sabato 22 novembre 2014

Spartiacque nella città di periferia l'avvertimento al giudice Lucia Aielli a Latina

M I NAC C E ci sono state contro il
giudice Nicola Iansiti che ha ricevuto
un proiettile via posta; e altri
proiettili furono spediti all’ex questore
Nicolò D’Angelo; e poi ci sono
state le auto bruciate in serie al
vicesindaco di Aprilia, il quale, stremato,
si è dimesso. Messe tutte
insieme in ordine e in sequenza
temporale fanno più paura che a
caldo. E, in più, rimandano l’imma -
gine di un territorio che ha una
quantità di smagliature nella legalità
da far tremare i polsi. Una volta
che nel mirino è entrato il Tribunale,
cioè la massima espressione
dell’amministrazione della giustizia,
resta davvero poco altro per
sperare che si possa tornare indietro
o andare avanti solo grazie alla
solidarietà, pur legittima, sentita e
apprezzabile. A chi nuoce un Tribunale
che funziona? In realtà a una
molteplicità di soggetti e alcuni di
questi «soffrono» più di altri. Non si
tratta solo delle sentenze inflitte alla
fine del dibattimento ma anche di
cosa succede nei dibattimenti. Come
vengono trattati i testimoni per
esempio, anche quelli reticenti, improvvisamente
smemorati se non addirittura
minacciati. E poi ci sono le
misure cautelari personali e reali, le
misure di prevenzione, fronte quest’ultimo
su cui proprio l’Ufficio di
Latina ha mostrato grande impegno
negli ultimi due anni, anche in considerazione
dell’imponente volume
di patrimoni accumulati illecitamente
su tutto il territorio e non solo
dalla malavita organizzata. La vita
attiva in piazza Buozzi non è stata
mai davvero «semplice» o da periferia
dell’impero. Due processi per
fatti di mafia sono stati trasferiti a
Roma per motivi di sicurezza e per
la stessa ragione uno si è svolto a
porte chiuse. Era il sintomo di una
malattia più grave del clima intimidatorio
e pesante che avvolge alcuni
casi giudiziari gravi, con il rischio
di pene pesanti. Se ne sono registrati
anche altri in processi meno delicati.
Adesso di fronte al manifesto
minatorio tutto questo sembra un
«quadro indiziario» concordante e
inequivoco sul livello di scontro e
insicurezza che si stava alzando, sul
termometro messo al centro della
criminalità dilagante che già scottava.
La larga solidarietà espressa ieri
al giudice Aielli aiuta ad evitare la
classica frase «non lasciamola sola
». E può aiutare altresì a rivedere
i giudizi allegri, facili e sbrigativi,
dati finora su chi lancia allarmi
contro la criminalità o su chi parla
di una città effettivamente sempre un
po’ sola.
Graziella Di Mambro

IL QUOTIDIANO - Giovedì 20 Novembre 2014 Latina 3

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