venerdì 4 marzo 2016

"Così sono diventato un trafficante"

di ANDREA PALLADINOREGGIO CALABRIA - René Luiz Pereira ha un viso di pietra: “Mi spiace, ma da questo momento non dirò nulla”. Siede davanti alla commissione parlamentare d'inchiesta del parlamento brasiliano incaricata di ricostruire il caso “Lava jato”, un groviglio di vicende dove si intrecciano corruzione all'interno della statale Petrobras, soldi sporchi e trafficanti di droga. Lui appartiene a quest'ultima categoria ed ha sulle spalle una condanna a 14 anni reclusione per un carico di 698 chili di cocaina arrivato in Brasile dalla Bolivia, pronto per essere rispedito verso l'Europa. Era un uomo di Maria de Fatima Stocker, detta la “directora”, brasiliana esperta di narcodollari sulle piazze di Inghilterra, Spagna, Svizzera. E Calabria, dove agiva come broker finanziaria per le famiglie locali. René è finito nelle maglie della Polizia federale, nell'operazione Oversea, mentre Maria de Fatima è stata arrestata in Spagna su mandato del procuratore aggiunto di Reggio Calabria Nicolò Gratteri, a conclusione dell'inchiesta del 2014 Buongustaio. Due terminali di una organizzazione che partiva dai narcos colombiani per arrivare sui mercati di cocaina di tutta Europa, passando per la Bolivia e il Brasile.

Fiume in piena. René era tutt'altro che silenzioso qualche mese prima dell'arresto. Un vero fiume in piena. Usava skype per comunicare con i cartelli che dalla Colombia garantivano merce buona e ottimi prezzi.

Sul suo iPhone gli agenti della Polizia federale brasiliana gli hanno trovato la registrazione di una conversazione di due ore con un colombiano mai identificato: “Tu sei in Colombia ed io in Brasile. Tu hai bisogno di me, è necessario che io faccia il mio servizio qui nel mio paese, dove conosco le persone; ed io ho bisogno che tu faccia il tuo con le persone del tuo paese. Parla con i tuoi in Europa ed io contatto i miei referenti lì”.

Il gruppo di René poteva garantire la rete giusta per far partire la merce dal porto di Santos; dall'altra parte delle rete c'era lei, Maria de Fatima Stocker, la donna di fiducia dei calabresi: “C'è una donna in Svizzera, è una fortissima! Una veramente forte. Questa signora a volte prende in Olanda, ovunque, e poi in due o tre giorni paga qui. Tutto attraverso imprese, così non ci sono rischi. Loro guadagnano poi sui due lati, chiedono una percentuale a tutti”. 

E' quella rete finanziaria invisibile in grado di far girare i soldi dei narcos, velocemente: “Tutto questo passa attraverso le banche. Si fanno affari con imprese europee, si prendono i soldi lì e ci danno i soldi qui, in Reais. Si fa sempre così, in realtà i soldi già sono qui, si fa semplicemente un cambio”.

Il trasporto, poi, non è mai un problema: “Io so come vendere in Europa. Non ho nessun problema per farlo, se tu hai bisogno conosco le persone giuste. Mio cugino sta già lavorando con il suo gruppo, già hanno un aereo con tre turbine, e volevano andare in Africa con duemila pezzi (duemila chili di cocaina, annotano i magistrati brasiliani) e mi ha chiesto se conoscevo qualcuno da quelle parti per vendere la merce”.  

Contatto giusto. L'importante è il contatto giusto. La porta d'ingresso al giro grosso è spesso il carcere: “La prigione mi ha fatto imparare e conoscere le persone. Tu non ne hai bisogno – spiega René al colombiano -  perché già conosci e sai come funziona meglio di me. Non sono orgoglioso di essere stato arrestato, preferivo farne a meno. Ma veniamo da posti differenti, dove sei tu è più facile conoscere. Se io non fossi stato in carcere non avrei saputo nulla di tutto questo, la mia famiglia non me lo avrebbe consentito. Non starei qui a parlare con te in questo momento. Ho conosciuto così i mafiosi. C'era uno in carcere con me, era finito dentro per droga. Gli ho pagato l'avvocato che lo ha fatto uscire e lui mi ha presentato vari mafiosi in Paraguay. Sì, proprio in Paraguay. E' tutto iniziato così, quello che oggi so l'ho imparato così”.

Falsa apparenza. I narcos, se li incontri, hanno l'apparenza che meno ti aspetti. Un commesso viaggiatore, un imprenditore tranquillo, con una famiglia da foto ricordo: “Amico mio, se mi vedi in strada non mi riconosceresti, mai penseresti che sto facendo questo”. Il colombiano lo interrompe: “E di più, sono sincero, dal primo giorno che ti ho visto, quando il El negro ci ha presentati, avevi una faccia di uno che faceva qualsiasi altro mestiere, meno questo…”. René riprende il discorso, spiegando come si deve comportare il trafficante: “Perché nessuno deve essere in grado di sapere cosa faccio, amico mio. Prima era un piacere far sapere in giro che facevi il trafficante… bene, ma qual è il vantaggio? Non c'è nessun motivo. Io giro per la mia città e nessuno neanche immagina, pensano che io lavori con l'edilizia, è questo quello che sanno in giro. Quando viaggio neanche mio padre sa che sono qui. Non lo sa nessuno…”.http://inchieste.repubblica.it/it/repubblica/rep-it/2016/03/03/news/il_nuovo_mondo_dei_narcos-132704241/#commento

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