ACCORDO VINCOLANTE Questo il viatico del ministro dell’Ambiente Galletti che parteciperà assieme al premier Matteo Renzi all’inaugurazione del summit sul clima di Parigi il 30 novembre. Poi toccherà ai tecnici: la delegazione del ministero è composta di 31 persone: entro le ore 11 del 5 dicembre verrà consegnata alla presidenza francese una prima bozza dell’accordo. “A Parigi serve un miracolo, anche se non rinunciamo ad essere moderatamente ottimisti”, dice ailfattoquotidiano.it il capo della delegazione ministeriale,Francesco La Camera, che sottolinea: “Occorre costruire un accordo che abbia obiettivi comuni a tutti i Paesi anche se con responsabilità e impegni differenziati. Significativo da questo punto di vista il recente accordo tra Usa e Cina”, dice La Camera che spiega pure come, su quel modello, si punti ad un accordo “vincolante perché giuridicamente tutti gli accordi lo sono, ma su base volontaria”. Il core business su cui punterà l’Italia riguarda la governance dell’accordo con l’introduzione di un sistema di monitoraggio che consenta di controllare l’efficacia delle misure messe in campo dai Paesi e eventualmente rivedere gli obiettivi.
ESITO INCERTO Fatto sta che la fisiologica ricerca di un compromesso, sebbene al ribasso, non assicura, allo stato, ilbuon esito del negoziato sul clima. L’India condiziona il proprio impegno sul fronte del contenimento delle emissioni alle risorse che verranno messe a disposizione a livello internazionale. Il presidente degli Stati Uniti Obama ha una obiettiva difficoltà di far ratificare gli accordi internazionali dal proprio Congresso. Cina e Brasile giocano ancora a carte coperte e rappresentano la vera incognita del vertice sul clima di Parigi. L’unica carta da giocare per buttarsi alle spalle anni di negoziati fallimentari, secondo il capodelegazione ministeriale La Camera, è dunque quella della ‘discontinuità’: “Si deve costruire un accordo che veda l’impegno di tutti abbandonando per sempre un certo tipo di approccio” inaugurato con il protocollo di Kyoto. Si dovrebbe insomma guardare ad accordi di tipo volontario sul modello degli impegni assunti attraverso un bilaterale tra Usa e Cina. E poi usare la leva delle risorse: sul tavolo una cifra pari a circa 100 miliardi di dollari all’anno che devono essere investiti nei paesi più poveri in azioni di mitigazione. Anche se più c’è  l’altra questione sempre strettamente economica legata airisarcimenti a favore di quegli Stati che hanno già subito i danni provocati dai cambiamenti climatici. A parte il nodo delle risorse, il resto l’accordo potrebbe essere frutto di un compromesso che rifletterà “diversi livelli di ambizione”. http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/11/26/cambiamenti-climatici-il-governo-renzi-verso-il-summit-di-parigi-lopposizione-alla-camera-siete-peggio-di-berlusconi/2255038/