martedì 24 gennaio 2017

Abruzzo Nel paese che non c’è più sulla diga che mette paura Il viaggio Su per i tornanti gelati fino a Campotosto, in parte evacuato, sopra l’i nva s o artificiale che insiste sulla faglia che ha fatto tremare il Gran Sasso. “Qui è tutto finito”

Sono rimasti in 160 Non tutti credono alle rassicurazioni : “Avevano detto così anche all’albergo”
» GIAMPIERO CALAPÀ inviato a Campotosto (L’Aq u i l a ) L a strada regionale 577 che s’inerpica attorno al lago di Campotosto, tra tornanti, animali sulla carreggiata e ghiaccio, diventa praticamente una pista da bob appena le tenebre e il freddo gelano il nevischio acquoso sull’asfalto. Le pareti laterali, alte almeno due metri, in alcuni tratti anche tre, sono la neve accumulata dal lavoro incessante delle turbine. A RR I VA N DO da L’Aquila la strada più veloce, la Sp86 verso Vasto è impraticabile, sbarrata, un carabiniere forestale, come si chiamano dopo l’ac - corpamento, vigila all’imboc - co: “Non può passare nessuno, il rischio valanghe è elevatissimo”. Il Gran Sasso non perdona, l’hotel Rigopiano di Farindola, dall’altra parte della montagna, ne è la prova. Bisogna ritornare indietro a L’Aquila e risalire dalla Ss 80 fino a raggiungere i bordi del lago: una immensa distesa di ghiaccio, le luci della diga s’intra - vedono lontane, per Campotosto mancano pochi chilometri che sembrano infiniti, ma il primo intoppo sono ventidue mucche nel mezzo della strada, salvate dalla neve con la gru e al centro di una difficile operazione per caricarle su un camion che le porti in salvo, alle cure di un veterinario con la barba bianca e la camicia a quadri. Inconsapevoli che il terrore del loro allevatore si è sommato ad altro terrore: “Sisma, neve, gelo, crolli, e adesso l’incubo della diga, ma cosa dobbiamo fare qui se non mollare tutto e andarcene. O morire”. AN COR A pochi chilometri e, finalmente, il bivio per il paese fantasma di Campostosto. C’è un blocco. Un furgone dei vigili del fuoco e uno spalaneve. Un signore, di quelli con le belle rughe che raccontano una vita di lavoro, dallo sguardo triste e rassegnato: “I miei cavalli...”, quasi piange Gino, allevatore nato e cresciuto tra questi monti, indicando i suoi due animali affondati nella neve, bloccati al gelo da ore, ormai ai limiti della sopravvivenza. I vigili del fuoco stanno cercando di aprire un varco per recuperarli, siamo arrivati nel tardo pomeriggio di ieri, subito si fa buio mentre lo spalaneve combatte, il bianco accecante viene sconfitto dall’oscurità, il sentiero è tracciato, ma bisognerà continuare domani: “In mattinata avrà i suoi cavalli”, promette un uomo in divisa verde, di quelli che adesso è di moda chiamare angeli prima di dimenticarli fino al gatto che non scende dall’al - bero o, peggio, fino alla prossima emergenza nazionale. A CAMPOTOSTO,crollato su se stesso con le sue frazioni disperse tra i monti finite anche peggio, l’esasperazione lascia il posto al terrore come la notte al giorno. Sergio Bertolucci, presidente dell’Autorità nazionale grandi rischi, domenica è passato dal possibile “ef - fetto Vajont” all’auto-smenti -

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