martedì 22 luglio 2014

Gli amici dei mafiosi all’assalto di Italgas IL GIGANTE DELL’ENERGIA STRANI AFFARI CON I FRATELLI CAVALLOTTI

Gli amici dei mafiosi
all’assalto di Italgas
IL GIGANTE DELL’ENERGIA CONTROLLATO DAL MINISTERO DEL TESORO
È STATO COMMISSARIATO PER GLI STRANI AFFARI CON I FRATELLI
CAVALLOTTI, SECONDO PENTITI E PM VICINI A BERNARDO PROVENZANO
A PALERMO
La Procura scrive che gli
imprenditori aiutati dai
boss avevano rapporti
consolidati ”con
l’azienda, anche se i loro
guai giudiziari erano noti
SOTTO TUTELA
Per sei mesi gli uomini
del tribunale dovranno
indagare per capire
fino a che punto
arrivava l’influenza
di Cosa Nostra
Per sei mesi l’Italgas
sarà sotto amministrazione
giudiziaria.
I suoi uffici, i
bilanci, le relazioni sugli appalti
e le concessioni saranno
passati al setaccio dai pm della
Procura di Palermo che vogliono
capire fino a che punto
imprenditori molto in
odore di mafia hanno affondato
i loro artigli nel colosso
del gas. Un gigante dell’e n e rgia
completamente in mano
pubblica, il cui capitale è interamente
controllato da
Snam e quindi da Cassa depositi
e prestiti e dall’Eni.
1500 concessioni, una rete distributiva
di 53mila chilometri,
6 milioni di utenze cui
vengono forniti 7,5 miliardi
di metri cubi di gas, eppure
all’Italgas hanno trattato per
anni con i fratelli Cavallotti.
Siculi doc, originari di Belmonte
Mezzagno. Vincenzo,
Gaetano e Salvatore Vito,
operano da anni proprio nel
settore della costruzione di
reti per la distribuzione del
gas, grazie ai rapporti con i
vertici di Italgas, hanno lavorato
in Sicilia, ma anche in
Liguria e Toscana.
I CAVALLOTTI sono stati assolti
dall’accusa di concorso
esterno in associazione mafiosa,
ma i magistrati palermitani
li ritengono “social -
mente pericolosi”. Ci sono
pentiti che parlano e descrivono
il pluriennale rapporto
che ha legato i fratelli Cavallotti
a esponenti di rilievo” di
Cosa Nostra. Finanche Bernardo
Provenzano scriveva
pizzini” ai suoi amici per
sponsorizzarne le imprese. E
lo fa in occasione dell’appalto
per i lavori di metanizzazione
dei comuni di Agira e Centuripe,
regolarmente vinti dai
fratelli Cavallotti. Zio Binnu
fa di più, e nella sua proverbiale
magnanimità dà “il via
libera a Cavallotti Vincenzo
per la gestione dei rapporti
politici attraverso cui ottenere
la realizzazione dei lavori
per la metanizzazione del comune
di Monreale”, scrivono
i pm palermitani. Anche Giovanni
Brusca, detto “scanna -
cristiani”, l’uomo che azionò
il telecomando a Capaci, interviene
a favore dei Cavallotti.
I fratelli terribili, “vicini a
esponenti mafiosi di primo
piano, avrebbero goduto –
scrivono i giudici della sezione
misure di prevenzione del
Tribunale di Palermo – di un
consolidato rapporto di collaborazione
commerciale e
imprenditoriale con l'Italgas
spa”.
Che è continuato anche
dopo che le loro imprese sono
state sottoposte a misure di
prevenzione. Rapporti imprenditoriali
diretti e privilegiati”,
scrivono i magistrati,
con le sigle societarie dell’im -
pero Cavallotti, fatto di “una
serie di società formalmente
intestate a degli stretti congiunti”.
Sigle di comodo. Per i
magistrati i Cavallotti “hanno
perseguito un disegno finalizzato
a eludere le misure di
prevenzione patrimoniale e a
continuare a esercitare attività
legate alla metanizzazione,
avvalendosi del medesimo reticolo
di conoscenze e appoggi
di alto livello in un settore
strategico come quello della
distribuzione del gas”. Erano
di casa nei piani alti di Italgas
i fratelli siculi, il loro rapporto
con la società era “consolida -
to”, la relazione con la struttura
dirigenziale era “privile -
giata”, si legge nelle carte della
procura.
Italgas sapeva tutto della situazione
dei Cavallotti dei
provvedimenti di sequestro
delle loro aziende, ma “non
ha avuto alcuno scrupolo ad
affidare la gestione delle reti
appena acquisite dall'amministrazione
giudiziaria ai medesimi
soggetti che le avevano
realizzate attraverso attività
aziendali di origine illecita”.
C’È UN EPISODIO indicativo
del livello di condizionamento
dei fratelli Cavallotti
sull’Italgas e riguarda le reti
gas cedute dalla Tosa, un'impresa
confiscata e passata nelle
mani dello Stato, che deve
risarcire Italgas per 240mila
euro. Soldi che l’amministra -
tore giudiziario non ha, e allora
propone una transazione
ai vertici del colosso energetico:
sia la stessa società a fare
la manutenzione delle reti
gas, con il ricavato sarebbero
stati ripagati i danni. “Feci
presenti al dirigente dell'Italgas
fa mettere a verbale
l'amministratore giudiziario
dottor Miserendino – che la
società che rappresentavo si
trovava ormai in stato di confisca
definitiva e quindi apparteneva
al patrimonio dello
Stato, pensando che questo
argomento potesse rafforzare
l'interesse di un’altra società
dello Stato – o partecipata come
nel caso dell'Italgas – per
un’eventuale collaborazione...
ma la risposta fu abbastanza
ironica, suscitò un sorriso
del dirigente che si dichiarò
non interessato”. Quei
lavori, ovviamente, andarono
ad una società dei fratelli Cavallotti.
TANTO BASTA ai magistrati
per lanciare l’allarme “sulla
capacità di condizionamento
che degli imprenditori legati a
Cosa Nostra sono in grado di
esercitare sui processi decisionali
di una importante società
pubblica come Italgas”.
Queste condotte da parte del
colosso energetico pubblico
non appaiono frutto di scelte
episodiche, isolate o casuali,
ma risultano inserite in un
quadro di decisioni commerciali e imprenditoriali che si
sono reiterate e protratte nel
tempo ed hanno dispiegato i
propri effetti in diversi ambiti
territoriali e operativi”.
L’obiettivo dei magistrati ora
è quello di operare “una attenta
opera di analisi della
struttura manageriale dei
processi decisionali, al fine di
accertare sino a che punto sia
estesa l’influenza illecita da
parte dei fratelli Cavallotti” su
Italgas per “gli opportuni interventi
di bonifica a tutela
della società pubblica”. La vera
vittima “delle attività di
condizionamento individuate
e di possibili altre ancora da
scoprire”.
di Enrico Fierro
il fatto quotidiano 22 luglio 2014
Di seguito la replica dei Signori Cavallotti
Di seguito la replica che tocca tutti i punti trattati nel suo articolo.
I fratelli Cavallotti, non sono mai stati  vicini alla mafia. Ciò risulta in maniera chiara da una sentenza definitiva che ha assolto i fratelli Cavallotti dalla infamante accusa di concorso esterno in associazione mafiosa con la formula “perchè il fatto non sussiste“, essendo stati ritenuti, a seguito di un lungo e complesso procedimento penale, vittime e non complici della mafia. Le dichiarazioni rese dai vari collaboratori di giustizia hanno dimostrato come le imprese dei fratelli Cavallotti, piuttosto che essere state avvantaggiate illecitamente dalla mafia, alla stregua di tutte le imprese operanti in Sicilia negli anni ’80 e ’90 – periodo della massima recrudescenza del fenomeno mafioso – sono state costrette a pagare il pizzo e a subire furti e danneggiamenti nei propri cantieri, tutti denunciati alle autorità competenti. In particolare, gli stessi collaboratori di giustizia hanno indicato i Cavallotti non come degli uomini d’onore e neppure come dei soggetti vicini alla mafia ma, piuttosto, come imprenditori dei quali alcuni degli stessi collaboratori di giustizia avevano curato la “messa a posto” – intesa come pagamento del pizzo – ovvero avevano sentito parlare come imprenditori costretti a subire le vessazioni della mafia.
Quanto poi ai “pizzini” di Bernardo Provenzano, si tratta di missive dattiloscritte da questi inviate all’Ilardo e da questi consegnate al Colonnello Riccio. In queste missive si fa cenno, da una parte, ai lavori di metanizzazione dei comuni di Agira e Centuripe, eseguiti dalle società dei fratelli Cavallotti, dall’altra, alla Cooperativa “Il Progresso”. Il carteggio in parola va letto ed è stato valorizzato dai giuidici del processo penale come pagamento del pizzo, e ciò per le seguenti ragioni. Le gare per i lavori per la metanizzazione dei comuni di Agira e Centuripe (che si trovano in Provincia di Enna) sono state indette e aggiudicate a Palermo dalla Siciliana Gas (che non va confusa con la Gas s.p.a. di cui erano soci Ciancimino Vito, Lapis ed Ezio Brancato, consuocero di Giusto Sciacchitano, e che rispetto alle imprese dei Cavallotti operava in un regime di assoluta concorrenza). Sulla base di una nota “regola di mafia”, se Provenzano avesse voluto favorire l’aggiudicazione dei lavori ai Cavallotti, avrebbe dovuto rivolgersi al referente locale della consorteria mafiosa competente su Palermo luogo, nel quale vengono indette e aggiudicate le gare e non di certo all’Ilardo, referente della famiglia mafiosa di Caltanissetta ed Enna. Viceversa, l’indirizzamento delle missive all’Ilardo ha dimostrato che Provenzano faceva riferimento alla messa a posto. E ciò risulta compatibile con una ulteriore “regola di mafia” secondo la quale la riscossione del pizzo compete alla famiglia del luogo in cui i lavori vengono eseguiti. In disparte poi che, in relazione alle procedure di aggiudicazione di questi lavori, non è stata riscontrata alcuna irregolarità. Inoltre, l’importo indicato nei bigliettini è più basso rispetto a quello per il quale i lavori vengono aggiudicati, e ciò dimostra come quei bigliettini facessero riferimento non alla aggiudicazione dei lavori ma al pagamento del pizzo che, come hanno dichiarato diversi collaboratori di giustizia, viene calcolato in percentuale rispetto al valore di aggiudicazione dell’appalto, segno che i Cavallotti avevano indicato all’esattore del pizzo un importo inferiore a quello reale e ciò al fine di pagare di meno.
Quanto alle raccomandazioni di Brusca di cui avrebbero goduto i Cavallotti segnalo che il Brusca riferisce di essersi occupato, con riferimento alla metanizzazione del Comune di Monreale, esclusivamente della messa a posto delle imprese dei Cavallotti. Si precisa inoltre, che la metanizzazione del Comune di Monreale è stata promossa e realizzata dalla Comest attraverso il sistema della finanza di progetto. Vale la pena di ricordare soltanto che, in virtù dell’art. 21 della Legge Regionale dell’8 Gennaio del 1996, è stata consentita la promozione privata di concessione di opere pubbliche. Attraverso questo sistema la Comest ha ottenuto diverse concessioni per la costruzione e gestione della rete di distribuzione del gas metano in vari comuni siciliani. Questi lavori, estranei alla logica mafiosa di spartizione degli appalti, venivano realizzati, inassenza di finanziamenti pubblici, con gli utili di esercizio delle imprese Cavallotti e con il sostegno finanziario del sistema bancario a cui le società del gruppo facevano regolarmente ricorso.
La Comest e la Tosa, entrambe in amministrazione giudiziaria, hanno ceduto a Italgas alcune delle proprie reti gas. Successivamente, la Euro Impianti plus, previa regolare gara di appalto indetta da Italgas e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea stipula in ATI un contratto avente ad oggetto la estensione, manutenzione e l’ampliamento di reti gas nei comuni ricadenti nel centro operativo di Enna.
Nel 2010 viene riscontrato da Italgas un difetto in alcuni impianti acquisiti da Tosa e Comest.
L’amministrazione giudiziaria, avendo riconosciuto nel 2011 il difetto, si offre di provvedere alla manutenzione di quegli impianti. Tuttavia, nel corso dell’amministrazione giudiziaria, le due società avevano perduto tutti i requisiti tecnici previsti dalla legge e dal regolamento interno di Italgas necessari per potere eseguire lavori di manutenzione reti gas. L’opera di adeguamento dell’impianto di cui si discute, viceversa, avrebbe potuto essere affidata “direttamente” alla Euro impianti plus in virtù del contratto di cui sopra. Nondimeno piuttosto che affidare l’adeguamento alla Euro Impianti plus  l’Italgas ha indetto una nuova gara alla quale sono state invitate diverse società censite nell’albo dei fornitori di fiducia della stessa Italgas dotati dei richiesti requisiti tecnici, economici e profesisonali fra le quali la Euro Impianti plus che, essendo già presente nel territorio, ha potuto presentare una offerta economica più vantaggiosa per Italgas aggiudicandosi in ATI, nel rispetto della legalità e senza sponsorizzazioni mafiose, i lavori di cui si discute con un risparmio per Italgas di circa il cinquanta per cento.
A ciò si aggiunga che nel corso della decennale attività di impresa dei fratelli Cavallotti non si è mai verificato alcun incidente in merito alle opere da essi interamente realizzate. Non si riesce a comprendere che cosa ci sia di anomalo nella costituzione di una società di capitali da parte di familiari di persone innocenti, ed, ancora, non si comprendere che cosa ci sia di anomalo, in un regime di libero mercato, nell’aggiudicazione di alcuni appalti da parte di questa società, dotata di tutti i requisiti necessari, a fronte di una offerta migliore e più vantaggiosa per l’ente appaltante rispetto a quella presentata da altri concorrenti.
Presso la Euro impianti plus, prima dell’applicazione delle misure di prevenzione sia personali che patrimoniali – pervenuta in data 20/10/2011 – vengonoassunti Gaetano e Vincenzo Cavallotti con la qualifica professionale di impiegato al livello Q del C.C.N.L. con mansioni di capo cantiere ed impiegato tecnico, essendo essi dotati di elevata capacità e particolare perizia sui cantieri che i lunghi anni di processo e di custodia cautelare non hanno potuto cancellare. Se dei soggetti volessero eludere le misure di prevenzione presterebbero la propria opera “ufficialmente”, alla luce del sole, con regolare contratto di lavoro presso una società che, secondo l’accusa, sarebbe stata costituita proprio allo scopo di eludere le misure preventive?Certamente no. E ancora: se dei soggetti volessero eludere le misure di prevenzione, reinvestirebbero gli utili di esercizio della società cosa  che di fatto è avvenuta nella Euro Impianti plus piuttosto che dividerseli al fine di sottrarli ad eventuali misure ablative? Certamente no.Questo dimostra, senza alcun dubbio, l’assoluta liceità dei rapporti tra la Euro impianti plus e i fratelli Cavallotti Gaetano e Vincenzo che, nonostante la consapevolezza della loro acclarata innocenza, dopo l’ingiusta e ingiustificabile applicazione delle misure di prevenzione (sopraggiunta nell’Ottobre del 2011) hanno interrotto il rapporto di lavoro con la società amministrata dai figli. Va ricordato, inoltre che nel grado di appello del processo di prevenzione il Procuratore Generale, Florestano Cristodaro, ha chiesto la revoca delle misure di prevenzione sia personali che patrimoniali ritenendo ancora una volta i Cavallotti “vittime della mafia” ed invitando i giudici a “leggere serenamente le carte processuali“. Ed è questo un aspetto della vicenda che va sottolineato in quanto, pur tenendo a mente che la richiesta del Procuratore Generale non è vincolante nei confronti del Giudice, è noto che ai fini della applicazione delle misure di prevenzione, dal punto di vista dello standard probatorio, non è richiesta la prova della colpevolezza oltre ogni ragionevole dubbio ma il c.d. “indizio di mafia”, che sempre più ha assunto i caratteri del mero sospetto. Ora, se un Procuratore della Repubblica italiana, ha chiesto di revocare le misure di prevenzione, ciò significa, che con riferimento alla vicenda dei Cavallotti non è ravvisabile neppure l’indiziodella loro vicinanza alla mafia;E se questo dato così significativo viene letto insieme alla sentenza di assoluzione definitiva la conseguenza non può che essere una: i Cavallotti nonhanno mai avuto nulla a che fare con la mafia!
Continuare ad accostare i miei familiari alla mafia è offensivo e diffamante in quanto non corrispondente alla realtà. Per chi ha subito nel lavoro, nell’esercizio dell’impresa, financo nella vita privata, le vessazioni e le minacce del crimine organizzato non c’è nulla di peggio dell’essere accostato alla criminalità mafiosa. La mafia ci fa schifo e siamo assolutamente lontani dalla logica mafiosa dellaprepotenza, della prevaricazione e della violenza!”.

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