martedì 1 maggio 2018

discarica di Borgo Montello 7.3.1 I primi studi, l’attività degli enti pubblici, la perizia nel processo per avvelenamento di acque

Doc. XXIII
                                                                                                            N. 32

COMMISSIONE PARLAMENTARE DI INCHIESTA SULLE ATTIVITÀ ILLECITE CONNESSE AL CICLO DEI RIFIUTI
 E SU ILLECITI AMBIENTALI AD ESSE CORRELATI

 Relazione sul ciclo dei rifiuti di Roma Capitale e fenomeni illeciti nel territorio del Lazio
(Relatrici: Sen. Paola Nugnes, Sen. Laura Puppato)

 Approvata dalla Commissione nella seduta del 20 dicembre 2017

_______________

Comunicata alle Presidenze il 20 dicembre 2017
ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della legge 7 gennaio 2014, n. 1


7.3.1 I primi studi, l’attività degli enti pubblici, la perizia nel processo per avvelenamento di acque (pag. 417 -424)

All'inizio degli anni '90 il comune di Latina affidò all'Enea uno studio finalizzato alla "Individuazione dei siti idonei ad ospitare gli impianti di smaltimento dei rifiuti". Lo stesso comune di Latina nel 1995 aveva chiesto un secondo studio al gruppo di lavoro Enea, Unichim, Centro comune di ricerca (CCR) di Ispra, per la caratterizzazione e bonifica del sito di Borgo Montello, già in uso fin dai primi anni '70. Si tratta del primo monitoraggio di un certo rilievo effettuato sull'area. L'intervento era finalizzato alla bonifica dei siti S1, S2 e S3.
Gli studi rientravano in un piano generale di analisi dello stato della discarica di Borgo Montello. Con deliberazione della giunta municipale n. 24889 del 24 dicembre 1994, il comune di Latina aveva aderito alla iniziativa dell'Enea, dell'Unichim e dei Centro comune di ricerca, per uno studio comparativo su alcuni siti contaminati italiani.
Lo studio - che si è concluso nel 1998 - si è scontrato con alcune difficoltà oggettive per la ricostruzione storica degli abbancamenti dei rifiuti all'interno dei tre siti. Si legge nel report del giugno 1998: "L'ultima società (Ecomont) che ha gestito in ordine di tempo le discariche S1 S2 e S3 ha dichiarato fallimento e quindi non è stato possibile rintracciare la documentazione necessaria per ricostruire con esattezza la memoria storica relativa alla gestione delle discarica". Lo studio parte, poi, dall'assunto che "è ragionevole presumere che la natura dei rifiuti stoccati sia quella tipica degli RSU e di quelli ad essi assimilati".
Nello stesso documento si legge: "Non risulta che negli anni di coltivazione delle discariche ora dismesse siano stati fatti esposti o denunce in grado di evidenziare lo smaltimento di sostanze pericolose all'interno dell'area, in settori non autorizzati a ricevere tale tipologia di rifiuti".
In realtà, come abbiamo visto, nel 1996 vi erano state le dichiarazioni di Carmine Schiavone. Non solo. Nella prima metà degli anni ‘90 era stato indagato e poi condannato Adriano Musso[1] per lo sversamento non autorizzato di rifiuti anche pericolosi, all'interno della discarica di Borgo Montello. Anche se i fatti si riferivano - come vedremo – al sito B2, sarebbe stato perlomeno opportuno prendere in considerazione l'ipotesi di possibili sversamenti di rifiuti pericolosi in altre aree della discarica.
In ogni caso lo studio si pone come obiettivo "l'accertamento della presenza di rifiuti pericolosi di origine industriale, attraverso indagini geofisiche e analisi di matrici ambientali".
Le analisi effettuate - come si legge nello studio - si basano, però, sull'assunto: "pur non essendo nota la composizione del materiale depositato nella discarica, si presume comunque che possa essere prevalentemente costituito da RSU".
Durante lo studio l'attenzione si concentrò sul sito S0, attivo tra il 1971 e il 1986, sotto la responsabilità del comune di Latina (anche se la gestione operativa era demandata ai proprietari dell'area Proietto e Chini). Attraverso un rilievo geomagnetico vennero individuate tre anomalie poste a poca distanza dal fiume Astura, corrispondenti a masse metalliche. Solo negli 2000 verranno effettuati degli scavi per studiare l'origine delle anomalie.
Un secondo studio sullo stato dei siti S1, S2 ed S3 è del 1998. Si tratta del "Progetto per la bonifica degli invasi S1, S2 e S3 in località Borgo Montello", committente la società Ecoambiente, partecipata dal comune di Latina e dal gruppo riconducibile a Manlio Cerroni. Lo studio, firmato dal professor Gian Mario Baruchello, era finalizzato alla proposta di bonifica dell'area per la successiva utilizzazione degli invasi come impianto di discarica per rifiuti solidi urbani. A pagina 45 del documento (inserito nella documentazione consegnata alla commissione dal consulente tecnico delle famiglie di Borgo Montello, parte civile nel processo in corso a Latina contro il management di Ecoambiente per avvelenamento delle acque) si legge: "Prendendo atto di quanto affermato nello studio ENEA in merito alla tipologia dei rifiuti abbancati, in relazione alla data di entrata in funzione degli invasi, successiva all'emanazione del DPR 915/82, si può ipotizzare con una certa sicurezza che ci si trovi in presenza di rifiuti urbani o a questi assimilati, nonché di rifiuti smaltibili in discarica di 1.ma categoria come i fanghi prodotti da impianti di depurazione di liquami civili".
Gli studi effettuati, dunque, sulle aree gestite fino alla metà degli anni '90 (prima dal comune di Latina, poi dalla Pro.Chi e quindi dalla fallita Ecomont) non hanno approfondito l'eventuale esistenza di rifiuti pericolosi di origine industriale nelle aree S1, S2 e S3. Per quanto riguarda gli invasi già all'epoca gestiti dalla società Ind.Eco. (S4) e l'area utilizzata all'inizio degli anni '90 per lo stoccaggio di "rifiuti speciali" (B2, gestita dalla società Ecotecna) non risultano agli atti studi di caratterizzazione. La stessa società Indeco - audita dalla commissione - non ha depositato documentazione in tal senso.
L'attività di monitoraggio della falda acquifera svolta da ARPA Lazio e da ISPRA negli anni 2000 non sembra, anche in questo caso, aver approfondito l'eventuale presenza di rifiuti speciali pericolosi, concentrando l'attenzione sulla contaminazione derivante dalla gestione dei soli rifiuti solidi urbani. Nella relazione conclusiva dell'ottobre 2014, acquisita dalla commissione[2], pur dichiarando nelle premesse che l'attività avrebbe preso in considerazione "le fonti della contaminazione", nella parte di ricostruzione storica non compie una puntuale analisi degli atti autorizzativi (e, di conseguenza, delle diverse tipologie di rifiuto conferiti) nel corso della lunga e complessa storia della discarica. Vi è solo un veloce cenno rispetto alla gestione passata di "rifiuti speciali" per il sito "2B", posto all'interno dell'area gestita attualmente dalla società Ind.Eco.
Va evidenziato che - per quanto acquisito dalla Commissione - l'agenzia regionale per l'ambiente ARPA Lazio non ha mai documentato una contaminazione significativa derivante da rifiuti di origine industriale. Il responsabile rifiuti e bonifiche dell' ARPA sezione di Latina, Dino Chiarucci, sentito a sommarie informazioni dalla Squadra mobile di Latina l'11 novembre 2013[3], aveva dichiarato:
"Il meccanismo dell'inquinamento è derivante da rifiuti solidi perché parto dall'assunto che questa discarica è stata adibita a rifiuti solidi urbani.
Domanda: Piombo, Cadmio, Cromo e Nichel sono fattori diretti d'inquinamento?
Sì.
Domanda: Da cosa possono derivare?
Dai rifiuti depositati ma non sono in grado di riferire la tipologia di rifiuto da cui possa derivare
Domanda: L' ARPA prima di iniziare il monitoraggio ha acquisito il regime delle autorizzazioni per l'esercizio della discarica da parte delle società che vi operano?
No. Non c'è stata mai un'indagine sul tipo di rifiuti che vi hanno portato"
Sentito dal pubblico ministero titolare delle indagini Giuseppe Miliano il 14 novembre 2013[4], Chiarucci ha aggiunto alcuni elementi in relazione al sito B2 (area delle discarica destinata in passato a ricevere rifiuti speciali industriali, vedi oltre)
Domanda: Cosa era il sito B2?
Era la ex Ecotecna; all'epoca pensarono di fare un sito apposito per i rifiuti speciali tenuti distinti dai solidi urbani, ricordo, per sentito dire, che fecero questo sito con accorgimenti specifici per contenere tali rifiuti speciali. Tale sito venne utilizzato soltanto in parte e poi fu dismesso. Successivamente la società Indeco chiese di poterla utilizzare con rifiuti solidi urbani previa separazione dei rifiuti speciali; separazione avvenuta dapprima effettuando un controllo sulla tipologia di rifiuti speciali attraverso un'indagine con delle trivellazioni per escludere la presenza di rifiuti tossici pericolosi. Tale operazione durò circa una mesata alla fine degli anni '90".
In sede di audizione innanzi alla Commissione, nella seduta del 13 ottobre 2016, lo stesso Chiarucci ha fornito pochi elementi aggiuntivi sul tema:
“dall'altra parte è nata la Indeco, ha rilevato anche la ex B2, che era un altro invaso costruito nel frattempo secondo i criteri della direttiva sui rifiuti, dove erano stati abbancati inizialmente anche rifiuti speciali derivanti da attività produttiva”.
Secondo il tecnico ARPA, responsabile della sezione di Latina, l’eventuale inquinamento da sostanze industriali sarebbe confinato nella zona chiamata S0, bacino attivo nei primi anni ‘80, e in parte negli invasi S1, S2, S3:
“La situazione di Borgo Montello è effettivamente complessa. Come accennato dal direttore, la problematica nasce proprio con la discarica, nel senso che il primo bacino di abbancamento, il famoso S0, che è fonte di parecchie vicende interne alla discarica, nasce negli anni ’70 proprio sulle sponde dell'Astura, sull'area golenale che era stata presa come sversatoio perché c'era una parete naturale, quindi è stato sversato questo rifiuto per anni.
S0 è stato coltivato fino al 1984, l'ha seguito il comune nell'ultima parte, fino agli anni ’90 si potevano tranquillamente portare rifiuti di tipo industriale e rifiuti urbani mescolati fra loro soprattutto nelle discariche S1, S2, S3, i famosi bacini che poi sono un tutt'uno”.
Anche il settore rifiuti della regione Lazio sembra non disporre di conoscenze dirette rispetto alla presenza di rifiuti industriali, anche pericolosi, nell'area della discarica. La dirigente Flaminia Tosini (responsabile del settore rifiuti e, al momento dell'audizione, con l'incarico ad interim di responsabile bonifiche) nel corso dell'audizione dell'11 luglio 2016 ha dichiarato di non avere conoscenza dell'interramento di rifiuti industriali.
Sia l’ARPA che la regione Lazio, dunque, dichiarano di non possedere elementi certi di ricostruzione storica rispetto all'utilizzo del sito di Borgo Montello per lo stoccaggio di rifiuti industriali, anche pericolosi, al di là delle indagini sul sito S0. Tale assenza di informazioni appare grave: se è giustificabile sul versante dei presunti sversamenti illeciti (affrontati in questa relazione nel dettaglio), meno comprensibile è la mancata analisi della documentazione autorizzativa della stessa regione Lazio. Tra il 1990 e il 1993 fu infatti la stessa regione ad autorizzare - con un provvedimento decisamente atipico, come vedremo - lo stoccaggio di rifiuti speciali anche pericolosi all'interno di un invaso del sito di Borgo Montello. Quell'atto, tra l'altro, diede origine ad un lungo contenzioso amministrativo e a un processo penale connotato, come si è detto, da una condanna in primo grado dell'allora responsabile della gestione Adriano Musso.
Il lavoro di monitoraggio della falda acquifera svolto dall’ARPA Lazio (che è alla base del progetto di bonifica oggi in attesa di VIA da parte della regione Lazio) è iniziato nel 2005.
Nell'ottobre 2014 l'ISPRA ha completato la relazione conclusiva per la definizione del modello idrogeologico dell'area adibita a discarica in località Borgo Montello. Il rapporto[5] è una valutazione complessiva dei risultati del secondo triennio (2009-2013) di monitoraggio idrochimico delle falde dell'area.
Le conclusioni hanno, in sintesi, evidenziato:
a) per la sostanza 1,2 dicloropropano è stata rilevata una concentrazione superiore alle CSC in 28 campioni, pari al 18,7 per cento del totale, all'interno  dell'area della discarica;
b) per la sostanza 1,4 diclorobenzene  è stata rilevata una concentrazione superiore alle CSC in 27 campioni, pari al 18 per cento del totale, all'interno dell'area della discarica;
Per quanto riguarda questi due indicatori la maggior presenza è stata rilevata attorno all'opera di isolamento idraulico (polder), realizzato all'inizio degli anni 2000 nell'area gestita dalla società Ecoambiente (siti S1 S2 e S3).c) per la sostanza ferro è stata rilevata una concentrazione superiore alle CSC in 77 campioni, pari al 33 per cento del totale, con una presenza prevalente all'interno dell'area della discarica; le massime concentrazioni sono state rilevate in prossimità del citato polder;
d) per la sostanza manganese è stata rilevata una concentrazione superiore alle CSC nel 60 per cento dei campioni;
e) per la sostanza arsenico è stata rilevata una concentrazione superiore alle CSC nel 30 per cento dei campioni;
f) per la sostanza piombo è stata rilevata una concentrazione superiore alle CSC nel 14 per cento dei campioni (presenza giudicata sporadica dall' ISPRA);
g)  per la sostanza solfati è stata rilevata una concentrazione superiore alle CSC nel 3,9 per cento dei campioni della rete interna e nel 3 per cento della rete esterna all'area della discarica. Sono stati infine rilevati superamenti occasionali di altre sostanze: idrocarburi totali (1), cloroformio (3), cloruro di vinile (2); in concentrazioni inferiori alle CSC: benzene, toluene, p-xilene, 1,1 dicloroetano, 1,2 dicloroetilene, tricloroetilene e tetracloroetilene.
L' ISPRA così conclude lo  studio: “In considerazione del fatto che sono stati riscontrati superamenti delle CSC ai punti di conformità, si ritiene che ai sensi della normativa vigente (Parte Quarta, Titolo V, del decreto legislativo n. 152 del 2006 e ss.mm.ii.) corra l'obbligo alle ditte di intervenire con misure di messa  in sicurezza e/o bonifica delle acque sotterranee”. Viene inoltre ritenuto indispensabile il proseguimento del monitoraggio da parte di ARPA Lazio, con prelievi almeno semestrali.
Nella documentazione presentata da ARPA Lazio alla Commissione non c’è tuttavia traccia di ulteriori monitoraggi specifici delle falde.
Nell'ambito del già citato procedimento penale pendente davanti al tribunale di Latina per avvelenamento delle acque, relativo alla gestione di parte della discarica di Borgo Montello, in fase di udienza preliminare il perito Tomaso Munari ha ricostruito lo stato ambientale dell'area, realizzando nuovi prelievi.
Nella relazione finale depositata al giudice dell’udienza preliminare[6], sono evidenziate alcune criticità dello studio realizzato da ARPA Lazio e ISPRA, che porterebbero a considerare come sottostimati i livelli di inquinamento – già di per se rilevanti – riportati. Si legge nello studio di Munari: “la ricostruzione della geologia del sottosuolo, certamente assai complessa sia per cause naturali che per le alterazioni indotte dalle attività umane - sia in tempi precedenti alla realizzazione delle discariche sia conseguenti all'attuale uso del sito -  non fornisce elementi sicuri di valutazione circa la congruità delle ‘opere di bonifica’ e altrettanto inconclusive e/o insufficientemente informative, risultano le indagini chimiche ed idrologiche condotte negli anni. Si rammenta che dette indagini sono state realizzate da molteplici soggetti, tra cui ARPA Lazio che ha, tra l'altro, elaborato un modello per descrivere la circolazione delle acque di falda  nel sottosuolo della discarica ma, a causa della complessa geologia e dei limiti conoscitivi sulla reale natura del sito e delle opere realizzate, il modello non può essere considerato pienamente soddisfacente”.
Lo studio del perito individua la criticità nella modalità utilizzata per la realizzazione dei pozzi piezometri di controllo:
“Esiste infatti un ostacolo rilevante al fine di permettere, allo scrivente, di considerare le campagne di monitoraggio analitico, svolte indifferentemente dai diversi soggetti sulle acque del sito, idonee a rappresentare l'effettivo grado di contaminazione dello stesso. Detto ostacolo è costituito dal fatto che l'assoluta maggioranza dei piezometri destinati al controllo delle acque, ma anche buona parte di quelli destinati al controllo della tenuta della parete impermeabile, sono stati spinti finanche alla profondità di circa 40 m rispetto al piano di campagna (che lo scrivente ricorda essere, con l'esclusione dei rilievi costituiti dalle discariche, tra i 12 e 30 m s.l.m.), ma che la finestratura (ovvero il tratto forato e permeabile alle acque sotterranee) ha generalmente interessato solo la parte più profonda del piezometro, spesso i 20 m più profondi dei piezometri/pozzi spia. Questa inusuale scelta realizzativa, oltre ad essere difforme alle norme di buona tecnica appare in contrasto con le modalità costruttive riportate nel "[Piano di] Monitoraggio idrogeologico finalizzato al collaudo ambientale delle opere di messa in sicurezza realizzate e alle valutazione dell'impatto dell'opera sul sito in esame" redatto da ARPA Lazio il 22/1/2004 nelle more delle prescrizioni per la concessione di ulteriori volumetrie. Detto piano prevedeva sia per i piezometri esistenti che per i piezometri nuovi (punti 3 e punto 4 rispettivamente) che gli stessi dovessero presentare una finestratura lungo tutta la zona satura (ove è presente costantemente acqua sotterranea) e nella zona insatura interessata dalle fluttuazioni della falda. Il mancato rispetto della buona prassi, e dell'esplicita prescrizione, non appare essere stata rilevata da ISPRA e dalla stessa ARPA Lazio neppure nelle relazioni annuali di monitoraggio nelle quali, pur tabulando dati di finestratura dei pozzi chiaramente inidonei al monitoraggio, non hanno ritenuto - inspiegabilmente - la questione di alcun interesse. Questo fatto è ancor più sorprendente posto che ben 6 tecnici qualificati (chimici, ingegneri e geologi) di ISPRA e ARPA Lazio hanno sottoscritto le suddette relazioni. La criticità della circostanza risiede nel fatto che la contaminazione del sito dipende da sorgenti localizzate in prossimità della superficie, mentre i piezometri  così realizzati possono fornire informazioni al più rappresentative della qualità della porzione più profonda (e quindi meno interessata dalla contaminazione) delle acque sotterranee”[7].
Nel contesto di queste valutazioni vanno peraltro distinte le posizioni di ARPA Lazio, soggetto istituzionalmente incaricato dei controlli e monitoraggi, e di ISPRA, soggetto intervenuto come referente tecnico-scientifico a esaminare dati e risultati.
In una nota acquisita dalla Commissione[8], ISPRA chiarisce il ruolo svolto, nei seguenti termini:
Le attività sono state svolte da ISPRA nell'ambito di una convenzione triennale stipulata nel novembre 2011 con ARPA Lazio, volta alla collaborazione tecnico-scientifica per la definizione del modello idrogeclogico e concettuale dell'area adibita a discariche in località Borgo Montello, nel comune di Latina, e del tratto del fiume Astura ad essa prospiciente. Le attività previste nella convenzione hanno riguardato l'analisi dei monitoraggi sulle acque di falda condotte da ARPA Lazio e l'aggiornamento del modello idrogeologico.
Per quanto riguarda i monitoraggi sulle acque di falda sono stati predisposti tre rapporti: il primo consistito nella elaborazione preliminare dei dati raccolti nel periodo marzo 2009-settembre 2011; il secondo ha riguardato il monitoraggio integrato con i dati relativi al periodo dicembre 2011 - settembre 2012; il terzo relativo al monitoraggio svolto nel periodo dicembre 2012 - aprile 2013.
Per quanto riguarda invece il modello concettuale definitivo, esso è stato aggiornato nel rapporto conclusivo che illustra le descrizioni delle caratteristiche stratigrafiche e idrogeologiche del sito, con particolare riferimento alle litologie presenti e alla loro permeabilità nonché all'identificazione delle falde, delle loro caratteristiche, delle eventuali relazioni reciproche e quelle con il fiume Astura, l'individuazione delle sostanze contaminanti presenti nelle diverse componenti ambientali influenzate dal sito: terreni, acque superficiali e sotterranee, tossicità e caratteristiche chimico-fìsiche delle sostanze presenti […] obiettivo dell'attività svolta dall'lSPRA era la definizione del modello idrogeologico dell'area oggetto della convenzione. A tal fine ISPRA ha utilizzato oltre ai dati forniti dalle ditte Ind.Eco. ed Ecoambiente, quelli prodotti da ARPA Lazio nell'ambito delle attività di monitoraggio delle acque di falda nella rete piezometrica insistente nelle aree oggetto di studio. Tali attività si inserivano in un progetto di monitoraggio più articolato descritto nel documento "Monitoraggio idrogeologico finalizzato al collaudo ambientale delle opere di messa in sicurezza realizzate e alla valutazione dell'impatto dell'opera sul sito in esame" predisposto da ARPA Lazio Sezione provinciale di Latina, approvato da comune, provincia, regione e dalle società che gestiscono i siti di discarica (2005).
ISPRA non ha quindi partecipato alla definizione e all'approvazione del progetto di monitoraggio né alle fasi di campionamento ed analisi ma si è limitata a fornire una valutazione dei risultati di un circoscritto periodo di monitoraggio, il secondo triennio, effettuando confronti con gli andamenti nel periodo precedente, laddove possibile.
ISPRA non ha e non ha avuto alcun ruolo di validazione e controllo dell'attività di monitoraggio che resta, come previsto dalla norma, in capo agli Enti di Controllo”
La perizia stigmatizza in effetti la fragilità dei controlli pubblici realizzati nell'area interessata dal polder realizzato all'inizio degli anni 2000, unica opera di intervento ambientale rilevante – almeno dal punto di vista economico – nei quarant’anni di funzionamento ininterrotto della discarica di Borgo Montello:
“Anche in relazione alla singolarità della quantità/qualità del percolato, non appare che gli enti di controllo abbiano posto la necessaria attenzione al monitoraggio del livello della  falda all'interno ed all'esterno del diaframma in relazione alle fluttuazioni della stessa o, molto più semplicemente, alla verifica dell'esistenza di un emungimento delle acque sotterranei dai pozzi spia, nominalmente di monitoraggio, realizzati all'interno della ‘barriera impermeabile’, circostanza invece pacificamente emersa durante le attività di campo svolte dallo scrivente, e che avrebbe dovuto essere riscontrata anche dai controllori, osservando lo stabile posizionamento di una pompa fissa, in ogni pozzo spia interno, destinata all'emungimento delle acque sotterranee”[9]
La perizia auspica, in questo senso, “l'effettiva realizzazione delle opere funzionali”, “le  verifiche previste dagli atti autorizzativi” e lo “svolgimento di attività di monitoraggio efficaci, e non solo formali”.




[1] Adriano Musso è stato presidente del consiglio di amministrazione della Ecotecna Trattamento Rifiuti dal 1990 al 1996. Nell’ambito del procedimento penale n. 7436/R/92, iscritto presso la procura della Repubblica di Latina, è stato condannato per una serie di reati, commessi nell’ambito della gestione dell’invaso B2 della discarica di Borgo Montello. Reati poi dichiarati prescritti dai giudici di secondo grado. La sentenza della pretura circondariale di Latina, 10 febbraio 1997, n. 146/97 registro delle sentenze è stata acquisita dalla Commisisone come Doc. n. 1343/2
[2] Doc. n. 10/1
[3] P.p. 15948/13 Procura della Repubblica di Latina
[4] P.p. 15948 Mod. 44 – Procura della Repubblica di Latina
[5] Doc. n. 10/1
[6] Acquisita dalla Commissione come Doc. n. 538/1
[7] Doc. n. 538/1, p. 20
[8] Doc. n. 2426/2, nel quale, oltre alle considerazioni riportate di seguito nel testo, se ne svolgo altre sdi tipo tecnico sulle caratteristiche e la funzionalità dei piezometri
[9] Doc. n. 538/1, p. 25

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