Sono passati solo 24 anni dopo la tragedia di Chernobyl e come spesso succede la storia non insegna molto all'uomo che spesso torna a ripetere gli stessi errori mettendo in crisi sè stesso solo per il potere e il guadagno sfrenato con progetti inutili e pericolosi. Sappiamo che il nucleare sicuro non esiste, che anche le nuove generazioni sono troppo costose e pericolose. Che l'energia
nucleare non è nè la meno costosa, nè la più sicura. Che non è l'energia del futuro visto che l'uranio durerà forse 40 o 70 più o meno come il petrolio.
Conosciamo migliaia di incidenti nucleari (
http://www.progettohumus.it/public/forum/index.php?topic=430.0), gli effetti devastanti sulla salute umana anche in provincia di Latina con la presenza di 2 siti mai bonificati e messi in sicurezza con l'aumento di leucemia e di altre malattie collegate al nucleare. Ma tutto questo non basta a fermare la voracità di poche persone senza scrupoli grazie a tanti senza memoria. Sappiamo di circa 80 incidenti accaduti in Francia nell'anno 2008 agli impianti nucleari, dove scuole e centri sociali sono stati costruiti in vicinanza di esposizioni radioattive altissime. Dopo 24 anni ci sono ancora effetti devastanti per la presenza di radiazioni nei pascoli della Gran Bretagna, della Francia, della
Scandinavia. Lo scorso anno lo scandalo del pellet radioattivo proveniente sempre dalle emissioni di Chernobyl che alimentano camini e centrali a biomasse anche in Italia. Non possiamo lasciare il mondo agli stupidi. Giorgio Libralato
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L’INCIDENTE DEL 26 APRILE 1986.
Nella notte tra il 25 ed il 26 aprile 1986 il quarto reattore della centrale nucleare di Cernobyl, in Ucraina, esplose. Il disastro , causato dall’immissione di una eccessiva quantità di materiale radioattivo, provocò una dispersione di
combustibile alla unità 4 dell’impianto con conseguente esplosione di vapore: in pochi secondi la produzione di energia nel nocciolo del reattore , un RBMK da 1000 MW , superò di 100 volte il livello massimo normale con un aumento enorme della temperatura. La lastra di metallo da 2.000 tonnellate che sigillava la sommità del reattore fu squarciata
da due esplosioni che determinarono la diffusione in atmosfera di centinaia di tonnellate di grafite presenti nel nocciolo;
l’incendio e la fuoriuscita di materiale radioattivo continuarono nel corso dei 10 giorni successivi.
Durante l’esplosione morirono due persone, ma subito dopo altre 187 manifestarono sintomi acuti da irraggiamento e
di queste 31 morirono nei giorni seguite . Gran parte di queste vittime erano i primi soccorritori, i pompieri che
tentarono di domare l’incendio.
Le stime quantitative dell’esplosione di Cernobyl indicavano che al di là dei muri della centrale fu rilasciata il 3.5%
della radioattività’ totale.
Ma secondo dati più recenti tale cifra rispecchia solo la quantità dei radionuclidi “pesanti” scaricati in atmosfera (
Uranio,Transuranio, Cesio).
Infatti la fuoriuscita di isotopi volatili come lo Iodio 131, il Cesio 134-137 ha raggiunto il 50- 60%, mentre il rilascio di
gas rari quali lo Xenon ed il Kripton è stato del 100%.
La quantità totale di isotopi liberati è stata valutata pari ad una attività di 11 Ebq (un miliardo di miliardi di Bequerel).
Il fall- out di materiale radioattivo fuoriuscito dal reattore esploso ha interessato dapprima le regioni più prossime alla
centrale, causando una significativa contaminazione dei territori della Ucraina, della Bielorussia e della Russia, e
l’irraggiamento della popolazione che abitava nelle immediate vicinanze della centrale ( 120.000 persone); il 27 e 28
aprile masse di aria radioattiva raggiunsero anche i Paesi Scandinavi.
Il 28-29 aprile, la nube radioattiva fu divisa in due parti da una corrente d’aria fredda che andava da ovest ad est,
parte si diresse quindi a nord-est e l’altra verso i territori della Polonia e della Germania.
Dal 30 aprile al 1 maggio la nube radioattiva arrivò nel nord della Grecia ed in Italia, Svizzera, Austria occidentale e
Cecoslovacchia dove fu registrato un notevole incremento del livello radioattivo. I giorni successivi si diffuse a nordovest
e sud-est dell’Europa.
Contemporaneamente fu registrato un aumento del livello di radioattività di fondo in Gran Bretagna , Belgio, Irlanda e
nelle regioni a sud-ovest della Francia.
Nell’Europa sud - orientale l’impatto dell’esplosione di Cernobyl si sentì maggiormente tra il 3 e il 5 maggio; il fall-out
radioattivo massimo in quel periodo si registrò in Grecia,Jugoslavia, Italia , Turchia, Albania.
Tra il 6 e l’8 maggio il fall-out si spostò anche molto lontano dal luogo dell’incidente, si registrarono infatti aumenti dei
livelli della radioattività di fondo anche in Cina, Giappone,India,Canada,USA.
Ma nonostante il fall-out radioattivo abbia interessato anche regioni geograficamente molto lontane da Cernobyl, il
70% della radioattività rilasciata dallo scoppio del reattore si è abbattuta sulla Bielorussia.
Gli interventi messi in atto per contenere il disastro causato dall’incidente e per l’evacuazione della popolazione ad alto
rischio - che hanno coinvolto circa 800.000 persone fra cui il personale della centrale e numerose squadre di
soccorritori - subirono un pesante ritardo derivato sia dalle difficoltà organizzative che dalla cinica decisione del
governo sovietico di censurare la notizia, anche nelle aree a maggior rischio.
Nei giorni successivi all’incidente, infatti, vennero divulgate poche notizie ufficiali , se non messaggi tesi a minimizzare
l’accaduto.
Le unità di intervento erano costituite ognuna da un ingegnere, a capo di gruppi di 10 ingegneri ciascuno dei quali
coordinava 100 operai. Sulla sorte di queste persone, i cosiddetti “ liquidatori”, i dati sono estremamente discordanti;
secondo il Cernobyl Committee of the Repubblic of Belarus, ne sarebbero decaduti 10.000 e 400.000 risulterebbero
affetti da varie patologie, secondo quanto emerso dal congresso internazionale EC/CIS svoltosi a Minsk nel 1996, ne
sarebbero deceduti 43 e 134 risulterebbero colpiti da patologie da irraggiamento.
L’ingegnere che ha raccontato a Legambiente come erano organizzati i gruppi di intervento, lui stesso a capo di una di
queste squadre di mille persone, ne è l’unico superstite.
Ricerche condotte da scienziati ucraini e israeliani, evidenziano che un terzo dei liquidatori, in prevalenza giovani, è
stato colpito da malattie dell’apparato riproduttivo; in un altro studio clinico condotto da un gruppo di ricerca ucraino
coordinato da S.Komisarenko, ha rilevato una diffusa tendenza tra questi soggetti, direttamente impegnati nelle prime
fasi di soccorso, ad ammalarsi di patologie varie, riconducibili tutte ad una sofferenza del sistema immunitario, non più
in grado di svolgere l’azione di protezione dell’organismo da agenti esterni.
A pochi mesi dall’incidente nel meeting IAEA di Vienna dell’agosto 1986, i sovietici mostrarono un inedito
atteggiamento di disponibilità’ a fornire dati sull’incidente - era in atto la glasnost di Gorbaciov - ma la relativamente
ampia quantità di dati su quanto era avvenuto e sulla entità dei rilasci radioattivi che erano stati riscontrati nel
territorio, era comunque sempre molto lontana dalle cifre reali.
Fu lanciato l’allarme delle conseguenze radiologiche ed enfatizzato l’immenso sforzo organizzativo dell’apparato
sovietico, costellato da numerosi episodi di eroismo da parte di coloro che erano intervenuti nelle prime ore e venne
imputata all’errore umano la causa dell’incidente.
La tesi dell’errore umano, sostenuta con forza dal governo sovietico per tutelare il proprio prestigio tecnologico, venne
ben accolta e largamente propagandata dall’Occidente, che aveva conosciuto od intuito altri eventi meno gravi, ma
potenzialmente tanto devastanti , e che aveva quindi forte interesse a dimostrare la sicurezza “intrinseca” della
tecnologia nucleare.
Alla gran parte dell’opinione pubblica questa tesi parve condivisibile e coerente con l’immagine di uno staff demotivato
ed incompetente dell’Est.
A diversi anni di distanza risulta evidente da numerosi studi, come si debba almeno parlare di concorso di
responsabilità tra gestori e progettisti dell’impianto: A.R Sich del MIT ha pubblicato i risultati di una ricerca sulla
gestione dell’incidente di Cernobyl , evidenziando le conseguenze sia degli errori dello staff tecnico della centrale, sia
l’assoluta mancanza di preparazione da parte del personale ad intervenire in caso di eventi del genere.
A questo si sono sempre appellati i responsabili della centrale, successivamente scaricati dal regime ed incarcerati
come capo espiatorio , nella battaglia che hanno sostenuto per dimostrare l’assenza di nozioni indispensabili per far
fronte a situazioni di emergenza.
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Ancora oggi nell’ambiente tecnico-scientifico occidentale, ma anche in parte di quello dell’Est, si valuta che buona parte
dei segreti sulla dinamica e sulle conseguenze dell’incidente non siano stati resi pubblici, da ciò deriva anche la
difficoltà di trovare la giusta correlazione tra cause ed effetti.
Il reattore nucleare del quarto blocco della centrale di Cernobyl era di tipo RBMK-1000, un adattamento di un reattore
militare, destinato quindi in origine a produrre materiale fissile a scopo bellico e privo di strutture di contenimento
rinforzate per poter contenere gli effetti di un eventuale incidente.
Venne quasi totalmente distrutto dall’esplosione del 26 aprile 1986.
Il tetto superiore (Helena) di circa 2.700 tonnellate che costituiva la struttura di protezione e di collegamento di tutte le
varie parti del reattore, si è come afflosciato su se stesso e, con il resto della struttura in cemento armato, è rimasto
appeso in posizione quasi verticale, provocando lo sprofondamento della base del reattore di 4 metri rispetto alla sua
posizione iniziale.
Tutto questo a determinato la distruzione delle strutture di supporto e di conseguenza il crollo delle parti sottostanti
con il perforamento del tetto della sala comandi.
La parte del reattore che è andata distrutta, essendo l’area in cui maggiore era l’irraggiamento, è divenuto
immediatamente inaccessibile per le elevate temperature che si sono sviluppate e per l’enorme quantità di radiazioni
che si sono sprigionate essendo anche saltato il sistema di isolamento ermetico.
Il magma incandescente costituito da materiali ferrosi, cemento armato, combustibile nucleare e gas è stato quindi
eruttato in atmosfera andandosi a depositare su tutti i locali della centrale e sul territorio circostante.
Per tutte le prime settimane il livello di radiazione dell’area intorno al reattore si è mantenuto nell’ordine delle migliaia
di Roengten ( 100.000 Roengten / h ), mentre nell’area di estensione della centrale raggiungeva le decine di migliaia
di Cu/Km2 ed il muro di elementi radioattivi, che si è alzato fino a quasi 2 Km di altezza, si è disperso in un raggio di
1.200 Km.
L’emergenza era rappresentata dall’isolamento del reattore distrutto, così da bloccare la fuoriuscita di radioattività e
proteggere quindi l’ambiente e la popolazione delle aree circostanti.
Vennero proposti ben 18 progetti di protezione, fra questi venne scelto il progetto “ Sarcofago”, una specie di piramide
a copertura delle macerie.
Per la ricostruzione del primo strato del sarcofago furono utilizzate le parti del reattore esploso, determinando di fatto
un aumento del rischio di contaminazione.
Per la costruzione degli strati successivi e per due cinta di mura sono stati impiegati 300.000 tonnellate di cemento e
oltre 100.000 tonnellate di strutture metalliche.
Questa mastodontica struttura di contenzione ha fatto crescere di dieci volte il peso sulle fondamenta dalle 20 t/mq alle
200, provocando un progressivo abbassamento del terreno - che poggia su uno strato argilloso - che ha raggiunto 4
metri .
Il lento processo di sprofondamento ha determinato il cedimento in più parti del sarcofago, che a gennaio 1996
presentava in superficie circa 1000 metri quadrati di crepe e buchi, dai quali fuoriescono polveri, acqua e gas
radioattivi.
Il pericolo imminente che si presenta ad oggi è il crollo del tetto all’interno del sarcofago che determinerebbe l’ulteriore
depressione del terreno con il conseguente pericolo di cedimento del reattore vicino, ma fondamentalmente
metterebbe allo scoperto 180 tonnellate di combustibile nucleare ormai ridotto a pulviscolo radioattivo, 11mila metri
cubi di acqua e 740.000 metri cubi di macerie altamente contaminate. Gli scienziati ucraini hanno valutato che la
radioattività totale delle sostanze custodite all’interno del sarcofago potrebbe superare i 20 milioni di Curie.
Nella centrale nucleare di Cernobyl, dove sono tuttora in funzione due reattori (il terzo è stato chiuso dopo l’incendio
nel 1992), logorano 5000 persone, 100 delle quali incaricate del monitoraggio del sarcofago che in caso di cedimento
sarebbero sottoposti a dosi di radiazioni dell’ordine degli 800 R/h con picchi fino ai 2.400.
Il sarcofago era stato progettato per garantire una sicurezza di 20-30 anni, ma oggi si valuta che non potrà reggere
nemmeno fino al 2.000.
Nel 1994 in seguito ad un concorso internazionale è stato prescelto un progetto - tra sei selezionati - per la
costruzione di un nuovo schermo di contenimento , un sarcofago, che possa avere una vita garantita almeno di 100
anni.
I costi previsti per la costruzione di questo nuovo schermo di protezione ammontano a oltre 300 milioni di dollari e
richiederà un lavoro di circa 5 anni.
I dati resi noti da scienziati quali il Prof. Beliavsky - menbro dell’Accademia Internazionale delle Scienze e dei Sistemi
d’Informatizzazione in Ucraina - confermato che esiste attualmente un pericolo enorme, incalcolabile, sia per le aree
direttamente interessate che per l’Europa intera .
Tra l’altro non è da sottovalutare che nella ipotesi di un nuovo incidente, nemmeno troppo peregrina date le condizioni
fatiscenti dei reattori ancora in funzione, le conseguenze potrebbero essere ancora più drammatiche rispetto a dieci
anni fa.
Il governo Ucraino ammette la propria incapacità’ di provvedere alla messa in sicurezza del reattore, sia per carenze
tecniche, ma soprattutto per la mancanza dei fondi economici necessari.
Per le riparazioni del sarcofago, il trattamento delle scorie e la definitiva chiusura dei reattori ancora funzionanti con la
conseguente riconversione professionale degli addetti e la creazione di centrali alternative, che garantiscano la
produzione della stessa quota di energia, è stata chiesta alla comunità mondiale una cifra di 4 miliardi di dollari .
Lo stato dell’area.
Sono oltre 260.000 i Km quadrati di territorio distribuiti tra l’Ucraina , la Bielorussia e la Russia che presentano a dieci
anni dell’incidente, livelli di contaminazione da Cesio137 superiori a 1Curie per Km quadrato.
In Ucraina sono oltre 35.000 Km quadrati ad avere questi livelli di radioattività ( più del 5% dell’intero territorio) e la
maggior parte ( 26.000 Kmq) è costituito da terreno agricolo. Quest’area comprende 13 regioni, 1.300 fra città e
villaggi in cui vivono 2,6 milioni di persone.
L’area compresa in un raggio di 30Km dalla centrale di Cernobyl è pressoché disattivata e 60 insediamenti abitativi,
per un totale di 167.000 persone, all’esterno di essa sono stati evacuati.
Nel raggio dei 30 Km intorno al reattore vi sono circa 800 siti di seppellimento di scorie e macerie, allestiti in totale
stato di emergenza, senza quindi particolari sistemi di protezione se non uno strato di argilla.
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Queste discariche radioattive potrebbero essere responsabili degli elevati livelli di contaminazione dei sedimenti del
fiume Dnepr e del suo affluente Prjpiat, che forniscono acqua a 30 milioni di persone.
La Bielorussia in cui si è riversato il 70% del fall-out radioattivo, è divisa in 6 regioni ( Minsk, Gomel, Mogilev,
Grodno,Brest, Vitebsk); dei 236.000 Kmq dell’intera superficie il 23% presentano livelli di contaminazione superiori a 1
Cu/Kmq e fra questi , 16.000 sopra 5 Cu/Kmq ; 6.400 Kmq sopra 15 Cu/Kmq; 2.200 sopra i 40 Cu/Kmq.
Dell’intera popolazione costituita da oltre 10 milioni di persone, 24.700 persone da 107 località dei distretti di Bragin,
Narovlia e Khoiniki nella regione di Gomel vennero evacuate dopo l’incidente e circa un quinto vive tuttora nelle aree
contaminate: in pratica sola la regione di Vitebsk ha zone immuni da radioattività .
La ricerca del livello e della natura della contaminazione radioattiva in Bielorussia evidenzia che il pericolo della
contaminazione non è dovuto solo alla quantità dei radioisotopi rilasciati dal fall-out, ma dipende considerevolmente
dalla struttura chimica e quindi dalla capacità di penetrazione di tali isotopi negli strati superficiali del suolo.
Ciò determina conseguentemente la loro mobilità e capacità di ridistribuzione nel terreno, nelle acque superficiali e
profonde, nelle piante e quindi nell’intera catena biologica.
Il 20% del territorio boschivo ( 1,3 milioni di ettari) della Bielorussia risulta contaminato; 257.000 ettari di terreno
agricolo delle regioni di Gomel e di Mogilev sono inutilizzabili per l’agricoltura ed una quota analoga di territorio entro il
raggio di 30 Km dalla zona del disastro, risulta inabitabile.
La produttività agricola e l’allevamento del bestiame hanno subito danni ingenti e risultano tuttora deficitari per il
fabbisogno interno.
Il danno economico è stato in oltre 200 miliardi di dollari ( più di 300 miliardi di lire italiane).
I dati ufficiali da fonti governative tendono a minimizzare la situazione attuale, ma esistono evidenti incongruenze,
tanto che risulta difficile fare una stima reale dei danni sia all’ambiente che alla popolazione .
Così come appaiono gonfiati rispetto alla realtà , tutti i dati relativi alle misure di bonifica, controllo e ripristino della
situazione generale. Tutto ciò che riguarda l’ incidente di Cernobyl è stato per anni sotto la massima segretezza e dai
pochi documenti TOP - SECRET trapelati risulta che tutti i dati ufficiali sono stati elaborati in modo tale da descrivere
una situazione si preoccupante, ma comunque sotto controllo.
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