(CIOÈ SENZA
AUTORIZZAZIONE):
COSÌ IL PROCESSO ILVA NON SAREBBE MAI PARTITO
IL
MINISTRO FELICE
È
un evento storico, un atto di civiltà: ce lo chiedono
le
vittime e l’opinione pubblica. Il governo non verrà
meno
all’impegno: il sì definitivo entro maggio
IL
VERDE SCONTENTO
Devo
dire quel che penso anche in dissenso da altri
ambientalisti:
si introduce una norma gravissima,
che
renderà impossibile l’azione della magistratura
di
Marco
Palombi
Se
ne parlava da una ventina
d’anni
ed entro maggio il ddl
che
introduce nel codice penale
“i
delitti contro l’ambien -
te”
dovrebbe diventare legge dello Stato
dopo
un iter parlamentare iniziato a
febbraio
2014. Lo ha garantito ieri,
nell’aula
della Camera, il ministro
Gian
Luca Galletti, proprio mentre costringeva
la
sua maggioranza - prima
del
voto finale - a dire sì a un emendamento
richiesto
dai petrolieri per togliere
dal
testo il divieto di utilizzare la
tecnica
airgun
per trovare
petrolio in
mare:
la modifica – l’unica concessa
all’aula
– costringe il ddl a un ulteriore
passaggio
in Senato, dove dovrebbe
passare
con la fiducia proprio per evitare
scherzi
sull’airgun
(il divieto
era
stato
introdotto a palazzo Madama a
inizio
marzo). Insomma, la legge che
dovrebbe
rendere più facile fare giustizia
in
casi come Taranto (Ilva) o Casale
Monferrato
(Eternit) è quasi fatta, eppure
a
leggere il testo - molto atteso e
sponsorizzato
anche da associazioni
ambientaliste
come Wwf, Legambiente
o
Greenpeace – i punti bui sono parecchi.
È
tanto vero che non solo pezzi
di
ambientalismo, ma pure magistrati
che
si occupano del tema la giudicano
assai
negativamente: il punto più controverso
è
la formulazione del delitto di
“disastro
ambientale”, scritto in modo
da
essere difficilmente applicabile alle
grandi
aziende, che sono però le principali
responsabili
dei disastri.
Cosa contiene la legge,
cosa
avrebbe dovuto contenere
La
prima legge penale specifica in materia
ambientale
in Italia risale al 2001:
quella
contro il traffico illecito di rifiuti
che
faceva parte di un pacchetto anticamorra.
Negli
anni successivi i tentativi
di
introdurre gli ecoreati nel codice
penale
si sono sempre scontrati col
muro
delle lobby in Parlamento e questo
nonostante
dal 2008 esista una direttiva
Ue
che obbliga gli stati membri
a
dotarsi di norme per contrastare la
criminalità
ambientale. La mancanza
di
una legislazione penale adeguata - il
Testo
unico ambientale è un’altra cosa
-
è uno dei motivi per cui l’Italia è da
sempre
il paese più sanzionato dalle
autorità
europee in materia ambientale,
cosa
che - al di là dell’onore - ci costa
parecchi
euro l’anno. Ora il ddl ecoreati
in
via di approvazione dovrebbe sanare
la
lacuna. Il condizionale è d’ob -
bligo.
Questo testo incarna i vizi eterni
del
legislatore italiano: ridondanza,
confusione,
pessima scrittura, dolosa o
colposa
che sia.
Prendiamo
come metro di paragone la
direttiva
europea del 2008. Un testo
comprensibile
a chiunque che individua
nove
tipologie di “danni” all’am -
biente
causati da specifiche attività “il -
lecite
e poste in essere intenzionalmente
o
quanto meno per grave negligenza”.
Come
si sa, infatti, senza dolo non
esiste
reato. Ecco i nove illeciti europei:
scarico
di sostanze nocive; raccolta e
gestione
dei rifiuti; traffico di rifiuti;
l’esercizio
di impianti pericolosi; attività
legate
ai materiali radioattivi; l’uc -
cisione
o la distruzione di specie animali
e
vegetali protette; il commercio
di
animali e piante protette (o di prodotti
derivati);
il deterioramento di habitat
protetti
come i parchi naturali; la
produzione
e il commercio di sostanze
che
riducono lo strato di ozono. Tutto
chiaro:
al legislatore bastava usare questa
traccia
e collegare ai vari comportamenti
sanzioni
“efficaci, proporzionali
e
dissuasive” come chiedeva la Ue.
Vediamo
invece cosa prevede la (quasi)
legge
italiana. Introduce quattro
nuovi
reati: inquinamento ambientale;
disastro
ambientale; traffico e abbandono
di
materiale radioattivo; impedimento
al
controllo. Poi c’è il raddoppio
dei
termini della prescrizione, nuove
norme
su confisca dei beni e pene accessorie,
il
ravvedimento operoso
(sconti
per chi ripara i danni), sanzioni
anche
per le persone giuridiche (imprese)
responsabili
del danno.
L’astrattismo
del legislatore
e
il codice “a tarallucci e vino”
Partiamo
dal reato di inquinamento
ambientale:
è punibile col carcere da
due
a sei anni “chiunque abusivamente
cagiona
una compromissione o un deterioramento
significativi
e misurabili”
dell’ambiente.
Il pm Maurizio Santoloci,
già
nella prima formulazionedel ddl, scrisse su dirittoambiente.
net che
il
ricorso a definizioni come “rilevan -
te”
(o le attuali “significativo” e “mi -
surabile”)
è davvero una brutta idea:
“Tutti
principi e concetti sempre
astratti,
che si prestano a prevedibili
battaglie
giudiziarie infinite”, “alle più
disparate
interpretazioni”, creando i
soliti
cumuli di “giurisprudenza controversa”
con
“effetto deterrente e repressivo
irrilevante”.
La situazione
peggiora
se si passa al “disastro ambientale”,
punito
con la galera da 5 a 15
anni
per chiunque “lo cagiona abusivamente”.
La
definizione di cosa sia è -
nota
sempre Santoloci - al solito vaghissima:
“L’alterazione
irreversibile
dell’equilibrio
dell’ecosistema” o un
danno
“la cui eliminazione risulti particolarmente
onerosa”
o “l’offesa della
pubblica
incolumità” per “l’estensione
della
compromissione o per il numero
delle
persone esposte”. Bizzarra anche
la
seconda parte del ddl, “una rivoluzione
totale
(negativa) in tutto il settore
degli
illeciti penali vigenti”, scrive il
magistrato.
In sostanza si crea una corsia
parallela
all’acqua di rose per “i reati
contravvenzionali”
– che, in materia
ambientale,
sono quasi tutti, compresa
la
realizzazione di una discarica abusiva
– “che
non hanno cagionato danno
o
pericolo concreto e attuale” (ma il
danno
all’ambiente si realizza nel tempo).
Qui
c’è la chicca: per “eliminare la
contravvenzione”
per questi reati e
uscirne
immacolati basterà rispettare
le
prescrizioni della polizia giudiziaria.
Sarà
la pattuglia della Forestale o dei
Carabinieri
- e non il tecnico nominato
da
un magistrato - a dare al responsabile
le
“specifiche tecniche” e i “tempi
massimi”
per bonificare: “Il reato ambientale
finisce
a tarallucci e vino”.
“In
Italia non ci facciamo mancare
niente:
ora c’è il disastro abusivo”
La
cosa più spiacevole della prossima
legge
sui reati ambientali è un avverbio:
“abusivamente”.
È una novità introdotta
in
Senato nel precedente passaggio
e
Gianfranco Amendola, procuratoredi
Civitavecchia e uno dei padri
dell’ambientalismo
italiano (il suo In
nome
del popolo inquinato,
i cui diritti appartengono
a
Legambiente, ne è una
sorta
di manifesto), la giudica all’in -
grosso
la fine della legislazione ambientale:
“Noi
italiani non ci facciamo
mancare
mai niente e adesso abbiamo
inventato
il disastro abusivo”. Qual è il
problema?
Semplice, “abusivamente”
nella
legislazione italiana vuol dire una
sola
cosa: privo di autorizzazione. Per i
sostenitori
della legge “abusivamente”
equivale
a “illecitamente”, ma non è
così:
a parte che non si capisce perché
non
scrivere “illecitamente” (la formulazione
della
direttiva Ue) e finirla lì,
ma
il procuratore Amendola ha provveduto
a
collezionare un bell’elenco di
sentenze
della Cassazione che convalidano
la
sua tesi. In sostanza, per i nuovi
delitti
di inquinamento e disastro
ambientale
sarà perseguibile solo chi
non
è in possesso di un’autorizzazione.
Il
problema è che le grandi attività industriali
che
hanno distrutto Taranto,
Priolo,
i laghi di Mantova, Brescia etc.
erano
tutte dotate della loro bella autorizzazione,
spesso
di un’Aia, l’Auto -
rizzazione
integrata ambientale, come
l’Ilva:
niente disastro ambientale, dunque.
Il
che è peraltro reso evidente dalla
premessa
con cui si introduce il nuovo
reato:
“Fuori dai casi previsti dall’ar -
ticolo
434”, che sarebbe poi il “disastro
innominato”
(per cui si procede a Taranto)
e
che continua a essere perseguito
anche
se cagionato “abusiva -
mente”.
Non
è un caso che l’avverbio della discordia,
a
quanto risulta al Fatto
Quotidiano,
preoccupa
(eufemizzando) anche
parecchi
magistrati impegnati nnelle
varie
procure della penisola in importanti
processi
su disastri ambientali,
bonifiche
mai fatte e tutto quel complesso
di
situazioni plasticamente rappresentato
dalla
sessantina di “siti contaminati”
italiani
tra quelli di “interes -
se
nazionale” (Sin) e quelli di competenza
delle
regioni. Curiosamente anche
Confindustria,
nella sua audizione
in
Senato, sembra interpretare il termine
“abusivamente”
esattamente come
il
procuratore Amendola. Un’espres -
sione,
dice l’associazione degli industriali,
“troppo
ampia” perché comprende
anche
eventuali annullamenti
delle
autorizzazioni in corso d’opera.
L’ambientalismo
spaccato
e
la retorica del ministro
A
viale dell’Astronomia si faranno comunque
una
ragione di eventuali perplessità,
visto
che hanno ottenuto la
cancellazione
del divieto sull’airgun
.
Il
ministro
Galletti, ad ogni buon conto,
già
suona la grancassa: “Questa legge è
un
evento storico: ce la chiedono le vittime,
le
associazioni ambientaliste e soprattutto
la
gente. È un atto di grande
civiltà.
Il governo non verrà meno
all’impegno
e quindi il ddl sarà approvato
entro
maggio”. Mentre festeggiano
il
governo, i partiti e i vertici di quasi
tutte
le associazione ambientaliste, va
registrata
la posizione di Angelo Bonelli,
portavoce
dei Verdi: “La mia storia
mi
impone di dire quello che penso
anche
in dissenso da altri ambientalisti
con
cui negli anni ho condiviso molte
battaglie.
Con la legge sugli ecoreativiene
introdotta una norma gravissima
che
renderà impossibile l’azione della
magistratura:
con questa norma l’in -
chiesta
e il processo sull’Ilva non ci sarebbe
mai
stato”. Di più: “Molti reati
ambientali,
anche alcuni di quelli contenuti
in
questo ddl, sono già stati depenalizzati
grazie
al decreto legislativo
sulla
cosiddetta tenuità del fatto”. il fatto quotidiano 6 maggio 2015
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