venerdì 27 luglio 2018

Olio di palma, la foresta non è un discount

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L’olio di palma viene consumato quotidianamente da miliardi di persone in tutto il mondo. Oltre che nel serbatoio delle automobili alimentate a biodiesel, lo troviamo in buona parte dei prodotti che acquistiamo al supermercato: dai detergenti agli shampoo, dai prodotti per la rasatura al make up, e soprattutto in una vasta gamma di alimenti. Ma l’impatto dell’olio di palma sulla biodiversità è disastroso.
L’Indonesia, il principale produttore mondiale di questa risorsa, ha pe...
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ILFATTOQUOTIDIANO.IT|DI GREENPEACE ITALIA
L’olio di palma viene consumato quotidianamente da miliardi di persone in tutto il mondo. Oltre che nel serbatoio delle automobili alimentate a biodiesel, lo troviamo in buona parte dei prodotti che acquistiamo al supermercato: dai detergenti agli shampoo, dai prodotti per la rasatura al make up, ...
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L’olio di palma viene consumato quotidianamente da miliardi di persone in tutto il mondo. Oltre che nel serbatoio delle automobili alimentate a biodiesel, lo troviamo in buona parte dei prodotti che acquistiamo al supermercato: dai detergenti agli shampoo, dai prodotti per la rasatura al make up, e soprattutto in una vasta gamma di alimenti. Ma l’impatto dell’olio di palma sulla biodiversità è disastroso.
L’Indonesia, il principale produttore mondiale di questa risorsa, ha perso milioni di ettari di foreste a causa dell’espansione indiscriminata delle piantagioni: tra il 2012 e il 2015 le foreste in questo Paese sono scomparse al ritmo di un campo da calcio ogni 25 secondi.
La sopravvivenza degli oranghi, animali simbolo dell’Indonesia che trascorrono il 95 percento delle loro vite tra gli alberi, è seriamente minacciata dalla deforestazione. Un tempo queste straordinarie creature prosperavano nelle lussureggianti foreste pluviali, ma negli ultimi 50 anni hanno perso gran parte del loro habitat. Le tre specie note di orango – orango del Borneo, orango di Sumatra e l’ultima specie, orango Tapanuli, scoperta solo l’anno scorso – sono in via d’estinzione. Ma non sono solo gli oranghi a essere minacciati. Più del 69 percento dell’habitat degli elefanti di Sumatra è stato distrutto e sono meno di 100 i rinoceronti di Sumatra allo stato selvatico. Senza dimenticare che le piantagioni di palma da olio sorgono su terreni che le aziende sottraggono – a volte con violenza – alle popolazioni locali. Chi lavora queste terre è poi vittima di sfruttamento ed esposto a pericolosi pesticidi.

Dopo aver distrutto indiscriminatamente per anni le foreste presenti sulle isole di Sumatra e Kalimantan, ora le palme da olio stanno arrivando anche nell’ultima isola incontaminata dell’arcipelago indonesiano: la Papua. Ed è proprio su quest’isola che è stata di recente distrutta un’area di foresta grande il doppio della città di Parigi. Stando al rapporto di Greenpeace “Rogue Trader”, l’azienda responsabile di questa distruzione è Gama Plantation, strettamente legata a Wilmar International, la più grande società produttrice di olio di palma da cui si riforniscono multinazionali quali Nestlé, Procter&Gamble e Unilever. Creata nel 2011 dal co-fondatore di Wilmar, Martua Sitorus, Gama Plantation è infatti gestita da dirigenti di Wilmar e da membri della famiglia di Sitorus.
Nel 2013, Wilmar si è impegnata a ripulire la propria filiera di approvvigionamento dalla deforestazione e dalle violazioni dei diritti umani ma, invece di rispettare questo impegno, il colosso dell’agribusiness ha preferito vendere le piantagioni più controverse a Gama, dalla quale continuava a rifornirsi.

Tra il 2010 e il 2015 numerose multinazionali – come Nestlé, Unilever, Mars, Ferrero e Pepsico – si sono impegnate a non rifornirsi più, entro il 2020, da aziende che producono olio di palma a discapito delle foreste e dei diritti umani. Sebbene alcune aziende come Ferrero e Danone abbiano compiuto buoni passi in avanti, a meno di due anni dalla scadenza accordata nessuna grande compagnia può affermare di aver completamente ripulito la propria filiera.
È urgente che i produttori di olio di e le multinazionali che lo acquistano si assumano le proprie responsabilità ed agiscano concretamente, entro il 2020, per eliminare dal mercato l’olio di palma che distrugge le foreste e viola i diritti umani. Le multinazionali sono quindi chiamate e rendere pubblico un piano, con relative scadenze, che descriva come raggiungeranno questo obiettivo.

Nello specifico, entro il 2020 i grandi marchi dovranno rendere pubblici gli elenchi completi dei mulini e dei produttori dai quali si riforniscono, e dovranno fare in modo che i produttori rendano di pubblico dominio le mappe delle concessioni in cui coltivano la palma da olio. Le multinazionali dovranno poi escludere dalla propria filiera qualsiasi produttore che si rifiuti di collaborare. Infine, compagnie e produttori dovranno permettere una valutazione esterna ed indipendente del loro operato.
Proprio per chiedere alle grandi aziende di non acquistare più olio di palma prodotto distruggendo le foreste e violando i diritti umani, Greenpeace ha lanciato in queste ore una petizione. Perché la foresta non è un discount.

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