martedì 23 gennaio 2024

Il Fatto di domani. Autonomia differenziata, sì del Senato alla legge-pasticcio: perché non funziona. Giorgia attacca la stampa, ma in Italia i media si inchinano a politica e interessi

 tratto da https://www.ilfattoquotidiano.it/fq-newsletter/il-fatto-di-domani-del-23-gennaio-2024/

La giornata in cinque minuti

 Ascolta il podcast del Fatto di domani

AUTONOMIA DIFFERENZIATA, IL SENATO VOTA LA LEGGE PASTICCIO: COSA NON FUNZIONA. Mentre l’opposizione intona l’inno di Mameli in Aula, il Senato approva l’Autonomia con 110 sì e 64 voti contrari. Un tema tanto caro a Matteo Salvini che ne aveva fatto una bandiera in campagna elettorale e adesso festeggia il “passo verso l’Italia più moderna”. Meno caro il passo era per Giorgia Meloni. Alla fine, dopo un’impuntatura di Fratelli d’Italia sui Lep (i livelli essenziali di prestazione da garantire) il testo è approdato in Aula, raccogliendo critiche anche da sindacati, governatori e opposizioni. La giornata era iniziata con la stoccata dell’ex numero uno della Corte Costituzionale, Ugo De Siervo: “Una riforma parziale e impugnabile davanti alla Corte, in cui a perdere sono solo gli italiani”. “Questa riforma, così come è stata concepita, consentirà di fatto la nascita di 20 repubbliche autonome con regole e caratteristiche operative diverse. Torniamo allo stato preunitario fatto di Stati uno diverso dall’altro”, ha tuonato Michele Emiliano, presidente della Puglia. Un pasticcio spiegato bene da De Siervo: “Se dò più poteri a una Regione in materia di sanità, questa dovrebbe poter adottare una sua legge in quel settore. Ma se la adotta modifica tutta la legislazione nazionale, a meno di frantumare l’intero sistema regionale italiano”. Sul Fatto di domani metteremo in fila cosa prevede la legge e quali saranno le ricadute.


LO SCONTRO MELONI-REPUBBLICA E IL PROBLEMA DEI CONFLITTI D’INTERESSE NEI GIORNALI. Un’intervista televisiva per contestare un titolo di giornale. La premier Meloni, durante un’intervista di quasi un’ora al programma di Rete4 Quarta repubblica, ieri sera ha preso di petto il titolo del quotidiano Repubblica del giorno prima, che recitava “L’Italia è in vendita” e parlava del piano di privatizzazioni in cantiere al ministero dell’Economia di Giorgetti (ne abbiamo parlato anche noi sul Fatto). “Non prendo lezioni di italianità” – ha detto Meloni – Che questa accusa arrivi dal giornale di proprietà di quelli che hanno preso la Fiat e l’hanno ceduta ai francesi, che hanno trasferito all’estero sede fiscale e legale, hanno messo in vendita sui siti immobiliari i siti delle nostre storiche aziende italiane… anche no”. Queste parole hanno scatenato una prevedibile reazione nel giornale diretto da Maurizio Molinari. Addirittura Matteo Renzi è venuto in soccorso del giornale non proprio amico. Ma anche la Federazione nazionale della stampa ha detto la sua: “Delegittimare una testata giornalistica, che sia Repubblica o un’altra, collegando il lavoro dei giornalisti all’orientamento economico-politico del loro editore è fuorviante”. Al di là delle ragioni degli uni e degli altri in questo specifico caso, il problema dei cosiddetti “editori impuri” esiste. Ossia, del fatto che molti media, italiani e non solo, siano in mano a editori o gruppi industriali che usano giornali e tv per promuovere i loro interessi economici. Sul Fatto di domani ce ne occuperemo con un dossier.


L’ITALIA SI INFILA NEL MAR ROSSO: QUELLO CHE IL GOVERNO NON DICE SULLA MISSIONE NAVALE EUROPEA CONTRO GLI HOUTHI. Sembra definito, ormai, il quadro della missione europea nel Mar Rosso, di cui farà parte l’Italia. Si chiamerà Aspis e sarà soltanto difensiva, come prevede del resto la nostra Costituzione, distinta quindi dalla Prosperity Guardian americana che invece, l’ultima volta ieri, ha bombardato direttamente postazioni della milizia Houthi in territorio yemenita. Questo ha spiegato alla stampa il ministro degli Esteri Antonio Tajani. Eppure, ci sono alcune cose che non quadrano. I costi, innanzitutto, come abbiamo raccontato sul Fatto di oggi, perché la spesa militare inevitabilmente lieviterà per la missione. E come vedremo sul Fatto di domani c’è anche un problema di dotazioni belliche e regole di ingaggio. Il ministro della Difesa Guido Crosetto ha detto che riferirà in Parlamento il 1 febbraio. Il governo ritiene di non dover passare da un voto in aula, ma le opposizioni sono all’attacco e lo accusano di imbarcarsi in uno scenario di guerra. La premier Meloni oggi ha parlato dell’argomento con il presidente del Consiglio europeo Charles Michel. Oggi il commissario europeo Valdis Dombrovskis ha quantificato il problema: tra il 25 e il 30% dei container mondiali passano attraverso il Mar Rosso e in questo mese il traffico è diminuito del 22%, ha detto. “Al momento – ha aggiunto – non ci sono impatti visibili su prezzi energetici, o su prezzi de beni, ma vediamo già degli effetti sul prezzo dei trasporti: maggiori impatti dipendono dalla durata della crisi”.


MEDIO ORIENTE, ISRAELE PROPONE DUE MESI DI TREGUA IN CAMBIO DEGLI OSTAGGI, HAMAS RIFIUTA. Hamas ha respinto la proposta israeliana di un cessate il fuoco fino a due mesi, in cambio del rilascio di tutti gli ostaggi. I fondamentalisti hanno fatto sapere che lo Stato Ebraico deve concludere la sua offensiva e andare via dalla Striscia, altrimenti gli ostaggi rimarranno tali. L’Associated Press ha raccolto la testimonianza di un ufficiale egiziano – Il Cairo ha fatto da mediatore – che ha confermato il rifiuto dei fondamentalisti; nei loro tunnel sono ancora prigioniere più di 100 persone. Altrettante erano state liberate nell’unica tregua che Israele e Hamas avevano concordato a novembre, in cambio del triplo di palestinesi detenuti nelle carceri di Tel Aviv. A proposito degli ostaggi, drammatica la testimonianza – raccontata dal quotidiano Haaretz – di Aviva Siegel, una donna che era stata rapita il 7 ottobre, giorno del massacro firmato dai fondamentalisti, e poi rilasciata a novembre scorso. “Uomini e donne subiscono violenze. I terroristi hanno trasformato le ragazze nelle loro bambole, con cui possono fare quello che vogliono”. La battaglia prosegue: l’esercito israeliano ha circondato completamente Kahn Younis, la principale città del sud della Striscia, invitando la popolazione a spostarsi ancora più giù, verso il valico di Rafah: 21 soldati sono morti nel crollo di un edificio, dopo che un attacco dei miliziani con razzi anticarro. Le perdite salgono a 219, fonti palestinesi indicano dal canto loro più di 24.000 vittime. Sul Fatto di domani leggerete un approfondimento sullo stato del conflitto con pareri di analisti e militari.


LE ALTRE NOTIZIE CHE TROVERETE

Pozzolo positivo al test per la polvere da sparo. Tracce di polvere da sparo da innesco sulle mani e sui vestiti. Il deputato di FdI (sospeso) è risultato positivo all’esame stub. Finora aveva sempre negato di aver sparato e si è avvalso della facoltà di non rispondere ai magistrati. I suoi legali fanno sapere che la positività indica che era vicino allo sparo, non per forza che sia stato lui a sparare.

Tav, la Francia tentenna ancora. A pochi giorni dalla scadenza dei termini europei, Stato ed enti locali francesi non hanno ancora chiuso il finanziamento degli studi sul tracciato francese della linea ferroviaria Torino-Lione. Mancano all’appello 40 milioni di euro, che lo Stato è disponibile ad accollarsi solo per metà. Il resto dovrebbero trovarlo gli enti locali. Senza la tratta francese la linea è (ancora più) inutile.

Io Capitano in cinquina degli Oscar. Il film di Matteo Garrone è riuscito a entrare nella cinquina dei candidati per miglior film straniero del premio più importante del cinema mondiale.


OGGI LA NEWSLETTER FATTO FOR FUTURE

Clima, l’affare della finanza: dietro il greenwashing un fiume di miliardi per gas e petrolio

di Elisabetta Ambrosi

Alzi la mano chi riesce a trovare una banca o un gestore finanziario che non dichiari in ogni suo sito web, documento o informativa al pubblico la propria sostenibilità. Eppure, nonostante il sistema finanziario abbia conosciuto un proliferare di iniziative per il clima e di impegni per le zero emissioni, ogni anno quel sistema continua a sostenere con centinaia di miliardi di dollari l’industria dei combustibili fossili – ben 5.500 negli ultimi sette anni provenienti da 60 gruppi bancari del pianeta – mentre le emissioni non scendono.

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