mercoledì 26 novembre 2014

Latina, nuovi arresti per la discarica di Borgo Montello

E’ la seconda volta nel giro di un mese per il gruppo Grossi, una delle principali aziende di rifiuti italiane. Il braccialetto elettronico è scattato di nuovo questa mattina per l’intera famiglia di imprenditori lombardi, su ordine del Gip di Latina che ha accolto le richieste del pubblico ministero Luigia Spinelli, nate da un’inchiesta della Squadra mobile della capitale pontina. Ai domiciliari sono finiti i fratelli Andrea, Simona e Paola Grossi, insieme alla madre – vedova del capostipite Giuseppe – Rina Marina Cremonesi. Stessa misura cautelare è stata emessa per i manager della Green Holding – azienda di famiglia – e della Indeco – società controllata che gestisce la discarica di Borgo Montello a Latina – Ernesto D’Aprano, Vincenzo Cimini e Paolo Titta. L’accusa è di aver truffato decine di comuni, gonfiando le spese di gestione dei rifiuti di Borgo Montello, grazie a forniture con cifre milionarie e fuori mercato avvenute all’interno dello stesso gruppo.
Questa seconda tranche dell’inchiesta è nata dalle perquisizioni effettuate lo scorso ottobre dopo i primi arresti, poi annullati dal Tribunale del Riesame. In quel caso i magistrati avevano contestato il peculato, per aver distratto i soldi destinati alla bonifica della discarica. Se quella prima accusa non ha, al momento, retto il vaglio del tribunale del riesame, preziosi sono stati i documenti sequestrati nelle sedi sociali delle ditte coinvolte. Gli agenti della squadra mobile insieme ai consulenti della Procura hanno letto con molta attenzione i contratti d’affitto dei macchinari utilizzati per la gestione dei rifiuti sversati nella discarica di Borgo Montello. Mezzi che una società controllata dalla stessa famiglia Grossi, la “Alfa Alfa”, forniva a prezzi estremamente alti: per una pala meccanica costata poche centinaia di euro, ad esempio, Indeco pagava quasi diecimila euro di affitto. Cifre che fanno lievitare il valore reale dei mezzi, grazie a fatture che alla fine entrano direttamente nella tariffa pagata dai comuni: “A fronte di un costo di 1,9 milioni di euro – scrivono i magistrati di Latina – sostenuto dalla concedente “Alfa Alfa” per l’acquisizione dei mezzi d’opera, la stessa ha addebitato ad “Indeco” canoni di noleggio per un importo 6,5 volte superiore, pari a 12,6 milioni di euro”. E l’analisi si è per ora fermata al solo bacino S8 di Borgo Montello, sito attualmente aperto, senza analizzare quanto avvenuto nel passato.

Le false certificazioni. I costi inseriti nella tariffa dovevano basarsi su una certificazione emessa da una società di revisione indipendente. A scegliere il nome del responsabile dell’audit doveva essere la regione Lazio, con un criterio di rotazione. Così non sarebbe avvenuto, secondo l’inchiesta: “Non risulta nessun atto formale – contestano i magistrati – di fonte regionale da cui risulti la scelta ad opera dell’ente della società di revisione”. In sostanza sembrerebbe che il sistema di controllo sia stato di fatto aggirato. Non solo. Secondo la Procura di Latina le certificazioni sarebbero “false” e rilasciate dalla Fausto Vittucci Sas, ovvero la stessa agenzia che certifica i bilanci della Green Holding. Una posizione che per gli investigatori non garantiva la necessaria indipendenza

Il ruolo della Regione Lazio. “Il controllo dovuto dalla Regione – annotano i magistrati – nella fase endo-processuale si è rivelato allo stato quanto meno inefficace, salvo ulteriori approfondimenti investigativi”. Se al momento nessun funzionario regionale risulta indagato, tanti sono i dubbi che emergono dall’indagine sul ruolo di vigilanza della Regione Lazio. Mentre venivano eseguite le ordinanze di custodia cautelare, gli agenti della Squadra mobile di Latina consegnavano all’assessore Michele Civita e a due funzionari dell’area rifiuti un avviso a comparire. L’esponente del Pd verrà sentito come persona informata sui fatti – così come i due funzionari – ma non c’è dubbio che le domande degli investigatori rappresentino un passaggio importante dell’inchiesta. Intanto dovrà essere chiarita la questione delle garanzie finanziarie a supporto delle bonifiche, punto chiave della prima indagine. L’assessore Civita e l’ufficio regionale dovranno poi spiegare perché nessuno si sia accorto di quei costo gonfiati, quando – per legge – la tariffa deve essere verificata dalla regione Lazio.

Il tesoro della famiglia Grossi. La società della famiglia Grossi Alfa Alfa intanto ha accumulato un notevole tesoro, investito in auto e moto d’epoca. Una collezione privata evidenziata dalla Procura di Latina, con un valore stimato di 11 milioni di euro. C’è poi un elicottero privato (valore 131 mila euro) e imbarcazioni per poco meno di un milione di euro, oltre al castello già emerso durante la prima inchiesta dello scorso ottobre. Una vera passione per le collezioni, che i figli di Giuseppe Grossi hanno ereditato dal padre. Quando nel 2009 il capostipite venne arrestato dalla Procura di Milano per la mancata bonifica della zona di Santa Giulia, i magistrati scoprirono una serie sterminata di orologi preziosi: valore dell’epoca sei milioni di euro. Un vero re Mida, che trasformava la monnezza in oro. http://www.liberainformazione.org/2014/11/26/latina-nuovi-arresti-per-la-discarica-di-borgo-montello/

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