Se il centrodestra italiano pensa di risolvere il problema dell’autosufficienza energetica con il
nucleare, altrove esponenti politici della stessa tendenza assicurano che puntare sull’atomo è una follia, dal momento che le riserve di uranio, il metallo che viene utilizzato nelle centrali per produrre energia elettrica, finiranno fra il 2015 e il 2025.
è il caso della svizzera Isabelle Chevalley, dottore in chimica e fondatrice di Ecologie libérale, un movimento ecologista che si definisce di centrodestra e che ha scritto sul suo blog 24 Heures un
dettagliatissimo post sulla scarsità di uranio.
2 lunedì 3 novembre 2008 “Puntare subito sulle rinnovabili”
“Fin dal 1991 non si estrae abbastanza uranio per soddisfare l’esigenza di tutte le centrali nucleari del mondo – sostiene Chevalley – l’estrazione è talmente diminuita che nel 2003 metà del fabbisogno del metallo grigio è stato fornito dalle scorte militari”.
In natura l’uranio si trova pressoché ovunque, compresa l’acqua, ma la parte del metallo che interessa alle centrali nucleari è una elaborazione (arricchimento) dello stesso per aumentare la concentrazione di 235U rispetto al 238U, due isotopi dell’uranio.
Prosegue la fondatrice di Ecologie libérale: “Dal 2001 il prezzo dell’uranio è decuplicato, da 7 dollari la libbra a più di 75 nel 2007.
Questo massiccio aumento di prezzo riflette l’incertezza che circonda la sua produzione.
L’altro picco storico risale alla fine degli anni ‘70 quando la richiesta di questo metallo è aumentata sia a livello militare che civile raggiungendo i 43 dollari per una libbra. Attualmente,
non solo non vengono più scoperti grossi giacimenti di uranio, ma i giacimenti già scoperti non vengono pienamente sfruttati perché non conviene economicamente.
I costi sarebbero troppo elevati.
Di conseguenza, la progressiva mancanza di uranio comincerà a farsi sentire tra il 2015 ed il 2025, quando le centrali nucleari produrranno meno energia fino a fermarsi del tutto”. Inoltre, aggiunge Chevalier, “la produzione di uranio è molto concentrata: l’80% viene da soli sei Paesi, Russia, Nigeria, Namibia, Kazakistan, Australia e Canada. E questo rende l’industria nucleare
molto vulnerabile”.
Per la dottoressa Chevalley insomma aprire nuove centrali è un errore sia politico che, soprattutto, economico.
“Uno studio francese – afferma l’esponente ecologista – ha dimostrato che, investendo nelle energie rinnovabili e in politiche di risparmio energetico, con lo stesso importo necessario per la costruzione di una nuova centrale nucleare, circa 3 miliardi di euro, si arriverebbe a produrre il doppio di energia elettrica”.
Prendo l’esempio di un’azienda tedesca che produce pannelli solari termici ad alta temperatura.
Quest’azienda sostiene che coprendo con centrali eliotermodinamiche solo l’uno per cento del
deserto del Sahara l’energia prodotta basterebbe all’intero fabbisogno mondiale.
Il potenziale di tutte le fonti rinnovabili è davvero enorme e soprattutto bisogna smettere di dire che costa troppo.
Quante guerre sono state fatte al fine di garantire l’approvvigionamento energetico?
Quante sono state le sovvenzioni al nucleare, al carbone ed al petrolio?”.
Insomma, conclude Chevalley “le energie rinnovabili non sono solo ecologiche ma anche economiche”.
www.notizieverdi.it
Nessun commento:
Posta un commento