Qualsiasi iniziativa, o progetto, di per sé, può essere positiva o negativa se non neutra, dipende dalle condizioni e dal contesto. Mi spiego meglio. Sull’ “Espresso” da ieri in edicola viene spiegato ciò che io intendo sul progresso, così come sulla velocità dei cambiamenti. Quello che fino a qualche decennio fa veniva ritenuto necessario ed ineluttabile e che potesse giustificare tutto nel nome del progresso si è scoperto come una grossa falsità. Alcuni concetti vengono affrontati anche nella Centesimus Annus. Qualsiasi sistema politico ed economico, compresi quindi capitalismo e socialismo reale, non rispondono alle esigenze dell’uomo, bensì alle ambizioni di pochi di prevalere sugli altri. Non esiste il progresso sostenibile visto che il pianeta terra ha dei confini e delle risorse limitate, chi dichiara il contrario perché vuole prevalere sull’altro oppure comandare una nazione, oppure semplicemente vendere un prodotto inutile che altrimenti sarebbe invendibile. Passando al contesto locale di Pontinia, alcune analisi sociali, tecniche ed economiche, hanno dimostrato l’inutilità di alcuni progetti quali le centrali a turbogas e a biomasse, che oltre ad essere trascurabili da un punto di vista occupazionale, dell’indotto, nessun vantaggio davano alla comunità. Arrivando poi all’analisi dell’impatto sulla salute come sull’ambiente ne sono stati evidenziati i notevoli danni. Ancora una volta si cercava di vendere un prodotto inutile e dannoso nell’interesse di pochi con il danno di tutti i cittadini e le aziende. Passando per i centri commerciali occorre analizzare l’insieme dell’economia che si è sviluppata nel dopoguerra, generando benessere sociale e solidarietà. Ogni attività familiare generava altre attività, servizi e conoscenza nell’aiuto e sostegno reciproco. Questo ha generato ciò che a livello economico è stato un miracolo portando l’Italia dalle macerie del fascismo, i lutti e la guerra partigiana ad essere una potenza (tra le prime 5 o 7 del mondo) anche economica e tecnologica. Ciascun processo ha dei limiti, così come le risorse. Un grosso limite è senz’altro quello burocratico e politico con una classe dirigente che anziché affrontare i problemi della comunità si è assicurata i privilegi della casta. Questo perché il benessere, come si è dimostrato negli anni 90, era finto e artificiale, così come l’economia come la politica sono state degenerate da un sistema basata sull’arrivismo, sull’apparenza, sul potere sulle leggi ad personam, sulla gestione disinvolta della cosa pubblica. L’insieme di cui sopra ha portato all’abbandono di tante piccole attività che basavano la loro sopravvivenza sull’impegno continuo e costante, sul sacrificio lasciando il posto al miraggio della grande distribuzione e dei centri commerciali sempre più mega iper o altro ancora, arrivando all’Italia in svendita degli outlet. Attività e società che nascono già morte. Questa malattia sociale ed economica si può debellare solo con la prevenzione. La prevenzione si chiama ricostruzione del tessuto sociale ed economico reale dal basso che risponde alle esigenze dei cittadini e non soliti pochi sfruttatori e dissipatori. In questo senso il centro commerciale di 30 mila mq di cui si parla a Pontinia sarà inutile e dannoso. Per avere un senso economico dovrà avere una quantità di flusso di clienti di decine di migliaia di clienti al giorno che significano decine di migliaia di veicoli sempre più ingombranti ed inquinanti. Se i clienti non ci saranno il centro commerciale chiuderà presto. Se i clienti arrivano significa disagio ed inquinamento per i cittadini, come per le strade che non sono in grado di ricevere questo traffico. Come ha dimostrato una scelta infelice e sbagliata della Prefettura di qualche anno fa. Nel tempo della crisi dei mutui, dell’aumento esponenziale di case che vanno all’asta perché la rata del mutuo è troppo gravosa, di acquisti a rate, di sempre maggiore precarietà del lavoro, dell’aumento degli incidenti sul lavoro proprio per questo tipo di scelte sbagliate, chi pensa vi sia ancora spazio per ulteriori mercati o è fuori dal tempo o è un illuso oppure lo spingono motivazioni ignote. Passando alla scelta commerciale è vero che si rivolge ad una clientela per la maggior parte diversa da quella dei negozi tradizionali, è vero anche che questi saranno sicuramente danneggiati dal grande centro commerciale. Ancora una volta ne faranno le spese l’indotto locale, la qualità delle merci, come dei servizi e dei rapporti umani. Si va ancora una volta, verso la desertificazione sociale. Al contrario altri Paesi stranieri (Francia ed Inghilterra per fare alcuni esempi) stanno tornando indietro alla vendita diretta, alla filiera corta. Questo significa prezzi più bassi, qualità migliore, controllo diretto del consumatore, minore inquinamento, maggiore forza contrattuale sia del produttore che del consumatore, maggiore solidità economica del sistema che non è soggetto alle follie di pochi, bensì della laboriosità e dell’impegno collettivo. Si tratta di attuare a Pontinia quanto ci ha insegnato il premio Nobel Muhammad Yunus che ha dato dignità e una speranza a milioni di poveri e con la sua Grameen Bank ha dato anche uno schiaffo alla Banca mondiale. Yunus, bengalese, noto come "il banchiere dei poveri", perché ha istituzionalizzato i piccoli prestiti che hanno consentito, come dice la motivazione, "di creare sviluppo economico e sociale dal basso". Il Nobel conferito a Muhammad Yunus fa seguito a quello per l'economia assegnato nel 1998 all'indiano Amartya Sen: Sen aveva enucleato i principi teorici che sono alla base del microcredito di Yunus. Speriamo che a Pontinia, anche questa volta, vi sia una visione aperta e illuminata della gestione del territorio in favore di opere e scelte che possano far crescere la comunità in modo armonico. Rimane però il problema di riutilizzare e recuperare, anche dal punto di vista ambientale, un’area e un sito frutto, come sempre, della bramosia di pochi di sfruttare risorse e persone a danno della collettività.
Giorgio Libralato
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