Mairawatsede nello stato del Mato Grosso, dove l’allevamento bovino è proibito dalla legge. Un recente studio pubblicato dall’Agenzia Aereo Spaziale Brasiliana (INPE) dimostra che il 61% delle aree deforestate sono attualmente occupate da pascoli ed allevamenti.

Nell’ottobre 2009 JBS, insieme ad altre grandi aziende del settore zootecnico brasiliano, sì è impegnato a escludere dalla propria filiera capi bovini provenienti da allevamenti messi sotto embargo dal ministero dell’Ambiente brasiliano, situati su terre indigene o coinvolti in fenomeni di lavoro schiavile. A spingere in questa direzione, la decisione di grandi catene di supermercati brasiliani (Walmart, Carrefour e Pao de Azucar) e di alcuni dei più importanti marchi produttori mondiali di scarpe sportive (Nike, Adidas, Clarks e Geox) di non acquistare più prodotti provenienti dalla deforestazione illegale. Ma «a distanza di due anni JBS non è ancora in grado di mantenere le promesse fatte ai propri clienti - continua Campione -. Senza un sistema di monitoraggio trasparente ed indipendente, chi acquista pelle da questa azienda potrebbe trovarsi coinvolto, anche senza saperlo, in brutali fenomeni di deforestazione e schiavitù».

È quindi un avvertimento quello che l’associazione ha lanciato ieri a Bologna all’intero settore: attenzione, salvatevi la pelle, prima che scatti una vera e propria campagna verso i consumatori per informarli che il giubbino firmato che indossano è costato caro in termini di alberi abbattuti, foresta distrutta, terre rubate agli indigeni Xavantes. Per parlare con le aziende, Greenpeace ha utilizzato il palcoscenico offerto dalla Fiera internazionale, affollata dai maggiori buyer italiani ed esteri: il nostro Paese è il primo acquirente delle pelli brasiliane e l’industria conciaria nazionale può ricoprire un ruolo centrale nell’indirizzare le scelte delle multinazionali dell’allevamento. E per parlare al mondo della moda, ha organizzato degli scatti di moda, con una collezione (The Dryad”, della stilista Mariangela Grillo) di ispirazione naturale.

Tra pochi giorni, si riunirà inoltre il Tavolo internazionale che monitora per la parte industria conciaria lo stato di avanzamento degli accordi contro la deforestazione illegale in Amazzonia. JBS si troverà quindi con i riflettori puntati addosso, ma nel mirino degli ambientalisti c’è oggi anche il Brasile: nel maggio scorso è stata presentata in Parlamento una legge che modifica in senso negativo la legislazione forestale, permettendo di incrementare le aree destinate a essere deforestate legalmente e garantendo un’amnistia generale a chi finora ha distrutto la foresta amazzonica. Un’iniziativa che può essere scongiurata anche da un’azione delle aziende della pelle, che finirebbero per essere danneggiate – a livello di immagine – dall’abolizione di qualunque ostacolo alla distruzione del polmone verde del mondo.
http://www.terranews.it/news/2011/10/greenpeace-ai-conciatori-%C2%ABstop-allo-sfruttamento%C2%BB

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