venerdì 24 ottobre 2014

Macellazione rituale, l’investigazione di Animal Equality

di Tamara Mastroiaco | 21 ottobre 2014 Abito in un quartiere di Roma dove i macellai, fino a qualche anno fa, non “esistevano” più; con questo non voglio dire che non si vendesse più la carne, ma per trovarla dovevi andare negli ipermercati. Botteghe artigiane (tra cui i vini e olii che caratterizzavano alcune vie) e negozi storici spazzati via, a poco a poco, dai mostri di cemento. Tra questi anche le macellerie. Mi dispiace moltissimo per tutti gli altri esercizi commerciali ma non per quest’ultime. Ero contenta di passeggiare tra le vie e non dovermi più imbattere in luoghi che esponevano cadaveri di ogni specie appesi a ganci di ferro o adagiati su vassoi dei banchi frigo.

Con l’arrivo della comunità islamica, però, sono spuntati sulle vetrine degli spacci dei cartelli con su scritto halāl. Per mancanza di tempo o per scarsa curiosità, le persone spesso non si documentano o soffermano sul significato di questa parola. Per questa ragione, credo che la video-investigazione lanciata da Animal Equality sia importante “per porre attenzione sulla sofferenza degli animali e non per attaccare la comunità islamica”, come sottolinea Matteo Cupi, presidente dell’associazione in Italia. Le immagini, girate dai volontari sotto copertura, mostrano cosa si cela dietro la macellazione rituale. Affinché la carne possa essere considerata alāl, gli animali devono essere coscienti al momento dell’uccisione senza essere storditi preventivamente. A praticare il taglio sul collo deve essere un macellaio appartenente alla comunità religiosa, che con un coltello affilatissimo, recide la vena giugulare e l’arteria dell’animale, per farlo morire dissanguato, poiché il sangue è considerato un alimento vietato in quanto simbolo di vita. Questa è la procedura della macellazione rituale che avviene per rispettare i precetti provenienti dai testi sacri della religione ebraica e musulmana.
Il video mostra una realtà mai documentata prima in Italia, dove centinaia di montoni, vengono uccisi barbaramente, dopo ripetute violenze. Per farli salire sui camion vengono presi a calci, calpestati e maneggiati con una brutalità inaudita. L’allegato III del Regolamento (CE) 1099/2009 “vieta che gli animali vengano sollevati o trascinati per la testa, le orecchie, le corna, le zampe, la coda o il vello”. Una volta arrivati al macello vengono posti in recinti, legati, e costretti a assistere, in preda al panico, allo sgozzamento dei propri simili. Il Dr. Adele Lloyd, Vice-Presidente del Sentient, Istituto Veterinario per l’Etica Animale in Australia, ha dichiarato: “Con il dissanguamento la morte cerebrale dovrebbe avvenire in venti secondi ma può avvenire anche molto più tardi come nel caso dei montoni del video; è molto angosciante da vedere perché probabilmente questi animali stanno provando un dolore fisico intensissimo“. I montoni sono ancora vivi anche durante la separazione delle pelli realizzata con un compressore; poiché il tessuto connettivo è innervato, il procedimento gli crea un intenso e insopportabile dolore fisico.
Attenzione: le immagini che seguono possono urtare la vostra sensibilità
La macellazione rituale non è illegale poiché il Regolamento (CE) 1099/2009 “relativo al benessere degli animali durante l’abbattimento” la regolamenta; tale direttiva prevede che la macellazione avvenga solo previo stordimento dell’animale, tuttavia riconosce un’eccezione nel caso della macellazione rituale. La normativa garantisce inoltre agli strati membri dell’Ue, l’autonomia decisionale in tema di deroghe all’attuale legislazione riguardante stordimento e macellazione. Così alcuni paesi come la Polonia, laSvizzera, l’Austria e la Danimarca hanno vietato la macellazione rituale mentre altri come l’Italia la consentono. Se vogliamo che il nostro paese entri nella lista degli stati che hanno detto ‘no’ alla macellazione rituale, dobbiamo diffondere questa campagna e firmare la petizione.
Premesso che per me, e suppongo anche per gli attivisti dell’associazione, qualsiasi tecnica di uccisione, anche quella praticata nei comuni macelli, è disumana e brutale e, premesso che, la richiesta di vietare la macellazione rituale in Italia non è sicuramente la soluzione risolutiva per abolire totalmente la macellazione eseguita con qualsiasi metodo, credo che la campagna sia fondamentale per “evitare che i piccoli passi in avanti fatti nel percorso per il riconoscimento dei diritti animali siano vanificati da altrettanti passi indietro”.
Voglio condividere con voi, per concludere, le parole di uno degli attivisti che mi hanno particolarmente colpito: “Ricordo quando sono andato a filmare il carico di questi animali diretti al macello; c’era un capretto che giocava, scornava le balle di fieno, correva, si arrampicava sulla schiena dei montoni. Dopo qualche ora, mentre mi trovavo all’interno del macello, ho sentito un belato disperato, mi sono girato, era lui. Un operatore lo stava portando all’interno dove un altro lo attendeva per legargli le zampe. Il capretto continuava a belare disperato e il responsabile ha ordinato di ucciderlo subito perché rompeva i coglioni (testuali parole). Uno di loro gli ha tagliato la gola mentre l’altro gli teneva la bocca serrata. Questa scena mi è rimasta dentro e ci rimarrà per sempre. Vedere due uomini grandi e grossi piegati e inginocchiati sul suo piccolo corpo, per tenerlo fermo, mi ha fatto rabbrividire, e poi quel gesto…tenergli la bocca tappata per non farlo strillare; tutto ciò mi ha fatto staccare per un attimo dalla concentrazione e dal distaccamento che solitamente riesco a tenere quando sono intento a filmare in un macello o in un allevamento”. Possiamo solo lontanamente immaginare quanto sia stato doloroso per questa persona assistere impotente alla scena. Credete sia possibile cancellare le conseguenze emotive e cognitive di un’investigazione? Rimangono cicatrici indelebili… http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/10/21/macellazione-rituale-linvestigazione-di-animal-equality-2/1162907/

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