mercoledì 29 marzo 2017

Greenpeace Nucleare, Toshiba/Westinghouse fallisce. L’atomo è fuori dalla storia

di Giuseppe Onufrio
La decisione della Toshiba/Westinghouse – costruttrice negli Stati Uniti dei nuovi reattori nucleari di terza generazione AP1000 – di dichiarare bancarotta sembra solo l’inizio di un processo che vedrà diverse cause legali e ulteriori perdite miliardarie, specie se proseguirà la costruzione dei nuovi reattori nelle centrali di Vogtle e VC Summer, rispettivamente in Georgia e Carolina del Sud.
L’azienda elettrica proprietaria della centrale, la Georgia Power, dichiarava nel 2016 che i lavori alla centrale di Vogtle erano già arrivati al 60 per cento del progetto mentre, in audizione presso la Commissione dei lavori pubblici statunitense (PSC), ammetteva che a settembre i lavori erano ancora solo al 36 per cento del progetto. Con questo ritmo, la data per l’entrata in esercizio sarebbe il 2023, anche se questa potrebbe rivelarsi una stima ottimistica, dato che la costruzione della parte propriamente nucleare deve ancora iniziare.
Per questa ragione, alcuni valutano più credibile una data compresa tra il 2025 e il 2030. Ogni anno di ritardo produce perdite valutate tra 1,5 e 2 miliardi. I ritardi già accumulati nella costruzione dei reattori sono all’origine delle perdite per complessivi 6,2 miliardi di dollari registrate l’anno scorso da Toshiba, a cui ha fatto seguito un taglio del rating da parte di Standard&Poor’s a livello CCC+, segnalando al mercato che le azioni del colosso giapponese sono diventate “spazzatura”. Per i due reattori da 1100 MW in costruzione, il costo iniziale era di 14 miliardi di dollari, cifra già oggi lievitata di ulteriori 7 miliardi, sino a quota 21.
La situazione è persino peggiore per i due reattori in costruzione in Carolina del Sud nella centrale di VC Summer, di proprietà dell’azienda elettrica SCE&G, ancora al 31 per cento della costruzione lo scorso febbraio. Nel 2014 le date di entrata in funzione furono riviste al 2017 per un reattore e 2018 per l’altro. La revisione più recente sposta la data al 2020 e in 5,3 miliardi di dollari l’aggravio previsto rispetto ai 14 di partenza. Una stima che ancora una volta non appare molto credibile.
Per Toshiba/Westinghouse, che nel complesso hanno costruito 111 reattori nel mondo, mantenere la promessa di farne altri 45 entro il 2030 appare come pura fantasia. Dichiarando fallimento secondo il “Capitolo 11” del diritto fallimentare statunitense, Toshiba cercherà di uscire dalla Westinghouse, una mossa che comunque costerà con ogni probabilità diversi miliardi di dollari.
L’esplosione dei costi dei nuovi reattori nippo-statunitensi AP1000, com’è noto, è avvenuta anche per i reattori Epr di costruzione francese. Che hanno implicato il sostanziale fallimento del costruttore di stato Areva, assorbito dall’azienda elettrica Edf, anch’essa controllata dallo Stato. E anche Edf è in una situazione critica: in questi anni ha perso gran parte del suo valore di mercato, tanto che il valore attuale in borsa del gigante elettrico francese è lo stesso del progetto nucleare in Inghilterra a Hinkley Point.
Queste vicende segneranno la chiusura non solo di alcune importanti società, ma anche del futuro del nucleare nei Paesi europei e negli Stati Uniti.
L’ascesa costante delle rinnovabili e la riduzione rapida dei loro costi industriali spingono infatti il nucleare fuori dalla storia. E chi ci punta solo come fonte di energia, finisce inesorabilmente in bancarotta.
*Direttore Greenpeace Italia di  | 29 marzo 2017 http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/03/29/nucleare-toshibawestinghouse-dichiara-bancarotta-latomo-e-fuori-dalla-storia/3484592/

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