Alessia Candito
SICILIA. Nonostante la crisi e il declassamento del progetto a livello europeo la società di Pietro Ciucci procede come se nulla fosse. Parte anche la formazione del personale. A spese della Regione.
Non esiste ancora un progetto esecutivo, non si sa se, come e da chi verrà finanziato, visto che l’Europa ha bollato l’opera come “non prioritaria”, ma il Ponte sullo stretto di Messina si farà. E presto. Ne è più che convinta la Stretto di Messina spa, che nel giro di un paio di giorni non solo ha pubblicato il progetto degli espropri dei terreni e dei fabbricati ritenuti d’intralcio o di interesse per la realizzazione dell’opera, ma ha anche iniziato a cercare personale. Che la Regione Calabria si preoccuperà di formare. «L’ ennesima beffa ai danni dei contribuenti. - per Antonio Mazzeo, attivista della Rete NoPonte - Ma non dovevano essere le società del Ponte a finanziare formazione, erogare borse di studio per giovani neolaureati e pagare opere e grandi opere nell’area dello Stretto? Non è bastato che l’Università di Messina abbia regalato al general contractor i locali della facoltà di Scienze per installare la propria sede?».
Domande destinate a rimanere senza risposta. Nel frattempo, nonostante del Ponte non ci sia ancora traccia, l’amministrazione regionale ha messo sul piatto mezzo milione di euro per formare i futuri lavoratori. Due responsabili informatici, due esperti giuridici e due amministrativi, un valutatore e un revisore contabile si prepareranno, nostre spese, per la gestione di un’opera che per adesso non esiste neanche sulla carta. Solo a fine settembre infatti, ha dichiarato l’a.d. della società Pietro Ciucci, la Stretto di Messina invierà il progetto definitivo agli enti competenti. Un passo necessario perché a Roma si apra la Conferenza dei servizi, ma non ancora definitivo. Toccherà infatti alla struttura tecnica di missione del Ministero, il compito di completare l’istruttoria sul progetto definitivo per trasmetterla poi al Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica.
Ed è proprio al Cipe che spetterà in seguito l’approvazione definitiva. Un iter complesso e che non è detto che vada a buon fine. Sul via libera definitivo pesano l’infelice congiuntura economica e il no secco dell’Europa. Il 29 giugno scorso, la Commissione ha declassato il Corridoio 1 Berlino-Palermo, dirottando l’interesse di Bruxelles sul più promettente versante adriatico, che dalla Puglia arriva fino a Malta. Circostanze che non sembrano turbare la Stretto di Messina, che prosegue “in linea con la tempistica programmata” e per questa ragione ha dato il via alle procedure di “dichiarazione di pubblica utilità”, necessarie per giustificare gli espropri. Ma nei territori, è caos. Nessuno dei quasi 800 interessati è ancora riuscito ad incontrare i quattro tecnici – due per sponda e solo due mattine a settimana - che la società ha messo a disposizione per spiegare ai cittadini se e in quale misura le proprie case saranno espropriate e quale sarà il “giusto indennizzo”.
Ed è difficile che tutti riescano a farlo entro 60 giorni, termine ultimo per presentare ricorso. «Una vera e propria beffa» per gli attivisti della ReteNoPonte, che ricordano come sia stato lo stesso Ministro Tremonti ad aver più volte ribadito che, dopo il passaggio della società di gestione sotto il diretto controllo del Tesoro, per il Ponte non si sarebbe speso più un euro. «Invece di prendere atto della situazione e bloccare ogni ulteriore spesa, la lobby rilancia con l’approvazione del progetto definitivo (non esecutivo) e di una quanto mai improbabile procedura che dovrebbe portare alla prima pietra nel 2013» sottolineano in un comunicato. La controprova, per gli ambientalisti dello Stretto, che «il Ponte non è un’opera ingegneristica ma un’operazione funzionale al drenaggio di fondi pubblici». Fondi che hanno raggiunto la cifra record di 500 milioni di euro senza che una pietra sia stata posata. Una cifra che potrebbe lievitare ulteriormente.
«La manovra della Stretto di Messina è solo un modo per giungere prima possibile all’approvazione del progetto da parte del CIPE, atto che, se i lavori tardassero, farebbe scattare il pagamento delle penali a favore del general contractor anche senza la “prima pietra”, - commenta Mazzeo - l’ennesimo modo per alimentare il giro d’affari che coinvolge le società di costruzioni e i soggetti che si occupano di movimentazione terra, scavi e gestione di cave e discariche, un settore in cui la ‘ndrangheta la fa da padrona. 1.300 milioni di ex fondi FAS, non se li faranno scappare».
http://www.terranews.it/news/2011/09/ponte-sullo-stretto-avanti-con-gli-espropri
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