domenica 1 marzo 2015

UN APPELLO E UN AIUTO IMMEDIATO PER LE VITTIME DI CHERNOBYL IN UCRAINA

UN APPELLO E UN AIUTO IMMEDIATO PER LE VITTIME DI CHERNOBYL IN UCRAINA

UN APPELLO E UN AIUTO IMMEDIATO PER LE VITTIME DI CHERNOBYL IN UCRAINA
DOPPIAMENTE  VITTIME. URGE AIUTARLE SUBITO

Questa mattina (01/03/15) ho avuto una lunga conversazione telefonica con il prof. Bandazhevsky.



Volevo avere conferma di un invito che gli avevo rivolto per venire in Italia, ma mi ha fatto presente che con l’attuale situazione, presente in Ucraina, è difficile prevedere la garanzia del rientro. Per cui, meglio soprassedere. Poi, ovviamente e stimolato da me, è partito il discorso sul suo lavoro per le vittime di Chernobyl e sulla situazione nelle zone contaminate dell’Ucraina, in particolare riguardo alla popolazione che vive nella provincia di Ivankove di cui espressamente si sta occupando (o meglio, si occupava) il professore.

La situazione si evince dalle slides che il professore mi ha consegnato tempo fa.

Il tono del professore si è fatto subito accorato, a volte veloce quasi a volere superare l’ansia che gli avevo procurato con la domanda: “Massimo, ma non riesci a capire che siamo in un’economia di guerra? Qui gli istituti non lavorano più, i centri di ricerca sono fermi, non si fanno più esami, la gente viene chiamata alle armi, la popolazione che vive nelle zone contaminate comincia a piangere i propri figli caduti nel conflitto con la Russia. Non ci sono nemmeno i soldi per mettere la benzina negli automezzi per andare a Ivankov, la gente non riceve stipendi, è affamata e il problema delle conseguenze di Chernobyl passa in ultimo piano, anche nella percezione delle stesse persone che ne sono vittime”.

Questo, in sintesi, il succo della risposta del professore che più volte mi ha ripetuto questi stessi concetti quasi a volersene liberare. Una risposta che non guarda a Kiev, ma alla periferia,  a quelle fasce della popolazione marginalizzate e più lontane dall’attenzione mediatica e immerse completamente nel pantano delle conseguenze sociali ed ecologiche dell’attuale economia di guerra dell’Ucraina. Quelle fasce a cui il professore è più vicino avendo scelto di vivere non nella capitale, ma in prossimità con la “sua gente”.



E così i toni preoccupati del professore sono diventati il mio turbamento. Ho cominciato a pensare a lui, ora che pare doppiamente sconfitto: prima dall’esilio dalla sua terra, la Bielorussia, per avere denunciato le conseguenze di Chernobyl e, adesso, messo nella condizione di non intervenire. Una beffa e un’ingiustizia che ormai da anni perseguitano la sua onestà intellettuale di uomo e scienziato.

E ho cominciato a pensare alla popolazione che vive in territorio contaminato in “tempo di guerra”. Il professore mi ha espresso più volte il concetto di guerra, quasi fosse sicuro della mia (nostra) difficoltà a riconoscerne la portata, concentrati a considerarne gli sviluppi solo nel Donbass. Sicuramente la situazione della popolazione civile nel Donbass è difficilissima e più drammatica perché è la zona delle operazioni militari. Ma le gravi conseguenze di Chernobyl, che da 29 anni continuano ad agire senza soluzione di continuità, si stanno ulteriormente aggravando, con il rischio – già  nel medio termine - di fare più vittime del Donbass, solo più silenziose e, tragicamente, meno coinvolgenti da quelle brutalmente buttate in prima pagina dai mass media. Vittime emotivamente meno coinvolgenti e per questo ancora di più dimenticate.

Oltre alle ingiurie delle conseguenze dell’incidente, la “popolazione di Chernobyl” soffre le conseguenze economiche dell’ “economia di guerra”, senza protezione sociale, senza cure, affamata, ma nutrendosi “gratuitamente” di radionuclidi.

Nemmeno il pulmino del professore può più raggiungerla, se non per fare gli esami, almeno per ribadire la necessità della maggiore consapevolezza possibile e per portare conforto, affinchè alla beffa di Chernobyl non si aggiunga l’inganno della contingenza che un domani, stabilizzatosi la situazione (come tutti ci auguriamo!) le conseguenze non siano più tragiche e affinchè all’attuale pianto  per quei “bambini di Chernoyl” diventati adulti e ora morti al fronte,  non si unisca in futuro il pianto colpevole per altrettanti morti che avrebbero  potuto, fin da ora - anche se in “economia di guerra” – essere evitati….

Basterebbe che vi arrivasse un pulmino!

Per questo lancio l’APPELLO PER UNA SOTTOSCRIZIONE perché il pulmino possa tornare, intendendo con esso la possibilità di tornare a dare un briciolo di attenzione alle popolazioni che vivono in territorio contaminato, portare conforto e aiuto nelle situazioni più compromesse, continuare l’azione di vigilanza sanitaria, permettere al professore Bandazhevsky di ridare senso alla sua scelta di rimanere “cittadino di Chernobyl” e dignità alla “sua gente.



IL PROGRAMMA UMANITARIO E SCIENTIFICO DEL PROF. BANDAZHEVSKY DEVE CONTINUARE: dobbiamo fare in modo che non si fermi del tutto! Per quanto compromesso dall'economia di guerra, possiamo contribuire a farlo spravvivere!

A metà aprile mi recherò in Ucraina, incontrerò il professore, gli donerò quanto raccolto e assieme a lui mi recherò a Ivankov con un pulmino…stavolta con il pieno di benzina.

Mi raccomando, non una cifra simbolica, ma concreta e sostanziosa!

Come consuetudine associativa e, come per tutte le iniziative di raccolta fondi che abbiamo fatto come Mondo in cammino, massima trasparenza sulle donazioni (che verranno di seguito elencate) e sulla destinazione.

Chi vorrà condividere il viaggio di metà aprile o ragionare sulle modalità di aiuto è pregato di venire all’evento “Voci e storie di un mondo in cammino” del 21 marzo 2015 a Carmagnola, dove potremo parlarne

>>Per donare CLICCARE QUIscegliere la modalità e indicare come causale “Ucraina”<<.

Massimo Bonfatti
Presidente di Mondo in cammino

  
Grazie per l'attenzione e la divulgazione!
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