sabato 3 ottobre 2015

TERRE AVVELENATE DEL NORD Un cimitero di fusti sulla collina di Pitelli

Quattordici fusti interrati, vicino all’area di “Campetto”, sulla collina di Pitelli a La Spezia. Il ritrovamento del Corpo Forestale dello Stato riapre la storia trentennale dei veleni di Pitelli. Nella splendida riviera di Levante, la collina che si affaccia sul Golfo dei Poeti è diventata uno degli emblemi del lato oscuro dell’industrializzazione italiana. Quando erano le terre avvelenate del nord a nascondere nelle viscere le scorie delle industrie È un cimitero di fusti. Una necropoli sotterranea, che racconta una parte della storia sconosciuta di La Spezia e del traffico di rifiuti che dal “triangolo industriale” fino agli anni ’90 sono finiti nella collina di Pitelli.
La bellezza della riviera di ponente qui stride con l’eredità di veleni, di misteri e di impunità lasciata in dono dall’industrializzazione italiana. Prima che le direttrici del traffico dei rifiuti portassero al sud, in Campania, erano le “terre avvelenate del nord” a far sparire nelle loro viscere le scorie delle aziende. Pitelli altrimenti sarebbe dovuta rimanere soltanto una collina, splendido affaccio sul Golfo dei Poeti cantato da Byron e Shelley. È diventato invece uno degli emblemi dell’eredità peggiore della storia industriale italiana, Sito inquinato di interesse nazionale (declassato nel 2013 a sito regionale) ancora in attesa – come tutti gli altri – di una bonifica rimandata all’infinito.
Dettaglio dei fusti dissotterrati a Pitelli
Dettaglio dei fusti dissotterrati a Pitelli
I bidoni riesumati venerdì 2 ottobre dal Corpo Forestale dello Stato, su ordine della Procura di La Spezia, sono il segno che qui, come altrove, la contaminazione non ha confini precisi.
Lì sotto scorre l’acqua di falda, che si mescola ai veleni. Una zona in cui, secondo quanto risulta a ToxicLeaks, l’Arpal non avrebbe mai monitorato direttamente la contaminazione delle acque sotterranee
In un’area mai controllata prima, vicino al “Campetto” (negli anni degli interramenti, fino a poco prima o subito dopo, si allenava e ci giocava una squadra di calcio locale), sono emersi 14 fusti ancora intatti, alcuni addirittura dotati della colorazione originale. Là sotto, appena fuori dalla discarica di Orazio Duvia, la terra è nera, impregnata di prodotti petroliferi, idrocarburi. Ma non è chiaro se il colore del terreno corrisponda al contenuto dei fusti o sia l’effetto di una mescolanza avvenuta con gli anni, in una zolla di terreno ormai compromessa in profondità.
“C’è di tutto là sotto”, racconta un investigatore che ha partecipato alle operazioni di scavo. Negli strati più profondi del terreno, e nelle vicinanze, gli agenti del Corpo Forestale si aspettano di pescare molti altri fusti interrati. Una convinzione nata dalle indagini effettuate nei mesi scorsi con un magnetometro, strumento in grado di rilevare masse metalliche nel sottosuolo. A pochi metri di profondità, l’acqua di falda si mescola ai veleni, come riferiscono fonti vicine all’inchiesta. In una zona in cui – secondo quanto risulta a ToxicLeaks – l’Arpal (l’Agenzia regionale per l’ambiente della Liguria) non avrebbe mai monitorato direttamente la contaminazione delle acque sotterranee, perché la rete di piezometri di controllo è distante dal punto di scavo.
Mentre i tecnici dell’Arpal stanno analizzando le sostanze contenute nei fusti, gli inquirenti mantengono il massimo riserbo sulle piste seguite dall’indagine. Pare che una fonte confidenziale, che conosce la storia degli smaltimenti a Pitelli, abbia cominciato a parlare agli uomini del Corpo Forestale
Rifiuti militari rinvenuti nell'area "Campetto" di Pitelli (foto Il Secolo XIX)
Rifiuti militari rinvenuti nell’area “Campetto” di Pitelli (foto Il Secolo XIX)
Tra le ipotesi seguite ci sarebbero anche quelle più inquietanti, come l’interramento dei fusti provenienti dall’area di Seveso (alcuni bidoni con la tetracloro-dibenzo-diossina dell’Icmesa, fuoriuscita nel 1976, non furono mai più trovati) e l’occultamento di rifiuti militari. Nel giugno scorso, ToxicLeaks raccontava dei primi scavi effettuati dalla Forestale proprio nell’area di “Campetto”, su ordine del pm Luca Monteverde della Procura di La Spezia, da cui emersero fusti triturati e sacchi con la scritta “Esercito Italiano”.
Quasi tutti i reati, fanno sapere gli inquirenti, sarebbero ormai prescritti. E dopo l’assoluzione nel 2011 dell’imprenditore spezzino Orazio Duvia (patron della discarica) dall’accusa di disastro ambientale, il Sin di Pitelli è stato declassato dal ministro dell’Ambiente Corrado Clini a Sito di interesse regionale. Ma la procura spezzina sembra voler andare lo stesso fino in fondo. Per sapere finalmente cosa c’è in quella terra. Proprio mentre il sindaco di La Spezia, Massimo Federici, parla di “leggende metropolitane” – riferendosi a Pitelli  – e di “voci messe in giro ad arte”. E di fronte alla Commissione parlamentare d’inchiesta sui rifiuti chiede di “mettere la parola fine” alla vicenda della collina dei veleni.

Andrea Tornago

ToxicLeaks 

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