Qualche giorno fa si è spento prematuramente, a soli 54 anni, Stefan Weber, un campaigner che ha fatto la storia di Greenpeace, a partire dalla campagna contro lo smaltimento dei rifiuti tossici nei Paesi poveri, alla quale diede un contributo decisivo. Stefan era tedesco, ma era poi finito a Zurigo per vicende familiari, dove era cresciuto e si era formato, entrando a lavorare a Greenpeace Svizzera. Da anni viveva vicino Livorno, in una villa dalla quale vedeva il mare, ma anche gli impianti chimici di Rosignano. La chimica, che per anni era stata oggetto di ricerche e denunce da parte di Stefan.
La campagna sui traffici internazionali di rifiuti inizia nella seconda metà degli anni '80. Stefan le dedica gran parte delle sue energie. La Campagna Toxic segnerà un enorme successo con il voto del 1994 quando le parti aderenti alla Convenzione di Basilea sanciscono il divieto assoluto di traffico e smaltimento di scorie tossiche dai Paesi ricchi a quelli poveri.
Un caso che diverrà storico emerge nel 1995 quando Greenpeace viene a conoscenza del progetto ODM, Oceanic Disposal Management. Un gruppo di finanzieri basati in Svizzera aveva pensato di usare grossi siluri – definiti "penetratori" – da riempire con scorie nucleari per poi spararli nei fondali argillosi degli oceani. Una tecnologia elaborata in sede OCSE, ma esclusa dalla Convenzione di Londra (già con una moratoria del 1983, poi trasformata in bando nel 1993) alla quale la campagna di Greenpeace contro lo scarico a mare di scorie radioattive aveva contribuito non poco.
In poche parole, il progetto ODM proponeva di riesumare la tecnologia dei siluri per proporla a vari Paesi africani, non aderenti alla Convenzione di Londra. Un evidente tentativo di aggirare le regole internazionali, che faticosamente venivano definite in quegli anni. Per questo, un gruppo di campaigner di alcuni uffici europei, con a capo Stefan Weber, inizia a raccogliere informazioni sulla rete di interessi nella gestione di rifiuti tossici e nucleari, analisi che rimarrà tra le migliori fatte in questo settore. Il contributo di Greenpeace in queste denunce è stato di enorme rilievo, anche grazie al lavoro di Stefan Weber che insieme a pochi altri era riuscito a portare il misfatto a livello internazionale. Un grande scandalo, che aveva determinato la reazione di aziende e finanzieri, con cause legali per diffamazione poi respinte dai giudici.
Una parte di queste analisi verranno in parte ripubblicate e aggiornate nel rapporto del 2010 “Toxic Ships” che, prendendo spunto dal caso della nave rilevata al largo di Cetraro, ricapitola la vicenda delle "navi a perdere", la storia dell'ODM ed elementi della vicenda somala in cui scomparvero Ilaria Alpi e Miran Hrovatin.
Tre anni dopo, la Convenzione di Basilea entrerà integralmente in vigore, e gran parte del lavoro di Greenpeace sul traffico internazionale di sostanze tossiche poteva dirsi concluso. La decisione conseguente di depotenziare la campagna non è mai andata giù a Stefan, che tuttavia ha continuato a occuparsi di inquinamento per Greenpeace Svizzera fino al giugno 1996.
Quando diviene chiaro che Monsanto avrebbe inondato, da lì a pochi mesi, il mercato europeo di soia geneticamente modificata, comincia una nuova avventura. Stefan fa parte di quella quindicina scarsa di persone che, con formazioni e provenienze diverse, hanno avviato la campagna di Greenpeace contro gli OGM (oggi divenuta “Food for Life”). Un lavoro pionieristico, sulle ali dell'entusiasmo (il successo della campagna in Europa è stato fulmineo) e... dell’urgenza!
Se dunque Greenpeace ha avuto un ruolo rilevante nella denuncia della rete di interessi nei traffici internazionali di rifiuti, e se è riuscita a fermare gli OGM in Europa (e in Italia), il merito è anche di Stefan Weber, tedesco di nascita, svizzero di formazione, italiano di elezione. Uomo dalla mente globale. Al quale auguriamo ancora una volta “buon vento”, ovunque si trovi.