sabato 2 giugno 2018

Governo Conte, il potere è ancora maschio. Per le donne pochi ministeri e un ruolo ancillare

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L’Italia non è un Paese per donne. Non ancora. Ieri è stato varato il governo Legastellato con a bordo tredici ministri e solo cinque ministre, di cui quattro senza portafoglio: Giulia Grillo, Elisabetta Trenta, Erika Stefani, Giulia Bongiorno e Barbara Lezzi. Di questi cinque, l’unico ministero chiave è quello della Difesa, affidato ad Elisabetta Trenta del Movimento 5 Stelle. La composizione del governo rende evidente che la nomina delle ministre è stata fatta per dare un c...
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Attivista presso il Centro antiviolenza Demetra
L’Italia non è un Paese per donne. Non ancora. Ieri è stato varato il governo Legastellato con a bordo tredici ministri e solo cinque ministre, di cui quattro senza portafoglioGiulia Grillo, Elisabetta Trenta, Erika Stefani, Giulia Bongiorno e Barbara Lezzi. Di questi cinque, l’unico ministero chiave è quello della Difesa, affidato ad Elisabetta Trenta del Movimento 5 Stelle. La composizione del governo rende evidente che la nomina delle ministre è stata fatta per dare un contentino all’elettorato femminile appioppando qualche dicastero di scarsa rilevanza (a parte quello della Difesa) anche alle donne e che il triumvirato Conte-Di Maio-Salvini mantiene il potere ben saldo nelle mani maschili. E’ agli uomini che vanno i ruoli chiave per la politica del Paese.
Che aria tirava per le donne (e non solo), lo si era capito leggendo il “contratto” tra Lega e Movimento 5 Stelle.

Non posso quindi dare torto ad Eretica quando scrive: “Ce ne frega poco del fatto che ci siano cinque donne. Essere donne non migliora alcunché. Se poi si tratta di donne che legittimano un governo in cui il ministro per la Famigghia (etero-catto-filofascista) è conosciuto per le affermazioni contro unioni civili e famiglie omogenitoriali e per la sua fanatica ideologia antiabortista direi che non  possiamo certo considerarle un gran punto di riferimento”. Ma non posso nemmeno darle pienamente ragione perché la minoranza delle donne, nel governo o nel Parlamento (ancora oggi siamo lontani dal 50 e 50), è anche il sintomo del mantenimento di disparità di potere e di opportunità. Nella storia della Repubblica la differenza di numeri nel governo e nel Parlamento è anche la storia di una asimmetria che attraversa generazioni di uomini e donne.
Sul blog Openpolis si può leggere una breve storia della presenza femminile nel governo della Repubblica. Il cammino è stato lento, ci sono voluti trent’anni dalla nascita della Repubblica per avere, nel 1976, la prima ministra (Tina Anselmi, Lavoro e Previdenza Sociale) altri venti per avere una ministra agli Interni (Rosa Russo Iervolino) e chissà quanti ancora per avere una presidente del Consiglio o una presidente della Repubblica. Progressi e retrocessioni e qualche contentino (in questo Parlamento Maria Elisabetta Alberti Casellati è la prima donna alla Presidenza del Senato) in mancanza di una trasformazione culturale profonda che esprima una democrazia fondata sulla partecipazione paritaria tra i generi.

Gli uomini si dividono ancora il potere solo con altri uomini e le donne le vogliono fuori dai piedi o tuttalpiù nel ruolo ancillare. Questo non avviene solo in Italia ma il nostro Paese si piazza tra i peggiori quanto a conservatorismo e a discriminazioni sessiste senza pudore. Quello che rende possibile varare governi dove le donne sono in netta minoranza, rende anche possibile stabilire obiettivi politici che indeboliscono i diritti delle donne. Dovremo probabilmente prepararci ad un impegno notevole perché i segnali sono pessimi e ricordare, come scriveva Dacia Maraini giorni fa, che diritti possono essere sequestrati, cancellati e censurati. Il governo giallo-verde sferrerà attacchi duri alle donne, agli immigrati e ai diritti Lgbt? Ahinoi, i segnali ci sono tutti. Se e come ci riusciranno dipende dalla forza con la quale ci si saprà opporre.
Non dobbiamo dimenticare però che un ministero per le Pari Opportunità manca dai tempi del governo Letta, che se oggi abbiamo un antiabortista (Lorenzo Fontana) al ministero della Famiglia con l’obiettivo di riempire le culle, ieri ce l’avevamo al Ministero della Salute (Beatrice Lorenzin) che organizzava i Fertility Day e stilava rapporti ottimisti sulla applicazione della 194, negando il problema dell’obiezione di coscienza e il ritorno degli aborti clandestini. Ed è stato sempre il ministero della Salute del precedente governo a non inserire la pillola del giorno dopo tra i farmaci d’emergenza indispensabili da tenere in farmacia. Lo ha dichiarato Emilio Arisi, presidente della Società Medica Italiana per la Contraccezione (SMIC), in merito all’aggiornamento della Farmacopea Ufficiale. La solita strategia del cavallo di Troia per boicottare i diritti delle donne, mettere a rischio la loro salute, allargando sempre di più il tiro perché con questa mossa si arriva a voler difendere la possibilità che una donna resti incinta.

Anche la mancanza di interventi politici che arginassero il precariato negli anni passati ha penalizzato maggiormente le donne, più povere e costrette a scegliere tra maternità e lavoro. Secondo il Global Gender Gap Report del 2017, il 61,5% delle donne che lavorano in Italia non viene retribuita per niente o non adeguatamente, contro il22,9% degli uomini e complessivamente l’Italia si è piazzata all’82° posto nella classifica, dietro alla Grecia, perdendo dal 2015 ben 32 posizioni.
Questo non è un Paese per le donne da un bel po’ di anni e il governo Legastellato si appresta a far crescere e rafforzare la malapiantaseminata e annaffiata dai governi che lo hanno preceduto negli ultimi vent’anni.
@nadiesdaa 

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