venerdì 4 settembre 2015

Il governo si scorda il Colle: il Jobs Act nasce già fuori legge, Verdi di Angelo Bonelli e la senatrice Paola de Pin

I Verdi scoprono la violazione: per gli ultimi 4 decreti serviva
la firma del Quirinale entro il 26 agosto. Replica: “È tutto ok”
Il caso
 NELLA
delega sul
Jobs act, per 4
decreti, quelli
ancora
mancanti, si fa
riferimento
alla legge 400
dell’‘88.
Questa
prevede che
i testi vadano
al Quirinale
20 giorni
prima della
scadenza (che
però è il 16
settembre) SALVATORE CANNAVÒ
Il Jobs Act rischia di essere fuori
legge. Almeno nei quattro decreti
legislativi all’esame delle Camere
che devono essere approvati definitivamente
dal Consiglio dei ministri.
A scoprire la violazione del dettato costituzionale
sono i Verdi di Angelo Bonelli
che, con la senatrice Paola De Pin,
ex M5S passata al movimento ecologista,
hanno presentato un’interroga -
zione parlamentare.
L’ELEMENTO di incostituzionalità potenziale
riguarda le prerogative del
Quirinale, la cui firma, secondo quanto
previsto dalla legge delega, è necessaria
per emanare il provvedimento. Firma
che dovrebbe essere apposta “entro
venti giorni dalla scadenza” del provvedimento.
Il quale scade il 16 settembre.
I venti giorni scadevano, quindi, il
26 agosto, quando il Parlamento
dormiva e anche
il governo era piuttosto
assente.
Il ministero del
Lavoro, interpellato
dal Fatto sulla
possibile invalidazione
dei
decreti legislativi
ha
risposto sicuro:
“Per quanto ci risulta, è un rischio
che non esiste”. Eppure, chi ha redatto
la nota per i Verdi non ha dubbi e li spiega
con chiarezza. È la stesse legge delega
a precisare i termini della questione.
Al comma 10, infatti, si legge: “I decreti
legislativi di cui ai commi 1, 3, 5, 7
e 8 del presente articolo (quelli da cui
derivano i decreti legislativi in via di approvazione,
ndr.) sono adottati nel rispetto
della procedura di cui all'articolo
14 della legge 23 agosto 1988, n. 400”.
La legge 400 è in bella evidenza sul sito
ufficiale del governo. All’articolo 14,
non solo spiega che “i decreti legislativi
adottati dal Governo ai sensi dell’arti -
colo 76 della Costituzione sono emanati
dal Presidente della Repubblica
con la denominazione di ‘decreto legislativo’
e con l’indicazione, nel preambolo
della legge di delegazione, della
deliberazione del Consiglio dei ministri
e degli altri adempimenti del procedimento
prescritti dalla legge di delegazione”.
Quello che è più importante
è che si precisa che “il testo del decreto
legislativo adottato dal governo è
trasmesso al Presidente della Repubblica,
per la emanazione, almeno venti
giorni prima della scadenza”.
I venti giorni sono già passati e i decreti
non sono ancora transitati per palazzo
Chigi per l’ok definitivo. Stiamo
parlando dei quattro testi che riguardano
il riordino dei servizi ispettivi, gli
ammortizzatori sociali, la semplificazione
degli adempimenti e le politiche
attive. Pezzi significativi del provvedimento
per i quali, però, la firma del Presidente
della Repubblica potrebbe essere
aggirata e resa superflua.CHI HA STUDIATO IL CASO ricorda il
precedente, avvenuto nel 2002, con il
governo Berlusconi, quando la giurisprudenza
ritenne addirittura “clamo -
roso”che Berlusconi avesse inviato un
decreto legislativo in Parlamento lo
stesso giorno della sua emanazione.
Ma si trattava del Codice della Strada e
nessuno si sarebbe sognato di fare ricorso
contro una legge di questo tipo.
L’importanza dell’articolo 14 della legge
400, del resto, è confermata da un’al -
tra sentenza della Consulta del 2000.
L’effetto, dunque, potrebbe essere
quello di un “vizio formale”nell’ambi -
to del procedimento di emanazione dei
decreti attuativi del Jobs Act, il quale
comporta un eccesso di delega, non avendo
il Governo rispettato termini e
modalità indicati dal Parlamento per
l’esercizio della delega stessa. Il governo,
a giudicare dalla sua risposta, potrebbe
non tenerne conto e andare avanti.
A quel punto potrebbero fioccare
i ricorsi. Chi reputasse ingiusto uno dei
provvedimenti contenuti nei quattro
decreti potrebbe invocarne, presso un
Tribunale, l’incostituzionalità. Il contenzioso
giudiziario potrebbe avere esiti
imprevedibili.
© RIPRODUZIONE RISERVATA il fatto quotidiano 3 settembre 2015

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