sabato 1 ottobre 2016

Storia di un comitato informale, di case sparse e di una piccola grande famiglia all’ombra della discarica di Montello

Un piccolo comitato, un gruppo informale. Del resto
sono i residenti delle “case sparse (così vengono
definiti negli atti della Regione Lazio) di via
Monfalcone. Sono per lo più componenti della
ormai celebre famiglia Piovesan, un vigoroso
gruppo famigliare trevigiano arrivato qui per
coltivare dove un tempo non era possibile.
Le mani callose, la dura scorza contadina
fatta di definitive sentenze e i significativi silenzi
sono ancora presenti nei modi e nei tratti di
questo sfortunato gruppo di residenti, figlii del
grande podere da venti ettari che un tempo fu
la loro unica casa e che oggi si trova, ormai da
quarant’anni all’ombra di una delle discariche
monstre del Lazio. In passato, quando la prima
linea era composta solo da mercanti di rifiuti
occasionali, che ammazzavano le loro terre un
tempo luogo di coltura per vendere versanti
dell’Astura come discarica, dall’altra parte della
barricata erano in molti, a lottare e a protestare.
Carla Piovesan, la donna simbolo di questa lotta, è
cresciuta dentro a questa aspra contesa, all'interno
della quale alcuni scalciavano le sue convinzioni
sminuendo il problema. “Ma in fondo non c’è tanta
puzza, che volete farci, è il progresso”. Poi sulla
discarica è arrivato un manto di silenzio e di
omertà. E ancora oggi si respira la paura di quello
che potrebbe essere stato, e che quella discarica
possa essere un enorme rogo ancora rovente di
quella “terra dei fuochi” mai definitivamente
chiarita. Le morti sospette, le paure, i piccoli
interessi di amici e vicini che “passano dall’altra
parte”. E i ranghi della protesta si svuotano sempre
di più. I Piovesan, ad un certo punto, sono lasciati soli.
Carla era nota, fino a qualche anno fa, per aver
installato una tenda, per essersi sgolata, quasi sempre
in solitaria contro i camion e le lussuose macchine
dei dirigenti della discarica che ogni giorno
circolavano davanti al suo cancello. Il confine era
sempre lo stesso, via Monfalcone, dall’altra parte,
la discarica. Sempre più grande, sempre più forte.
La sua casa era “perduta” (non valeva più niente
ormai) e allora viveva in tenda, per protestare.
Donna di gusto, aveva reso quella tenda una piccola
e sfiziosa fortezza dove accoglieva giornalisti,
curiosi e politici. Tutti promettevano: “non vi
lasceremo soli”, in pochi restavano veramente.
Insieme a lei è restato Giorgio Libralato,
ambientalista con il pallino per la ricerca
documentale. Capace di trovare cavilli sempre
più puntuti e fastidiosi per gli interessi della
discarica. Con lui come consulente tecnico del
mai veramente costituito “comitato”, i Piovesan
sono arrivati fino al Parlamento Europeo, hanno
denunciato insieme ad altri le storture del mancato
trattamento dei rifiuti che è costato una sanzione
dall’Ue. Sono arrivati in Tribunale con il processo
sull’inquinamento di Borgo Montello (alla sbarra
tra gli altri, Bruno Landi, ex presidente della
Regione Lazio e amministratore delegato di
Ecoambiente e Latina Ambiente). Sono arrivati
alla commissione bicamerale contro le ecomafie.
La stessa Carla che oggi, lancia occhiate da
indovina nell’animo di chi viene nella sua casa
per mostrare solidarietà e sa riconoscere una
stretta di mano sincera da una fasulla. Lo stesso
animo contadino, fatto di definitive sentenze e
significativi silenzi. E infatti ieri, durante la visita
del sindaco di Latina, non ha voluto parlare.
Lei sa cosa voleva dire. Chi deve capire capirà. https://www.facebook.com/notes/ivan-eotvos/storia-di-un-comitato-informale-di-case-sparse-e-di-una-piccola-grande-famiglia-/862691083866282

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