sabato 30 luglio 2016

rifiuti L’Italia è condannata a sanzioni pecuniarie per non avere dato esecuzione a una sentenza della Corte del 2007 che ha constatato l’inadempimento alle direttive sui rifiut

Corte di giustizia dell’Unione europea COMUNICATO STAMPA n. 163/14 Lussemburgo, 2 dicembre 2014 Sentenza nella causa C-196/13 Commissione / Italia
Corte di giustizia dell’Unione europea COMUNICATO STAMPA n. 163/14 Lussemburgo, 2 dicembre 2014 Sentenza nella causa C-196/13 Commissione / Italia L’Italia è condannata a sanzioni pecuniarie per non avere dato esecuzione a una sentenza della Corte del 2007 che ha constatato l’inadempimento alle direttive sui rifiuti Oltre a una somma forfettaria di EUR 40 milioni, la Corte infligge all’Italia, fino al momento in cui avrà dato piena esecuzione alla sentenza del 2007, una penalità di EUR 42 800 000 per ogni semestre di ritardo nell’attuazione delle misure necessarie Con una prima sentenza, nel 2007 1 , la Corte ha dichiarato che l’Italia era venuta meno, in modo generale e persistente, agli obblighi relativi alla gestione dei rifiuti stabiliti dalle direttive relative ai rifiuti 2 , ai rifiuti pericolosi 3 e alle discariche di rifiuti 4 . Nel 2013, la Commissione ha ritenuto che l’Italia non avesse ancora adottato tutte le misure necessarie per dare esecuzione alla sentenza del 2007. In particolare, 218 discariche ubicate in 18 delle 20 regioni italiane non erano conformi alla direttiva «rifiuti» (dal che si poteva desumere che fossero in esercizio discariche prive di autorizzazione); inoltre, 16 discariche su 218 contenevano rifiuti pericolosi in violazione della direttiva «rifiuti pericolosi»; infine, l’Italia non aveva dimostrato che 5 discariche fossero state oggetto di riassetto o di chiusura ai sensi della direttiva «discariche di rifiuti». Nel corso della presente causa, la Commissione ha affermato che, secondo le informazioni più recenti, 198 discariche non erano ancora conformi alla direttiva «rifiuti» e che, di esse, 14 non erano conformi neppure alla direttiva «rifiuti pericolosi». Inoltre, sarebbero rimaste due discariche non conformi alla direttiva «discariche di rifiuti». Nell’odierna sentenza, la Corte ricorda innanzitutto che la mera chiusura di una discarica o la copertura dei rifiuti con terra e detriti non è sufficiente per adempiere agli obblighi derivanti dalla direttiva «rifiuti». Pertanto, i provvedimenti di chiusura e di messa in sicurezza delle discariche non sono sufficienti per conformarsi alla direttiva. Oltre a ciò, gli Stati membri sono tenuti a verificare se sia necessario bonificare le vecchie discariche abusive e, all’occorrenza, sono tenuti a bonificarle. Il sequestro della discarica e l’avvio di un procedimento penale contro il gestore non costituiscono misure sufficienti. La Corte rileva poi che, alla scadenza del termine impartito 5 , lavori di bonifica erano ancora in corso o non erano stati iniziati in certi siti; riguardo ad altri siti, la Corte constata che non è stato fornito alcun elemento utile a determinare la data in cui detti lavori sarebbero stati eseguiti. 1 Sentenza della Corte del 26 aprile 2007, Commissione/Italia (causa C-135/05). 2 Direttiva 75/442/CEE del Consiglio, del 15 luglio 1975, relativa ai rifiuti (GU L 194, pag. 39), come modificata dalla direttiva 91/156/CEE del Consiglio, del 18 marzo 1991 (GU L 78, pag. 32). 3 Direttiva 91/689/CEE del Consiglio, del 12 dicembre 1991, relativa ai rifiuti pericolosi (GU L 377, pag. 20). 4 Direttiva 1999/31/CE del Consiglio, del 26 aprile 1999, relativa alle discariche di rifiuti (GU L 182, pag. 1). 5 Nella fattispecie, il 30 settembre 2009. Il Trattato di Lisbona ha soppresso, nella procedura per «doppio inadempimento» (articolo 260, paragrafo 2, TFUE), la fase dell’emissione del parere motivato, sicché la data di riferimento per la constatazione dell’inadempimento è quella della scadenza del termine fissato nella lettera di diffida. Tuttavia, la presente procedura è stata avviata sulla base del Trattato CE (articolo 228, paragrafo 2) e un parere motivato è stato emesso prima dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona. www.curia.europa.eu La Corte ne trae la conclusione che l’obbligo di recuperare i rifiuti o di smaltirli senza pericolo per l’uomo o per l’ambiente nonché quello, per il detentore, o di consegnarli ad un raccoglitore che effettui le operazioni di smaltimento o di recupero di rifiuti o di provvedere egli stesso a tali operazioni sono stati violati in modo persistente. L’Italia non si è assicurata che il regime di autorizzazione istituito fosse effettivamente applicato e rispettato. Essa non ha assicurato la cessazione effettiva delle operazioni realizzate in assenza di autorizzazione. L’Italia non ha neppure provveduto ad una catalogazione e un’identificazione esaustive di ciascuno dei rifiuti pericolosi sversati nelle discariche. Infine, essa continua a violare l’obbligo di garantire che per determinate discariche sia adottato un piano di riassetto o un provvedimento definitivo di chiusura. La Corte trae la conclusione che l’Italia non ha adottato tutte le misure necessarie a dare esecuzione alla sentenza del 2007 e che è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza del diritto dell’Unione. Di conseguenza, la Corte condanna l’Italia a pagare una somma forfettaria di EUR 40 milioni. La Corte rileva poi che l’inadempimento perdura da oltre sette anni e che, dopo la scadenza del termine impartito, le operazioni sono state compiute con grande lentezza; un numero importante di discariche abusive si registra ancora in quasi tutte le regioni italiane. Essa considera quindi opportuno infliggere una penalità decrescente, il cui importo sarà ridotto progressivamente in ragione del numero di siti che saranno messi a norma conformemente alla sentenza, computando due volte le discariche contenenti rifiuti pericolosi. L’imposizione su base semestrale consentirà di valutare l’avanzamento dell’esecuzione degli obblighi da parte dell’Italia. La prova dell’adozione delle misure necessarie all’esecuzione della sentenza del 2007 dovrà essere trasmessa alla Commissione prima della fine del periodo considerato. La Corte condanna quindi l’Italia a versare altresì una penalità semestrale a far data da oggi e fino all’esecuzione della sentenza del 2007. La penalità sarà calcolata, per quanto riguarda il primo semestre, a partire da un importo iniziale di EUR 42 800 000. Da tale importo saranno detratti EUR 400 000 per ciascuna discarica contenente rifiuti pericolosi messa a norma ed EUR 200 000 per ogni altra discarica messa a norma. Per ogni semestre successivo, la penalità sarà calcolata a partire dall’importo stabilito per il semestre precedente detraendo i predetti importi in ragione delle discariche messe a norma in corso di semestre. IMPORTANTE: La Commissione o un altro Stato membro possono proporre un ricorso per inadempimento diretto contro uno Stato membro che è venuto meno ai propri obblighi derivanti dal diritto dell’Unione. Qualora la Corte di giustizia accerti l’inadempimento, lo Stato membro interessato deve conformarsi alla sentenza senza indugio. La Commissione, qualora ritenga che lo Stato membro non si sia conformato alla sentenza, può proporre un altro ricorso chiedendo sanzioni pecuniarie. Tuttavia, in caso di mancata comunicazione delle misure di attuazione di una direttiva alla Commissione, su domanda di quest’ultima, la Corte di giustizia può infliggere sanzioni pecuniarie, al momento della prima sentenza. Documento non ufficiale ad uso degli organi d'informazione che non impegna la Corte di giustizia. Il testo integrale della sentenza è pubblicato sul sito CURIA il giorno della pronuncia Contatto stampa: Estella Cigna Angelidis  (+352) 4303 2582 Immagini della pronuncia della sentenza sono disponibili su «Europe by Satellite»  (+32) 2 2964106 http://curia.europa.eu/jcms/upload/docs/application/pdf/2014-12/cp140163it.pdf

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