domenica 1 marzo 2015

Tirreno Power Vado Ligure, allarme dei pm “Istituzioni contro di noi”

IL PROCURATORE CHE INDAGA SUI MORTI DELLA CENTRALE TIRRENO POWER: “HO LA SENSAZIONE CHE LA VERA CONTROPARTE NELL’INCHIESTA SIANO REGIONE E COMUNI, NON L’A Z I E N DA”  TUTTI COINVOLTI Indagati anche i politici. Dalle intercettazioni elementi per aprire fascicoli sugli appalti Costa Concordia e alluvione 2014
di Ferruccio Sansa L a vera controparte” nell’inchiesta “sono diventati la Regione Liguria, i Comuni, la Provincia. Io non mi meraviglio che l’amministratore delegato di Tirreno Power ce la metta tutta per dimostrare la sua innocenza, ma anche per riaprire l’azienda. Se, invece, questo lo fanno le istituzioni, mi crea un certo imbarazzo”. 22 gennaio 2015: davanti alla Commissione Parlamentare sui rifiuti si presenta il procuratore di Savona, Francantonio Granero. Comincia un’audizione che è un macigno nello stagno della politica ligure. Parla di rifiuti, ma soprattutto della centrale a carbone di Vado Ligure. Le parole di Granero chiamano in causa le istituzioni. Soprattutto la Regione – il presidente Claudio Burlando è indagato per concorso in disastro ambientale doloso – e i Comuni della zona. Granero: “Sono state fatte moltissime intercettazioni, da cui derivano prove dirette di condotte che vanno a integrare l’ipotesi di reato contestato… Ci siamo resi conto che tutto ciò che veniva architettato e deciso era fatto per eludere, non per risolvere”. È noto che tutte le forze politiche – tranne M5S, parte della sinistra e Verdi – hanno assunto posizioni vicine a Tirreno Power (in passato controllata dal gruppo di Carlo De Benedetti). Non solo: Tirreno Power ha sponsorizzato iniziative del Comune di Savona (centrosinistra). Impossibile sapere, finora, se abbia anche finanziato partiti e campagne elettorali. Per non dire, ovviamente, delle associazioni degli industriali: sempre a favore della centrale. Motivo ufficiale era la difesa dei posti di lavoro. Ma anche su questo Granero ha una versione diversa: “Insieme alla collega Chiara Maria Paolucci, avevamo la sensazione di essere gli unici due che davvero si preoccupassero dei lavoratori. Questi sembravano una variabile inesistente”. AGGIUNGE il procuratore: “Ci risulta dai verbali del Cda che già nel 2012, o forse addirittura nel 2011, fosse previsto il licenziamento di quelle 116 persone che sono state poi licenziate nel 2014, dopo il sequestro. Non sono state licenziate perché c’è stato il sequestro preventivo”. Ancora Granero: “Ci sono grossissime difficoltà che emergono dalle scritture contabili dell’azienda, oltre che dalle intercettazioni, circa la liquidità del socio italiano, che è Sorgenia – in realtà Sorgenia e poi Cir – con un’esposizione bancaria tra 700 e i 900 milioni”. Ma gli operai oltre ai cittadini dovevano preoccuparsi anche della propria sopravvivenza: “Abbiamo un numero di morti che non è inferiore a 440, riferiti solo alla centrale. Inoltre, registriamo 1.900 ricoveri per malattie cardiovascolari e respiratorie, esclusi i tumori. È certo che il carbone e la sua combustione provocano il tumore”. Addirittura emerge il dubbio che la centrale bruciasse anche rifiuti. Granero: “Non ho ancora avuto modo di accertarlo. È un sospetto”. La relazione di Granero è un quadro devastante sulla gestione dei rifiuti in Liguria e sulle infiltrazioni mafiose: “La mia sensazione è che non ci sia una sola cava o una sola discarica che sia completamente in regola. Lei mi dovrebbe chiedere: «Lei che cosa fa?» Mi creda, tutto quello che siamo riusciti a fare – noi siamo sette – lo stiamo facendo”. È un susseguirsi di allarmi: cave gestite da mafiosi, cokerie con impianti ottocenteschi. Il presidente della Regione Claudio Burlando, anche lui sentito dalla Commissione, ricostruisce la gestione dei rifiuti in Liguria. Si sofferma sulla figura dell’imprenditore Gino Mamone, arrestato mesi fa per appalti anche legati all’alluvione. Mamone era il re degli appalti pubblici per bonifiche e gestione rifiuti; mai indagato per mafia, secondo le informative della Finanza, era però il “pun - to di contatto” tra politica e ambienti ‘ndranghetisti e aveva legami con Burlando e il presidente del porto di Genova, Luigi Merlo (marito di Raffaella Paita, candidata Pd alle regionali): “Alcuni di questi appalti – spiega Burlando – sono stati vinti da Eco.ge, che successivamente è stata segnalata come azienda da monitorare, anche se non ha mai avuto misure interdittive per la partecipazione ad appalti pubblici”. Burlando racconta di aver chiesto un parere al prefetto. Aggiunge un passaggio che pare quasi difendere Mamone: “Questa impresa per anni e anni è stata nel limbo. Nel frattempo, è andata a rotoli e i lavoratori stanno perdendo il lavoro. Peraltro, tutti quelli che hanno avuto a che fare con questa impresa ne sottolineavano la preparazione tecnica”. Il governatore nell’audizione non fa cenno al fatto che Mamone e la sua società hanno finanziato l’associazione Maestrale dello stesso Burlando. Così come tace sull’inchiesta della procura di Genova su un possibile ricatto di Mamone ai danni di Burlando. Dice Gino Mamone in un’intercettazione: “Digli a Burlandino che Gino sta chiudendo, che poi va da Pinto (il pm, ndr), non ti preoccupare che gli viene il cagotto”. E SU VADO? Burlando dichiara: “Il procuratore ha una perizia che dice bianco e noi abbiamo dei pareri degli uffici che non dicono beige, ma nero. Come faccio io, a cuor leggero, a fare un atto che comporta che 500 persone vadano a casa con il dato che mi fornisce la struttura?”. Burlando pare addirittura replicare al pm: “È un abuso d’ufficio decretare la chiusura della centrale con uffici che indicano che questa centrale potrebbe andare avanti”. Ora le intercettazioni diranno cosa si nasconde dietro i fumi di Vado. E non solo. Dalle conversazioni registrate la procura di Genova aprirà altri fascicoli su appalti miliardari: Costa Concordia, alluvione 2014, Gronda autostradale (una grande opera molto contestata) e discarica di Scarpino. il fatto quotidiano 1 marzo 2015

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