domenica 24 aprile 2016

nucleare IL POSTO DELLE QUERCE Per non dimenticare Chernobyl

Reportage dalla riserva radioattiva di Dubovy Log di Massimo Bonfatti
Foto di Pierpaolo Mittica (www.pierpaolomittica.com) - copyright dello stesso autore.

 

Dall’esplosione del reattore 4 della centrale nucleare di Chernobyl sono passati ormai quasi 30 anni, più di una generazione. Un tempo sufficiente per dimenticare. Un tempo sufficiente per fare dimenticare. La radioattività non fa più paura, ma – soprattutto - non deve fare più paura.
E così ad Ostrovets, ai confini con la Lituania, per volere di Lukashenko  - padre padrone della Bielorussia - si sta costruendo la prima centrale nucleare. Proprio in Bielorussia, paese che nel 1986 ha subito il 70% del fallout nucleare di Chernobyl e  in cui la contaminazione da Cesio, Stronzio e Plutonio, ha riguardato il 23 % del territorio.  
Ora i terreni contaminati vengono resi alla produzione agricola, al pascolo. Poco importa se sotto terra, pur se dimezzato, continui ad agire il Cesio 137, se numerosi incendi, durante la stagione estiva, abbiano risollevato - dalla zona di esclusione - nuvole radioattive che hanno dato vita a nuovi fallout. E poca importa se il plutonio ha periodi di dimezzamento che sconfinano in migliaia di anni, al di là di ogni umana immaginazione (e tanto giustifica il fatto che non sia preso in considerazione).  

Il panorama, in Bielorussia è idilliaco, ordinato: invitante d’estate, rilassante d’inverno quando la coltre di neve restituisce un candore diffuso. 
Ogni tanto, ai lati delle strade che raggiungono e uniscono le regioni del sud, qualche cartello col simbolo della radioattività e con il divieto di raccogliere funghi. Cartelli sempre più rari, ma evidenti in alcuni tratti, addirittura rinnovati, quasi fossero stati messi strategicamente per il turista, come il ricordo di qualcosa che é successo e che non può più tornare. Simboli e richiamo per una foto ricordo.

Anche in provincia di Dobrush, nella regione di Gomel, tutto è uguale in una sorta di paesaggio senza interruzione di continuità. L’odore dei boschi è una presenza importante ed intensa che accompagna in ogni direzione. Anche verso il villaggio di Dubovy Log, “il posto delle querce”.
Ma, improvvisamente - prima di entrare nel territorio del villaggio - una sbarra e due militari, presenti a turno ogni giorno dell’anno 24 ore su 24, rompono la continuità di questo panorama da cartolina. I simboli della radioattività, qui e improvvisamente, si moltiplicano, smentendo tutte le teorie di minimizzazione del rischio nucleare. Si entra ufficialmente nella riserva radioattiva di Dubovy Log, dove vivono circa duecento persone. Ad ogni passaggio, in andata e ritorno, la sbarra si alza e si abbassa. Non così per gli stranieri e i non residenti. Bisogna essere autorizzati. Autorizzazione di cui non ha bisogno Diana, da quando tre anni fa sua mamma si è trasferita qui da Dobrush.

Nel territorio di Dubovy Log, a distanza di 30 anni, la radioattività raggiunge ancora una media di 15Ci/kmq, un’assurdità che da qualsiasi parte non consentirebbe di abitarvi. Ma non qui. La produzione agricola e gli allevamenti sono così importanti che non è possibile depauperare l’economia provinciale e regionale. La produzione di grano è impressionante: grano bello, dritto, dorato. Grano radioattivo. Ed il pane, il suo gusto e la fragranza del sole incorporato diventano un’utopia anche per le normative di sicurezza adottate ad hoc in Bielorussia. Troppo radioattivo per mangiarlo. Ed allora il grano attraversa la sbarra e viene avviato all’industria di trasformazione di Vetka per essere commercializzato come vodka: vodka “pulita”, vodka “secondo norma”. Stesso destino tocca al latte, così gustoso con il suo profumo di foraggio. Ma troppo radioattivo per berlo. E così anche lui supera la sbarra, per essere trasformato in burro “pulito”, ovvero radioattivo secondo norma. 



L’incidente nucleare ha riscritto la storia di questo villaggio e ne ha cambiato il calendario. Chernobyl ha sostituito Cristo in un’alternanza sacrilega, ma significativa; nuovo spartiacque storico. Infatti a Dubovy Log ed in tutta la Bielorussia contaminata (come pure nelle equivalenti zone della Russia ed Ucraina) nel 1986 è finita un’era e ne è cominciata un’altra: l’era A.C. – avanti Chernobyl – e l’era D.C. – dopo Chernobyl.

La mamma di Daria è una “dajarka”, una mungitrice di vacche.
La vita non è stata benevola con lei e lei non ha fatto niente per ingraziarsela.
Un divorzio, due figlie piccole e l’alcol a farle compagnia non le permettevano più di pagarsi l’affitto a Dobrush. E lo stato, con cinica generosità, le ha offerto un lavoro a Dubovy Log nella fattoria collettiva, con casa e orto gratuiti, radionuclidi compresi. 
Diana e sua sorella Daria improvvisamente deportate nelle riserva radioattiva a 10 e 13 anni. Salvo il fratello Andrej, ora diciottenne, “disperso” da qualche parte in Bielorussia con il padre. Andrej, Daria, Diana:  figli di una madre che a venti anni li aveva  già concepiti tutti. 

Ora, a Dubovy Log, Diana è rimasta sola perché la sorella maggiore è riuscita a lasciarsi dietro la sbarra: vive in convitto a Dobrush dove è iscritta ad un istituto scolastico di specializzazione. Per Diana niente più spese in negozio a comprare verdure e carne, ma patate irrorate da Cesio e galline razzolanti nell’aia. La fame e la povertà sono più forti della radioattività: subdolamente essa entra nel corpo di Diana con la carne degli animali da cortile, con le mele ed i cetrioli dell’ orto personale, con i funghi e le bacche raccolti nei boschi. E quando fa freddo e la stufa nella casa reclama carburante, il bosco offre legna impregnata di radionuclidi: legna che scalda e conforta mentre Diana fa i compiti o cerca di fare evadere le sue fantasie guardando la televisione. Ma è legna che produce cenere, cenere radioattiva usata come fertilizzante per l’orto. La stufa, la “pjechka”: piccola centrale radioattiva, piccolissima Chernobyl fra la contaminazione di Chernobyl.



Miseria nella miseria. Un’economia di sussistenza, in cui anche i figli possono essere uno strumento. E così, nell’ultimo anno, la mamma – grazie a un nuovo compagno, come lei alcolista - ha dato alla luce un fratello per Diana e si appresta - quasi in continuità – a dargliene un altro. La povertà e l’ignoranza sono più forti della percezione del rischio di contaminazione. Mentre la radioattività contamina i corpi di Diana, del suo piccolo fratello e si impossessa della placenta del prossimo, i sussidi di previdenza statale contaminano i ragionamenti e le modalità di vita. 

Per Diana una vita non solo radioattiva, ma monotona: unica alternativa una passeggiata fra i boschi e un giro in bici per il paese lungo la strada principale del villaggio fra i resti delle costruzioni di quello che era un villaggio vivo: la scuola materna, la biblioteca, la mensa, la caserma dei vigili del fuoco, la casa della cultura. Tutti chiusi.
Pochi gli amici, soprattutto adesso che ha 13 anni e che incomincia a sentire il cambiamento del proprio corpo: solo un’amica della sua età con cui mettersi a fantasticare di futuri al momento improbabili. E allora non le resta che inforcare assieme a lei la bici per fuggire all’esterno, ma la sbarra è distante diversi chilometri e altrettanti sono i chilometri per raggiungere il centro abitato di Dobrush e incontrare i vecchi amici e gli occhi dolci di qualche coetaneo.

Lo sguardo di Diana è triste. Sorride solo per educazione e quando riesce a oltrepassare la sbarra, alla mattina, con il pulmino scolastico che l’accompagna alle lezioni a Dobrush.
Fino alle 15,00 dal lunedì e venerdì. Poi restano i pomeriggi interminabili; il sabato e la domenica eterni.



Diana non può ammettere la desolazione in cui è obbligata a vivere, forse pensando, come ha fatto la sorella, di fuggire a Dobrush appena l’età o la fine della scuola dell’obbligo glielo consentiranno.
Di fronte ad un allibito intervistatore dice che le piace vivere a Dubovy Log. Afferma con candore: “La radioattività non la sento, non la vedo, non la tocco. Perché devo aver paura? E poi sono passati 30 anni!”.

Pare che Diana, nonostante la rabbia che ogni tanto dimostra giocando con i bambini più piccoli del villaggio, abbia già imparato la pazienza, come tutti gli altri abitanti di Dubovy Log: quasi a voler riaffermare il senso di una vita che continua e che, in ogni caso, deve continuare.

Chernobyl e Dubovy Log: nei nomi lo scherzo del destino.
Chernobyl, in russo, vuol dire "l’erba amara", vuol dire: Assenzio. E Giovanni, nell’Apocalisse (8-10,11) annuncia la stella che si chiama Assenzio: "...cadde dal cielo una grande stella, ardente come un torchio; e cadde sopra la terza parte dei fiumi, e sopra le fonti delle acque. E il nome della stella si chiama Assenzio. E molti uomini moriranno di quelle acque, perciocché erano divenute amare".

Ma a Dubovy Log ogni primavera ritornano le cicogne e nell’ultimo anno sono nati quattro bambini
E finché nascono bambini e finché volano le cicogne, la fantasia di Diana può oltrepassare le mura di questa prigione a cielo aperto. 



A Diana basta poco per vincere l’accerchiamento dei radionuclidi in attesa di spiccare il salto definitivo “oltre la barra”, grazie soprattutto al progetto di cooperazione italiano del’associazione Mondo in Cammino in grado di portare nel suo villaggio le risorse (“cibi puliti”) e le modalità di una consapevole gestione del rischio radioattivo (diffusione di raccomandazioni alimentari). Anche a dispetto di uno stato che, da una parte, impone un posto di blocco per “preservare” la salute delle persone dalla contaminazione della riserva radioattiva di Dubovy Log, ma – dall’altra - permette di viverci. Anche a dispetto di ex residenti che hanno il diritto di oltrepassare la sbarra e fanno incetta di porcini che crescono a tonnellate nei boschi radioattivi e che rivendono per pochi soldi a “emissari” stranieri per commercializzarli in Europa.

E Diana, questa volta grazie alla “contaminazione” positiva delle idee e del confronto con i volontari italiani,  potrà incominciare (e con lei tutto il villaggio) a sradicare l’erba amara, restituendo a Dubovy Log, poco per volta, quelle acque salubri che c’erano prima del 26 aprile 1986.



26 Aprile 2016 - Trentennale dell'incidente nucleare di Chernobyl.
RADIO RAI 1 IN DIRETTA DALL'OSPEDALE DI IVANKOV (UCRAINA)
una delle zone maggiormente colpite dal fallout radioattivo




CON IL PROF. YURI BANDAZHEVSKY, MASSIMO BONFATTI (Presidente di Mondo in Cammino) E TANTI ALTRI TESTIMONI.

Uno speciale di Radio Rai 1 condotto da GIORGIO ZANCHINI in studio con VALERIA VOLATILE
26 Aprile 2016: dalle ore 8,30 alle ore 11,30 ore italiane (9,30-12,30 ora ucraina).

Lo speciale si alternerà con la redazione italiana in diretta con ILARIA SOTIS da una centrale nucleare dismessa [SEGUITECI! ANCHE IN STREAMING]

La provincia di Ivankov in Ucraina, sede del nostro progetto "Radinka" http://www.progettohumus.it/public/forum/index.php?topic=2368

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