martedì 1 novembre 2016

dopo il crollo del cavalcavia di Lecco (spiegati i motivi tecnici) quelli della provincia di Latina sono sicuri e controllati?

nell'analisi tecnica che segue ci sono elencati un insieme di criticità sui ponti e sulle strade, che possono essere derivati da errori (o meglio da dati di progetti poi superati dalla realtà) progettuali, dall'uso (in questo caso anche di sale per contrastare gli effetti del freddo), la manutenzione, di controlli e verifiche oltre che di un uso sbagliato, cioè gravato da pesi che per i dati di progetto la struttura non poteva sopportare. Dalle disgrazie dovremmo imparare a prevenirle altre di simili. Nella provincia di Latina, negli ultimi anni abbiamo avuto diversi casi, dal cedimento del ponte sulla SR 148 Pontina sul canale delle acque Medie (tra la Plasmon e Borgo San Donato), ma anche cedimenti nella nuova SR 156 dei Monti Lepini nel comune di Sezze, della Migliara 47 all'incrocio con l'Appia, della stessa Appia (nel comune di Pontinia tra la Migliara 48 e la Migliara 50) sulla via Lungobotte (sempre nel comune di Pontinia) e diverse segnalazioni di caduta intonaco (o copriferro) di alcuni cavalcavia sulla Pontina (tra Latina e Pomezia). Senza voler cadere nell'allarmismo (che potrebbe fare il gioco di un sabotaggio per favorire la realizzazione dell'autostrada Roma Latina come già per l'Aurelia) sulle varie opere d'arte e ponti (molti sono ancora dell'epoca della bonifica) sarebbe opportuno adeguare le verifiche, i controlli periodici alla luce di queste tristi esperienze. In altre parole, nella provincia di Latina esistono ponti con caratteristiche simili a quelle di Lecco? sono stati attenzionati in seguito a questo evento?
31/10/2016 - “Agghiacciante. Difficilissimo capire tutto da lontano, senza vedere i luoghi e senza poter consultare le carte, ma una certa esper...
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31/10/2016 - “Agghiacciante. Difficilissimo capire tutto da lontano, senza vedere i luoghi e senza poter consultare le carte, ma una certa esperienza in dissesti di ponti stradali aiuta”.
 
L’esperienza è quella di Antonio Occhiuzzi, Professore Ordinario di Tecnica delle Costruzioni all’Università Parthenope di Napoli e Direttore dell’Istituto per le Tecnologie della Costruzione del Consiglio Nazionale delle Ricerche, che ha pubblicato un’analisi del crollo del viadotto in provincia di Lecco.
 
“1. Cavalcavia isostatico su schema Gerber, 2 spalle e 2 pile; campate di riva in appoggio con sbalzo verso la mezzeria, selle Gerber, campata centrale più lunga a semplice appoggio sulle selle Gerber. Sezione diffusa aperta ‘a pettine’,  costituita da travi con sezione a “I” affiancate. È significativo osservare, con riferimento a notizie apparse sulla stampa, che le selle appaiono avere una geometria correttamente dimensionata.
 
2. Lo schema Gerber va benissimo, ma invecchia, come tutti i ponti e come tutte le cose. I giunti strutturali sono proprio in corrispondenza delle selle Gerber, e da lì, se non sono in opera appositi apparecchi di giunto, si infiltra l’acqua proveniente dalla piattaforma stradale. In Lombardia, dove lavoro, si comincia a gettare sale sulle strade di questi tempi e si va avanti fino a fine Aprile. Inutile sottolineare l’effetto dei cloruri di sodio presenti in acqua sulle armature del calcestruzzo. Le foto dall’estradosso mostrano che apparecchi di giunto non ce n’erano: calcestruzzo e armature erano presumibilmente ‘invecchiati’ dal sale , quando non ammalorati, proprio in corrispondenza delle selle Gerber.

cavalcavia Lecco


3. Il cantoniere addetto alla sorveglianza (lo fanno, lo fanno tutti i giorni) si accorge che il calcestruzzo delle selle si sta rapidamente deteriorando, ma non può capirne le potenziali conseguenze. È preoccupato che pezzi di copriferro in caduta possano colpire gli autoveicoli in transito, e fa quello che è nelle sue possibilità: chiude una corsia della strada sottostante, la corsia immediatamente al di sotto della sella Gerber, concentrando il traffico sulla sola corsia di sorpasso. L’immagine della sua telecamera (foto qui sotto a destra) mostra che già prima del passaggio del mezzo, le linee di intradosso di campata centrale e mensola non sono più allineate, come lo erano in precedenza (foto qui sotto a sinistra, da Google Streetview).

Cavalcavia Lecco

4. L’autoveicolo oggetto dell’incidente non può definirsi un semplice TIR. Il carico massimo lordo per gli autotreni previsto dal codice della strada è intorno ai 450 kN (45 tonnellate); da circa trent’anni, i calcoli dei ponti stradali si fanno considerando il transito di uno o più mezzi di peso pari a 600 kN (60 t); considerando anche gli altri carichi previsti dalle norme vigenti, si è a circa 1,5 volte il carico massimo che può transitare in Italia. Il camion in questione è un bestione a 8 assi, con 30 impronte di carico (gomme). La tara è intorno ai 150-200 kN (15-20 t) e il carico, da quanto si capisce due grossi coil di acciaio pesanti oltre 250 kN ciascuno, potrebbe essere superiore ai 500 kN (50 t). In totale, un peso superiore ai 700 kN, probabilmente ancora maggiore (anche se non credo che si possa arrivare a oltre 1000 kN come riferito dai giornali). NESSUNO ha progettato il cavalcavia per quel carico, NESSUNO ha costruito il cavalcavia per quel carico.
 
5 Esistono, ogni giorno, numerosi trasporti eccezionali, per geometria (sagoma), per carichi o per entrambe le cose. Si studiano con attenzione i percorsi, si evitano tratti a rischio - in manutenzione o sotto ‘osservazione’, si transita di notte chiudendo al traffico gli itinerari da utilizzare. In queste condizioni, il mezzo eccezionale transita al centro della carreggiata quando percorre gallerie e ponti. Nel caso in questione, in cui la geometria aperta della sezione trasversale definisce un comportamento torsionale completamente ‘secondario’ (il bimomento della sezione globale indotto dal mezzo che percorre il ponte accostato al margine della carreggiata, e non al centro, si trasforma in extra-taglio e extra-momento flettente per le singole travi (1), che si aggiungono al comportamento flessionale tradizionale), il trasporto eccezionale avrebbe dovuto percorrere il cavalcavia a cavallo della linea centrale

6. Non va così: il mezzo percorre il cavalcavia a traffico aperto (sopra e sotto), transitando sulla destra. I valori di taglio e flessione sono superiori a quelli di progetto e la posizione di transito eccentrica rispetto all’asse del ponte fa ‘schizzare in cielo’ il taglio nella sezione della sella Gerber sulla trave di bordo dal lato dell’autoarticolato. Appena questo è interamente sul cavalcavia, salta la sella Gerber della trave di bordo in corrispondenza della fine del mezzo (non serve tracciare la linea di influenza del taglio per carichi viaggianti per capire che è la posizione del mezzo che comporta il massimo taglio nella sella). Manca l’apparecchio di giunto, come visto prima, gli assi avranno anche impattato sulla piattaforma stradale dopo aver attraversato il giunto, dando anche un ‘tocco dinamico’ all’impennata del taglio. Saltata la prima sella Gerber continua la torsione dell’impalcato e saltano in sequenza anche le altre. Non tutte però: l’ultima resiste (non cederà neanche nel prosieguo) e, per qualche istante regge da sola il carico (peso del ponte e dei carichi in transito) che prima condivideva con le altre quattro. L’equilibrio dinamico del cavalcavia dal momento in cui si rompe la prima sella è di difficilissima interpretazione: fatto sta che per qualche momento il peso del ponte e del carico straordinario vengono sostenuti dall’unico appoggio rimasto, generando nello sbalzo della campata di riva, al di sopra della pila, un momento flettente negativo dal valore inimmaginabile: la sezione sostiene una mostruosa rotazione plastica senza scomporsi troppo (congratulazioni a progettista ed esecutore per la straordinaria performance!), ma il miracolo dura solo qualche attimo.

Cavalcavia lecco


7. L’autoarticolato ruota lungo il proprio asse e, precipitando sulla statale in basso, si ribalta quasi a 180°. L’autista della vettura bianca in transito sulla statale, si accorge di quanto sta accadendo (nel video in rete si vedono, chiari, gli stop che si accendono) e quasi riesce a fermarsi a tempo.
 
8. Nonostante la straordinaria duttilità della sezione di appoggio del cavalcavia, gli spostamenti assumono valori troppo elevati, la campata centrale perde l’appoggio - praticamente integra - precipita sulla strada sottostante con il suo carico di morte, del quale non ha nessuna colpa.
 
Conclusioni: non basta mai un solo errore, ce ne vogliono tanti per fare un disastro. Ed errori (e responsabilità) appaiono abbastanza chiari: difetto di manutenzione, mancata comprensione di quanto sarebbe successo, viaggio temerario del carico “eccezionale” accadono questa volta in Lombardia, la più avanzata regione italiana, dove è piacevole vivere e lavorare, ma dove - come dappertutto - si sbaglia”.
 
(1) Aldo Raithel, Costruzioni di Ponti, Liguori Editore.
 


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