Bruno Picozzi da Oporto
BENI COMUNI. Con le attuali curve di crescita demografica entro il 2025 quasi tre miliardi di persone avranno bisogno d’acqua. Nel 2025 saranno quattro: il 40% della popolazione mondiale.
Severe condizioni climatiche… La peggiore siccità che si ricordi negli ultimi 25 anni». Queste le parole con cui l’eurodeputata portoghese Maria Neves ha portato nell’aula di Bruxelles la «disperata» richiesta di aiuto da parte della Federazione agricola delle Azzorre. L’arcipelago dei sogni, piccolo pezzo di Portogallo nel bel mezzo dell’Atlantico, ha vissuto un’estate da incubo grazie a mix disastroso fatto di temperature al di sopra della media, precipitazioni scarse e difficoltà di approvvigionamento idrico. Jorge Rita, presidente della Federazione, ha parlato di situazione «gravissima che affligge tutte le isole» e che comporta un rischio concreto di depauperazione irreversibile dei terreni. Agricoltori e allevatori in difficoltà hanno già potuto beneficiare di un aiuto straordinario da parte del governo regionale pari a 1,8 milioni di euro e il meteo finalmente annuncia la pioggia in arrivo. Ma per riparare ai danni causati dai capricci dell’anticiclone ci vorrà ben altro.
È questo l’ultimo allarme in ordine di tempo a investire la ricca Europa, fino a ieri tranquilla sugli effetti del riscaldamento globale. L’intensificarsi degli estremi climatici, mitizzato e negato per decenni, si sta ormai affacciando alle nostre finestre portandoci preoccupazioni fin dentro casa e, peggio ancora, fin dentro le nostre aziende agricole. Tanto che nel 2005, durante l’ultima ondata di siccità, nell’area del Mediterraneo andarono distrutti gran parte dei raccolti di cereali. L’economia portoghese, ancora fortemente legata alla terra, dovette allora far fronte alla perdita del 50 per cento della produzione di grano e dell’80 per cento della produzione di miglio. Nel 2008, in tutta la Catalogna il livello delle dighe si abbassò ai minimi e la carenza di acqua potabile fu considerata una vera e propria calamità.
Di recente la stampa spagnola ha divulgato notizie secondo cui i fiumi nazionali avrebbero perso il 10 per cento della loro portata a causa dei cambiamenti climatici e delle attività antropiche. La natura infatti fa i capricci ma i veri problemi derivano comunque dalla cattiva gestione delle risorse. Già nel 2009 un rapporto dell’Agenzia europea per l’ambiente (Aea) affermava a chiare lettere che in molte parti d’Europa la gestione idrica è insostenibile. «Viviamo al di sopra delle nostre possibilità per quanto riguarda l’acqua. Lo sfruttamento eccessivo non è sostenibile con ripercussioni sulla qualità e sulla quantità dell’acqua rimanente, come pure sugli ecosistemi che da essa dipendono - dichiarò la professoressa Jacqueline McGlade, direttore esecutivo dell’Aea - Dobbiamo diminuire la domanda, ridurre al minimo la quantità di acqua che estraiamo e aumentare l’efficienza del suo uso».
Il Vecchio continente vanta un consumo medio di 200 litri al giorno a persona, contro i 20 litri o meno di alcune regioni dell’Africa. Durante l’ultima Giornata mondiale dell’acqua, lo scorso marzo, il Wwf indicò Spagna, Portogallo, Italia, Grecia e Cipro tra i peggiori consumatori al mondo in termini di impronta idrica. Eva Hernandez, responsabile del settore acqua potabile nel Wwf Spagna, relativamente alla penisola iberica ha sottolineato recentemente i vincoli finanziari che tendono a limitare le scelte politiche in direzione della sostenibilità. «In tempi di crisi non abbiamo molti soldi ma dobbiamo investire quel poco che abbiamo a vantaggio della natura piuttosto che in misure a breve termine quali dighe o impianti di irrigazione artificiale, se vogliamo conservare suolo e acqua nel lungo termine». Il Blue Book 2010, il rapporto sulle variabili dell’acqua pubblica nel Belpaese realizzato dall’Associazione nazionale autorità e enti di ambito e dal centro ricerche Utilitatis, stimava in oltre 64 miliardi di euro gli investimenti necessari nei prossimi 30 anni da parte delle società di gestione italiane per migliorare l’efficienza del servizio.
Il rischio è ovviamente mondiale. Secondo l’Organizzazione non governativa statunitense Population Action International, oggi la scarsità d’acqua potabile colpisce l’8 per cento della popolazione mondiale in un totale di 31 nazioni. Ma, considerate le attuali curve di crescita demografica e di consumo delle risorse, entro il 2025 ben 2,8 miliardi di persone in 48 nazioni saranno a corto d’acqua. Nel 2050 si arriverà a 4 miliardi di persone in 54 nazioni, ossia un buon 40 per cento dell’intera umanità. E l’Europa non è salva.
Situazioni di difficile gestione si vivono già nell’intera area mediterranea e persino in alcune regioni del Nord. Lo dice l’istituto di ricerca indipendente Maplecroft, che annualmente traccia la mappa del rischio derivante dallo stress idrico, ossia dalla differenza tra risorse e consumo legato ai bisogni domestici, industriali e agricoli. Il Water stress index, la graduatoria mondiale del rischio idrico, vede attualmente la Spagna in una scomoda 38esima posizione, il Belgio in 40esima e il Portogallo in 45esima. E l’Italia, fanno sapere dal Wwf, è ultima nell’applicazione della direttiva europea sulla protezione delle acque superficiali e sotterranee. http://www.terranews.it/news/2011/09/oro-bianco-il-pianeta-resta-secco
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