La denuncia di Bonelli (Verdi): “In Italia il principio del
chi inquina paga non viene mai applicato e c'è sempre
il tentativo di rendere meno costoso l'intervento per l'impresa”
di
Stefano Feltri
Bonifiche
più rapide e disinvolte a tutto beneficio
delle
imprese che hanno inquinato,
un
po' di nomine ministeriali, qualche favore
ai
militari e un misterioso riferimento a
Expo
2015. I provvedimenti adottati dal governo
nel
Consiglio dei ministri di venerdì ancora
non
sono ufficialmente consultabili: come
spesso
accade, anche con l'esecutivo di Matteo
Renzi,
passano giorni o settimane tra gli annunci
e
la presentazione delle norme concrete.
Ma
il Fatto
ha potuto
leggere l'ultima versione
del
decreto legge sulla Pubblica amministrazione,
dedicato
alle “Misure urgenti per l'efficientamento
della
Pa e per il sostegno dell'occupazione”,
datato
“12 giugno ore 24”. La
parte
dedicata all'ambiente ha suscitato parecchie
perplessità
in Angelo Bonelli, il segretario
del
Verdi. Prendiamo l'articolo 116: in nome
del
“contenimento della spesa pubblica e dell'incremento
dell'efficienza
procedimentale”, il
numero
dei membri della Commissione tecnica
di
verifica dell'impatto ambientale (la
“commissione
Via) scende da 50 a 40. La Commissione,
guidata
oggi dall'ingegnere Guido
Monteforte
Specchi, si occupa di determinare
l'impatto
ambientale delle opere, piccole e
grandi,
prima che si aprano i cantieri. Il governo
risparmierà
qualcosa sui gettoni di presenza,
ma
l'effetto più immediato è che bisognerà
rinominare
tutti i membri, un'opportunità
di
spoils system in un organismo in cui in
teoria
la pratica non era consentita.
Ma
è l'articolo 117 quello critico che riguarda i
terreni
inquinati da bonificare, quelli di interesse
nazionale
più quelli locali, dall'Ilva di Taranto
alla
Saras di Sarroch. La disciplina introdotta
dal
governo Renzi funzionerà così:
l'impresa
che è stata obbligata per legge a bonificare,
cioè
a farsi carico dei costi necessari a
rimediare
ai danni da inquinamento che ha
prodotto,
presenta il piano di bonifica all'Arpa,
l'autorità
ambientale regionale. Se l'Arpa non
risponde
entro 45 giorni, vale la regola del silenzio-
assenso.
Tradotto: basta qualche lungaggine
burocratica
e chi ha causato gravi danni
se
la caverà alle proprie condizioni. “In Italia
il
principio del chi inquina paga non viene mai
applicato
e c'è sempre il tentativo
di
rendere meno costoso
l'intervento
per l'impresa”,
dice
il leader dei Verdi Bonelli.
Non
solo: se l'Arpa risponde
con
un giudizio negativo, poi
l'impresa
ha 45 giorni per presentare
le
integrazioni al piano
giudicato
carente.
E
se l'azienda
non
rispetta la
scadenza?
Nessuna
sanzione.
Sempre
nell’articolo
117
vengono fissati requisiti più blandi di
quelli
normali per le aree inquinate dai militari,
tipo
il poligono di Quirra in Sardegna.
Poi
c’è un riferimento misterioso all’Expo
2015.
All’articolo 68 c’è un rimando alla legge
98
del 2013 che parla dell’assegnazione delle
risorse
ad alcune grandi opere. Il decreto di
Renzi
prevede di rafforzare il fondo della legge
98
con 1 o 2 miliardi di euro e la possibilità di
aggiungere
a questo elenco. Nell’ipotesi B
(stanziamento
da 1 miliardo) parte delle risorse
andranno
a non meglio precisati “ulteriori risorse
completamento
interventi Expo”. Non è
necessario
fornire dettagli, tanto l’idrovora del
grande
evento milanese non ha di sicuro finito
di
inghiottire denaro pubblico
Nessun commento:
Posta un commento