sabato 21 febbraio 2015

Petrolio, un altro airgun in Sardegna

Questa volta il lupus in fabula è una dittanorvegese, la Tgs-Nopec che si autodefinisce “la principale società a livello mondiale specializzata in acquisizioni di dati geofisici multi-client”.Non sono dei veri petrolieri, quanto invece specialisti di airgun: acquisiscono dati e poi rendono i loro risultati “disponibili” ai petrolieri. Non è chiaro se a pagamento o per amore dei loro “multi-client”.
Questa ditta ha richiesto al Ministero dell’Ambiente di poter svolgere ricerche petrolifere nei mari di Sardegna secondo il progetto d 2 E.p-.Tg che prevede l’acquisizione di circa 7800 chilometri di dati i fra le provincie di Oristano e di Sassari, passando per i comuni di Stintino, Oristano, Bosa, Tresnuraghes, Olbia, Cuglieri, Alghero, Porto Torres, Sassari, Narbolia, San Vero Milis, Villanova Monteleone, Magomadas.
Come per le concessioni precedenti, di Sardegna da parte della Schlumberger e di Francia da parte della Abyssea, a poca distanza c’è il santuario marino Pelagos, istituito in Italia dal Ministero dell’Ambiente nel 1991 e classificato come Area Specialmente Protetta di Interesse Mediterraneo.
Perché ci hanno fatto un santuario? Perché a causa della speciale conformazione geografica dell’area e dell’abbondanza di cibo per cetacei, negli anni Novanta di cetacei ce ne erano molti. L’università di Barcellona e Greenpeace censirono 830 balenottere comuni nel 1992. Ma non tutto ha funzionato come doveva: dopo più di venti anni, le misure di tutela non sono adeguate, ed il numero di cetacei nell’area si è ridotto notevolmente. Ad esempio, nel 2008, secondo Greenpeace di balenotteri comuni ne erano rimasti poco piu di 200.
La concessione sarda è 12 miglia dal confine con il santuario, anche se – bontà loro! – per le prime tre miglia della concessione, i norvegesi eseguiranno soltanto manovre. Per la vita marina 12 o 15 miglia non sono niente.
La Tgs-Nopec resterà all’opera per circa duecento giorni con violenti spari di airgun ogni dieci secondi, su archi che possono anche durare 24 ore su 24, con intensità massima che supera i 260 decibel. Loro stessi dicono che ci possono essere impatti sui cetacei già a partire dai 120 decibel. Cioè bombarderanno con suoni che sono miliardi e miliardi di volte superiori a quanto questi poveri animali possono sopportare.
Ci sono nelle vicinanze varie aree protette, vari siti di interessecomunitario, varie zone di protezione speciale, proposte o esistenti. Ma siamo tranquilli, è tutto sotto controllo e non ci saranno effetti. Ovviamente dicono che è tutto fatto a causa de “l’importanza e l’urgenza di perseguire la strada dellindipendenza energetica” in Italia.
Come sempre, tutto va visto in un ottica maggiore: qui non si tratta “solo” di airgun. Si tratta di aprire un ampio pezzo di mare ai petrolieri, e per periodi pluridecennali, con le loro trivelle, le loro navi, i loro fanghi di perforazione, i loro pericoli di scoppi, il loro inquinamento. L’airgun è solo il primo passo. E’ questo che vogliamo per i mari di Sardegna?  Ricordo che in Florida, il limite alle trivelle è di 200 km da riva per proteggere il turismo.
Mi chiedo che parere darà il Ministero dell’Ambiente, lo stesso che ha istituito il santuario Pelagos nel 1991? Troveranno un democristiano compromesso? Della serie, si può fare tutto assieme – airgun, petrolio, cetacei e turismo? Oppure riconosceranno che quello che hanno creato nel 1991 deve adesso essere difeso a spada tratta? Spero che prevalga il buonsenso, come già successo sia per laconcessione della Schlumberger che della Abyssea.
Qui immagini della concessione e maggiori approfondimenti. http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/02/20/petrolio-un-altro-airgun-in-sardegna/1441734/

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