sabato 6 settembre 2014

“Non date informazioni ai pm”. La “circolare Craxi” ai Servizi sui segreti di Stato

Una direttiva emanata dalla presidenza del Consiglio nel luglio del 1985 e desecretata ora insieme alle carte sul caso Alpi-Hrovatin, elencava una lunga casistica per specificare in quali fattispecie poteva essere invocato il segreto di fronte ai pm

di  | 6 settembre 2014Non rivelare i compiti e l’impiego dei servizi segreti. Non rivelarne le strutture. Non rivelare le operazioni e le attività di intelligence, le infrastrutture e i poli operativi. Non rivelare gli assetti e il funzionamento di impianti reti di telecomunicazione e dei radar. Ecco il contenuto di una direttiva della Presidenza del Consiglio datata 30 luglio 1985, e coperta da segreto fino a poche ore fa, che potrebbe costituire un’importante chiave d’accesso agli ultimi trent’anni di misteri italiani. 
Si chiama “circolare Craxi”, emessa dall’allora presidente del Consiglio Bettino Craxi e diretta ai vertici dei servizi segreti civili e militari italiani e al segretario del Cesis, l’organo di coordinamento dell’intelligence, per specificare il significato e l’estensione del segreto di Stato. E illustrare agli agenti dei servizi segreti come evitare di rispondere ai magistrati che potevano chiedere ragione in tribunale di segreti e misteri repubblicani. La direttiva è contenuta nelle carte declassificate dalla Camera dei Deputati sull’omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, ed è stata richiamata in un appunto del Sismi del 5 dicembre 2000.
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Il ministro dell’Interno allora (messo a conoscenza della direttiva) era Oscar Luigi Scalfaro, eletto in seguito presidente della Repubblica, quello della Difesa Giovanni Spadolini. Tante erano le indagini in corso in quel momento, che vedevano il coinvolgimento degli apparati di sicurezza. Ustica, Bologna, le stragi degli anni ’70, gli attentati ai treni, la strategia della tensione, l’attività dei gruppi eversivi. E ancora, l’istruttoria del giudice Carlo Palermo sui traffici di armi, bloccata qualche anno prima proprio da Bettino Craxi. Nel 1985 si stava poi concludendo la fase d’indagine – condotta dal pm romano Giancarlo Armati – sul rapimento dei due giornalisti italiani Italo Toni e Graziella De Palo, spariti a Beirut il 3 settembre 1980. E proprio su questa inchiesta un anno prima Bettino Craxi aveva confermato il segreto di stato invocato dall’agente del Sismi Stefano Giovannone, rinnovato nel 2009 da Silvio Berlusconi. In quel caso la presidenza del consiglio dei ministri aveva fermato le indagini sui rapporti tra il Sismi e l’OLP, ovvero il cosiddetto “lodo Moro”, accordo ritenuto dalla magistratura collegato con il movente del rapimento e dell’omicidio dei due giornalisti.
La circolare dava istruzioni precise e circostanziate sulla concreta applicazione dell’articolo 12 della legge sui servizi segreti 801, emanata nel 1977. La norma stabiliva che il segreto poteva essere invocato su notizie ”la cui diffusione sia idonea a recar danno alla integrità dello Stato democratico”. Per l’allora presidente del consiglio quella legge si limitava ad enunciare “una serie di criteri che rimettono alla discrezionalità”. Il rischio era che qualcosa alla fine potesse trapelare. Dunque – in allegato alla direttiva – venne inserita una lista precisa, dettagliata, una casistica che includeva di fatto tutta l’attività dei servizi di sicurezza. In pratica nulla poteva essere raccontato ai magistrati che indagavano sulle stragi, sui traffici di armi, sui rapimenti e sugli omicidi di giornalisti italiani.
Non è chiaro fino a quando la “circolare Craxi” sia rimasta in vigore. In linea di principio almeno fino all’ultima riforma dei servizi di sicurezza del 2007, che ha ridisegnato anche il funzionamento del segreto di Stato. Di certo l’applicazione di quelle direttive può aver dato la necessaria copertura ai funzionari dell’intelligence chiamati a deporre dai magistrati, permettendo loro di non rivelare eventuali operazioni non convenzionali. Colpisce, ad esempio, il riferimento agli impianti radar: la strage di Ustica era avvenuta cinque anni prima e le indagini, in quel momento, trovano difficoltà e depistaggi.
Poco dopo la firma della circolare partono alcune operazioni ancora oggi opache, che vedono Bettino Craxi protagonista. Nel 1987 l’agente di Gladio Vincenzo Li Causi dirigerà un’azione di aiuto all’allora presidente socialista del Perù Alan Garcia, un miliardo di euro di fondi riservati provenienti direttamente dalla presidenza del Consiglio. Tra il 1985 e il 1987 l’ex direttore del SismiFulvio Martini emanerà precise direttive per la creazione di nuovi centri Gladio, tra i quali il Cas Scorpione di Trapani, ritenuto dalla commissione stragi il più misterioso nodo della rete Nato Stay Behind, con compiti operativi mai chiariti. Su queste attività sia Martini che Li Causi vennero chiamati a deporre dalla magistratura tra il 1991 e il 1993. I verbali di quegli interrogatori – depositati in diverse procure – mostrano chiaramente il silenzio mantenuto dagli agenti italiani sulle tante operazioni non convenzionali realizzate negli anni ’80. Silenzi che potevano contare sulla copertura istituzionale.
L’esistenza della circolare – documento divenuto noto solo a 29 anni dalla firma – potrebbe cambiare alcune inchieste sulle stragi e sull’attività dei servizi negli anni ’80 e ’90. Gli apparati considerati fino ad oggi ”deviati” possono aver goduto di una sorta di guarentigia ai massimi livelli.

di Andrea Palladino e Andrea Tornago )
“Non date informazioni ai pm”. La “circolare Craxi” ai Servizi sui segreti di Stato

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