Cronaca | Antonella Mascali
La piazza di Libera contro le mafie
21 marzo 2010
A Milano 150mila persone, assenti tutte le istituzioni
Da non credere. Milano, la città dove c’è una resistenza istituzionale a dire che la mafia – anzi soprattutto la ‘ndrangheta – qui c’è, ieri è stata invasa da 150 mila persone che hanno partecipato alla “Giornata dell’impegno e in memoria delle vittime delle mafie”, promossa da Libera e Avviso pubblico. 500 pullman e due treni speciali da tutta Italia, rappresentanti di Ong del resto d’Europa e dell’America latina, “ma soprattutto tanti milanesi e lombardi” come ha detto rincuorato Lorenzo Frigerio, referente diLibera in Lombardia. Alla fine del corteo, Piazza Duomo e le vie laterali erano stracolme di gente. Quando i manifestanti sono passati dalla vicina Piazza Fontana c’è stato un lungo applauso per le vittime della strage. A sfilare anche i gonfaloni del Comune e della Provincia di Milano, ma non c’erano né il sindaco Letizia Moratti, né il presidente Guido Podestà. Assenti il prefetto Gian Valerio Lombardi, che ha detto che a Milano la mafia non esiste, e il governatore uscente Roberto Formigoni: per rispettare “la richiesta, fatta direttamente a me dagli organizzatori che nessun simbolo e nessun candidato fosse presente in piazza”.
Veramente don Luigi Ciotti, durante la conferenza stampa a cui aveva invitato Formigoni, (che ha mandato il sottosegretario Giammario), aveva solo lanciato un appello ai politici di non portare simboli di partito. Senza bandiere, c’erano gli altri candidati a presidente della Regione: Filippo Penati, Vittorio Agnoletto e Savino Pezzotta. Mischiati tra la folla Di Pietro, Veltroni, Lumia, De Magistris, Fava, Ferrero, Fiano. In prima fila oltre 500 familiari delle vittime delle mafie. Alcuni di loro avevano la foto del loro caro ucciso. Come Pinuccio e Lella Fazio, genitori di Michele, 16 anni, ammazzato per errore a Bari Vecchia, il 12 luglio del 2001, durante una sparatoria tra clan rivali: “A nessuno deve succedere quello che è accaduto a Michele e a noi. Ringraziamo Libera per il suo impegno a favore della legalità. Un impegno che deve essere di tutti”.
Qualche metro dopo incontriamo Claudia Loi, sorella di Emanuela. Era una poliziotta di 24 anni morta insieme a Paolo Borsellino e ad altri 4 agenti di scorta, il 19 luglio del ’92. Claudia Loi fa molta fatica a parlare: “Ogni anno in questa giornata la ferita fa ancora più male, ma allo stesso tempo vedere tanta gente mi dà la forza per andare avanti”. Claudia Loi riprende fiato e poi dice: “Qualcuno dello Stato sa tutta la verità sulla strage, ma non parla. Vogliamo sapere”. Franca Evangelista, vedova di Gaetano Giordano, il commerciante ucciso a Gela il 10 novembre del ’92, partecipa alla manifestazione per il terzo anno. “Prima ho dovuto metabolizzare il dolore. Ora sono impegnata nell’associazione antiracket intitolata a mio marito. La politica non dà l’esempio, dobbiamo costringerla noi, con la nostra battaglia come cittadini a cambiare”. Mentre parliamo, dal palco comincia la lettura dei nomi delle 900 vittime di mafia. Quelle accertate. Durerà quasi un’ora. Impressionante. A cominciare Elisabetta Caponnetto, la vedova del giudice che è stato il capo del pool di Falcone e Borsellino. Ci sono anche Nando dalla Chiesa, presidente onorario di Libera, che ha voluto fortemente la manifestazione a Milano, la sorella Simona, il procuratore Giancarlo Caselli, il procuratore aggiunto Antonio Ingroia, Anna Ambrosoli e Benedetta Tobagi, che come familiare di una vittima del terrorismo vuole che non ci siano differenze con i morti di mafia. “Sono stati uccisi tutti per la democrazia”.
Don Ciotti, parla della crisi in Italia, che “prima di essere economica è innanzitutto crisi dei diritti e della politica. C’è una concentrazione di potere e di conflitti d’interesse ”. Dice che “la scelta dei candidati non si fa solo in base alle inchieste giudiziarie ma anche in base alle frequentazioni e ai comportamenti”. Il presidente di Libera si appella per “non lasciare soli i magistrati e le forze di polizia” e sottolinea l’importanza di una magistratura autonoma e una informazione senza censure. La mobilitazione esiste, grazie a Libera, ogni 21 marzo (quest’anno anticipata perché oggi è domenica) ma non è istituzionalizzata.
C’è una legge che lo ha proposto, a firma di Beppe Giulietti dell’Idv e di Fabio Granata del Pdl, ma è bloccata in commissione Affari costituzionali da ex forzisti tra cui Jole Santelli ed Enrico La Loggia che vogliono cambiare giorno, perché insofferenti verso Libera e don Ciotti, troppo indipendenti. La Loggia ha cercato di usare la data del 30 aprile, giorno in cui, nell’82, fu ucciso a Palermo il segretario siciliano del Pci, Pio La Torre. Il figlio Franco non è cascato nella strumentalizzazione: “La data giusta, ci dice, è il 21 marzo perché è il giorno di tutti e non di una singola vittima. C’è da 15 anni ed è un giorno già nel cuore degli italiani”.
da il Fatto Quotidiano del 21 marzo
Nessun commento:
Posta un commento