venerdì 3 luglio 2015

Alex LANGER, LA LEZIONE VENT ’ANNI DOPO

di Giulio Marconi da Il fatto quotidiano del 3 luglio 2015
In occasione del ventennale della scomparsa di Alex Langer, pubblichiamo un estratto di “Langer, la conversione ecologica” (Jaca Book, collana “I precursori della decrescita”, diretta da Serge Latouche) a cura di Giulio Marconi, in uscita a settembre R iguardo al pensiero della decrescita, Langer rivendicò sempre la necessità di fermare l’attuale corso dello sviluppo e della crescita economica. Ne individuò i rischi profondi e del sistema industriale denunciò la deriva insostenibile, energivora, distruttiva. Criticò i concetti di crescita e di sviluppo, ne vide la profonda ambiguità, anche quando accompagnati da aggettivi come sostenibile, umano, durevole. Affermò la necessità, per l’appun - to, di una “conversione ecologica”, che per Langer doveva essere desiderata, desiderabile e non imposta dall’alto, in modo autoritario. Il nuovo corso ecologico doveva essere il frutto di una libera scelta, di un desiderio sociale e personale per una vita migliore, una diversa qualità della vita, dell’anelito alla felicità. Anche per Langer la decrescita doveva essere felice e non il risultato di un impoverimento sociale e personale di una maggiore sofferenza economica. Langer non era un pauperista, ma ricercò nelle strade di una decrescita possibile, il raggiungimento di una qualità sociale e ambientale migliore, di più soddisfacenti relazioni sociali, della ricerca di beni immateriali e sociali, individuali e collettivi capaci di renderci più felici. Nei suoi scritti e nel suo lavoro politico fu un prolifico elaboratore di proposte specifiche per un modello di società diverso, alternativo a quello energivoro, consumista, produttivista di un’econo - mia senza limiti e di-struttiva del pianeta. Per lui la “conversione ecologic a”, che riguardava prioritariamente il Nord del mondo, i paesi più ricchi e sviluppati doveva andare di pari passo con il riequilibrio delle relazioni economiche, dell’uso delle risorse e delle materie prime, tra Nord e Sud del mondo. La conversione ecologica si univa alla giustizia sociale, i diritti umani, la cooperazione internazionale. Ebbe a dire ne La cura della natura :“Gli attuali sistemi di produzione, consumo e cultura nei paesi industrializzati sono semplicemente insostenibili, se vogliamo sopravvivere e soprattutto se vogliamo che le popolazioni del Sud possano sopravvivere con dignità”. E ricordò come molti disastri ambientali del Sud del mondo avevano origine nel Nord e arrivò anche a mettere in guardia dai modelli “ecolog ici” imposti al Sud come una possibile trappola per perpetuare i tradizionali modelli di dominio dei paesi più ricchi: “Occorre una scrupolosa ‘valutazione di impatto ambientale’anche nei confronti dell’ambientalismo del Nord che si presenta al Sud o all’Est2”. NELLO SCRITTO sulla “conversio - ne ecologica”Langer mette in evidenza come il mondo abbia “creato falsa ricchezza per combattere false p ov er t à” e non si renda conto che l’allarme “è suonato da almeno un quarto di secolo” e che non bisogna farsi ingannare da quella formula mistificatrice che risponde al nome di “svi - luppo sostenibile”. È possibile un’altra strada, quella di una civiltà ecologica che sia raggiungibile attraverso concreti strumenti operativi e linee di indirizzo politico: il bilancio ecologico, la fiscalità ambientale, le economie regionali (invece dell’integrazione nel mercato mondiale), la redistribuzione del lavoro, le garanzie sociali, la riduzione del peso dell’economia finanziaria, la sperimentazione di nuove produzioni, l’educazione a nuovi consumi. Il cambiamento ecologico deve essere desiderabile. Sinora si è agito all’insegna del motto olimpico “citius, altius, fortius” (più veloce, più alto, più forte), che meglio di ogni altra sintesi rappresenta la quintessenza dello spirito della nostra civiltà, dove l’agonismo e la competizione non sono la nobilitazione sportiva di occasioni di festa, bensì la norma quotidiana e onnipervadente. Se non si radica una concezione alternativa, che potremmo forse sintetizzare, al contrario, in “len - tius, profundius, suavius”(più lento, più profondo, più dolce), e se non si cerca in quella prospettiva il nuovo benessere, nessun singolo provvedimento, per quanto razionale, sarà al riparo dall’essere ostinatamente osteggiato, eluso o semplicemente disatteso. Ma si può risolvere tutto per via politica, come per tanti anni la sinistra (...) aveva in qualche modo indicato? No, per Langer bisogna in ogni caso ricorrere anche a quel cambiamento, al di fuori della politica, che è radicato nella costruzione di adeguate convinzioni personali, etiche, persino religiose. E qui ritorna un vecchio insegnamento della dottrina della Chiesa (ma anche in parte del socialismo umanitario della seconda metà del XIX secolo ) che vede nel cambiamento delle coscienze un passaggio fondamentale per costruire il cambiamento generale, delle relazioni economiche e sociali. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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