Tanti sono i motivi per i quali è incomprensibile il progetto della centrale a biomasse a Pontinia, economici, sanitari, di programmazione energetica e territoriale, ambientale, normativa e nessuno che ne giustifichi la proposta.
Noi "poco informati", come siamo stati definiti, leggiamo dati ufficiali delle aziende, studi aggiornati qualificati, per esempio dell'Enea, oppure dell'Università di Roma, il protocollo di Kyoto, le direttive europee, ricerche dell'assessorato all'agricoltura della Lombardia, proposte delle associazioni dei coltivatori diretti del Veneto, dell'Emilia, della Lombardia, nessuno di questi conforta la realizzazione di tale progetto.
Ma, noi "poco informati", ascoltiamo anche i tecnici e i dirigenti che hanno proposto tale stramapalato progetto, da essi stessi definito "esagerato, perchè non c'è abbastanza biomassa nella zona", oppure "non è conveniente mettere a dimora queste piantagioni dedicate", anche "la vita massima della centrale è di 7 anni, cioè quanto durano (o duravano all'epoca delle dichiarazioni" i contributi pubblici", senza i quali "la centrale non è conveniente". Oppure la previsione massima di circa 20 unità lavorative.
Il tutto a fronte di un finanziamento pubblico (soldi nostri quindi) di circa 8 milioni di euro, cioè ogni posto di lavoro costa circa 400.000 € per 7 anni, circa 60.000 € l'anno.
Ma non sarebbe meglio regalarli questi soldi ai "probabili assunti" ai quali ne arriverebbero, se andasse bene 15.000 € l'anno?
Tornando all'attualità con quegli 8 milioni nostri e non della società proponente, si potrebbero costituire e costruire capannoni per 16 nuove aziende artigianali - industriali da una decina di posti di lavoro, per un totale di 160 posti di lavoro e non 20.
Che porterebbero un vero indotto e non una cattedrale nel deserto.
Tornando alle biomasse nessuno crede vi sia la disponibilità (non solo in provincia di Latina, ma nell'intero Lazio e regioni confinanti) per alimentare questa centrale e tutte o parte delle 30 progettate.
Senza contare a quelle che già esistono in provincia di Latina (1 di 10 MW esattamente molto di più di quello che gli studi più ottimistici stimano per la nostra provincia), ne è progettata un'altra delle stesse dimensioni, oltre a 5 in provincia di Roma, 3 in quella di Viterbo e oltre 20 in quella di Frosinone.
Altro dato ritenuto inattendibile quello della convenienza agricola, con un guadagno annuo di circa 500 € a ha, meno di quanto si prende affittando il terreno.
Ma basta leggere i dati (noi "poco informati" lo abbiamo fatto) riferiti alla centrale gemella, quella di Bando d'Argenta (FE) che è arrivata, dopo 7 anni di funzionamento a stipulare contratti per circa 1/4 della potenzialità.
Senza voler pensare a male come induce la stessa centrale chiusa per le emissioni non conformi e per il sabotaggio degli strumenti di controllo, con processo in corso e alcune pene già patteggiate.
O per non voler pensare al peggio come al legno radioattivo proveniente da Chernobyl.
Sarebbe bastato che i "tanto informati" leggessero, per esempio, il piano energetico regionale del 2001, quindi prima della redazione del progetto, per capire che non vi erano le condizioni economiche per alimentare la centrale.
Oppure che i "tanto informati" leggessero il nome dei comuni della zona per capire che non vi sono quelli inventati allo scopo per non avere opposizioni al progetto, di Codarda, Fossanova e Sonnino Scalo.
Se i "tanto informati" conoscessero la normativa vigente non avrebbero citato, in materia di sicurezza, leggi abrogate, superate da altre.
Anche se i "tanto informati" avessero letto le critiche della Provincia di Latina per aggiornare un progetto con dati superati o non attuali o poco pertinenti il progetto.
Avrebbero evitato, i "tanto informati" di far predere tempo a tutti.
Pontinia 16 settembre 2009 Ecologia e territorio Giorgio Libralato
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