martedì 26 agosto 2014

energia e sprechi con il voto favorevole del Senato: l’inutile cavo col Montenegro da 1 miliardo

L’inutile cavo
col Montenegro
da 1 miliardo
AUTORITÀ SCETTICA
Senato pronto al voto
sugli accordi per
importare energia:
ma al doppio del prezzo
italiano, il costo dei lavori
pagato dalle bollette
di Daniele Martini
Stanno costruendo
un cavo elettrico dal
Montenegro all’I t alia
che passa sotto
l'Adriatico, costa un miliardo
di euro e di fatto ci costringe a
comprare l'elettricità dai Balcani
a un prezzo più che doppio
di quello di mercato. Nonostante
l'Italia, soprattutto
nel Sud, stia producendo
molta più energia di quella
necessaria e non sapendo che
farsene debba venderla all'estero,
per esempio alla Grecia. Una grande e
costosissima opera, pensata e decisa in un'altra
epoca, prima che la crisi facesse precipitare
i consumi di elettricità. Un'infrastruttura
che produrrà all'Italia più svantaggi che
vantaggi, almeno nell'immediato e nel breve
periodo, regalandoci bollette più care fino al 3
per cento secondo le valutazioni dell'Autorità
dell'energia, nel caso teorico il cavo fosse pagato
subito e in una sola soluzione.
NONOSTANTE QUESTE controindicazioni, i
lavori per il gigantesco elettrodotto di mille
Megawatt di potenza sono in pieno svolgimento
per collegare Villanova in provincia di
Pescara con l’area montenegrina di Tivat-Kotor.
Il cavo è lungo 415 chilometri, 390 passano
sotto il mare, 15 nella terraferma italiana
e 10 in Montenegro. Sul versante montenegrino
i lavori sono in fase preparatoria, in
Italia invece procedono spediti. Come se quel
collegamento fosse ancora una priorità e un
investimento vantaggioso e non indifferibile
per gli italiani.
In realtà c'è chi ci guadagna con l'elettrodotto
italo-balcanico: il gruppo Seci-Maccaferri di
Bologna che con sorprendente tempismo è
andato a costruire una decina di centrali
idroelettriche proprio nei Balcani, in Serbia, a
ridosso del Montenegro. L'intervento di Maccaferri
è gigantesco: 800 milioni di euro per
tre centrali idroelettriche lungo la Drina e altri
300 milioni per altre piccole centrali sull’Ibar.
Il costo è per il 51 per cento a carico del
gruppo bolognese e per il 49 per cento dalla
società Eps (Elektroprivreda Srbije).
Quando anni fa apparvero sui giornali le notizie
che davano conto dell'operazione Maccaferri,
il significato di quell'investimento non
fu capito. Il gruppo bolognese, invece, sapeva
ciò che stava facendo, avendo probabilmente
avuto fin da allora l'assicurazione da chi poteva
darla che l'Italia avrebbe sicuramente
comprato quell'elettricità prodotta così lontano
dai confini nazionali. Il
calcolo si è rivelato esatto. In
forza di accordi internazionali
con la Serbia, il cavo trasporterà
in Italia l'elettricità
serba di Maccaferri a 155 euro
al Megawatt, più del doppio
rispetto ai 63 euro del costo
medio rilevato alla Borsa
elettrica italiana nel 2013.
Quelle intese portano le firme
di due ministri di governi di
centrodestra, entrambi assai
vicini a Silvio Berlusconi:
Claudio Scajola nel 2009 e
Paolo Romani nel 2011.
Dopo aver riposato nel
cassetto di qualche ufficio,
forse anche a causa dei numerosi
cambi di governo,
quei trattati vengono ripescati
proprio nel momento
in cui partono i lavori
del cavo sottomarino e ora
si trovano in Senato per la
ratifica. La discussione riprende
a settembre. Una
volta approvate, quelle intese
diventano operative e
vincolanti. E il grande affare
dell'elettricità balcanica inarrestabile.
LA STORIA DEL CAVO Montenegro-Italia era
cominciata in un'altra stagione politica: 2007,
secondo governo Prodi, ministro dello Sviluppo
Pier Luigi Bersani che nel dicembre di
quell'anno volò in Montenegro a firmare un
accordo per l'elettrodotto. Di cui allora forse
c'era davvero bisogno. A Terna, la società
pubblica per la trasmissione dell'elettricità
che materialmente sta realizzando l'opera,
spiegano che il cavo serve per “magliare” il
Centro e soprattutto il Sud. Per evitare cioè
che quelle zone d'Italia restino svantaggiate,
meno sicure e rifornite di elettricità rispetto al
resto del Paese. L'ok alla costruzione
del cavo è stato dato
dal ministero dello Sviluppo
per tre anni di fila (2009, 2010
e 2011).
Anche l'Autorità per l'energia
ha detto sì, anche se ora sono
diventati assai titubanti. Fino
al punto di chiedere al Consiglio
di Stato perché mai l'Italia
si debba svenare pagando
perfino la parte di cavo che
si trova in territorio montenegrino.

il fatto quotidiano 26 agosto 2014

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