venerdì 20 giugno 2014

Camosci, record in Appennino: "Sono i più belli del mondo"

Praticamente estinto all'inizio del '900, quando nel futuro Parco Nazionale d'Abruzzo sopravvivevano poco più di 30 esemplari, oggi supera i 2000: è il camoscio appenninico, mammifero che si trova esclusivamente in Italia di IRENE MARIA SCALISE COME LORO nessuno mai. Lo sguardo fiero, il mantello dorato e il muso elegante. Sono i camosci appenninici. Solo 30 esemplari al principio del secolo scorso, ora poco meno di 2 mila. Quasi un miracolo, in tempi d’estinzioni delle specie animali. E’ una bella rivincita quella dei "Rupicapra pyrenaica ornata" (l’esatto e impronunciabile nome scientifico), considerati dagli zoologi i più belli del mondo. Ma, soprattutto, una storia a lieto fine. Risultavano praticamente scomparsi agli inizi del 900 e oggi, grazie ad una strategia fatta di zone protette, interventi in elicottero, difesa dai "nemici" lupi e orsi, miglioramento dell’habitat, hanno ripopolato il Parco nazionale d’Abruzzo. E non solo. Occupato quattro nuovi parchi.

Possono dunque stare tranquilli i bambini che, da sempre, li adorano e ne vorrebbero uno in casa, magari formato mignon. "La notizia è buona per tutti perché il camoscio appenninico è una sottospecie endemica per l’Italia", spiega lo zoologo Antonio Antonucci, "cioè un animale che si trova esclusivamente da noi e in nessun’altra parte nel mondo". E così, in occasione del Congresso internazionale legato al progetto "Life dell’Unione Europea Coornata” (dal 17 all 22 giugno a Lama dei Peligni),
è stata realizzata una mappatura dei camosci in tutta Italia. Nel Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, colonia madre e unica area che dove non si sono mai estinti, sono stati creati altri esemplari sino ad arrivare a 530 animali. Il vero boom è però quello del Parco della Majella dove una nuova colonia, nata dagli anni 90, è arrivata a superare gli 800 esemplari. Ma come si arriva a raggranellare simili numeri? "Per un’azione di ripopolamento corretta sono prelevati da un parco e poi trasferiti in auree faunistiche protette o lasciati liberi in un altro parco favorevole ad ospitarli", spiega Antonucci. Certo, è necessaria una cattura ma tranquilli, assicura lo zoologo, avviene in modo indolore: "Per il trasporto sono recintati in gabbie a cassetta (le box trap) e addormentati con fucili sparasiringhe, muniti di orecchini (marche auricolari) o collari che permettono il monitoraggio, quindi
trasportati in elicottero e risvegliati appena arrivano nella loro nuova casa». Altra popolosa colonia è quella del Gran Sasso dove, dal 1992, sono lievitati a 500 esemplari. L’ultimo insediamento è quello del Parco nazionale dei monti Sibillini dove, dal 2008, sono diventati 60 di cui buona parte nati dal 2010.

Ma c’è dell’altro. "Il Parco Regionale del Sirente Velino", spiega Antonucci, "è uno degli obiettivi più importanti perché da poco studi ambientali hanno dimostrato che è un’area idonea e dal 2013 siamo passati da zero a 13 camosci ancora bebè".
Belli e possibili i camosci sono facili da osservare, basta avere la voglia di fare una bella passeggiata in quota. "Proteggerli significa
conservare in buona salute anche il loro habitat", spiega Antonio Nicoletti, responsabile aree protette e parchi di Legambiente, "con conseguenti ricadute positive su altre specie esistenti sia animali sia vegetali. Poiché sono una specie molto carismatica grazie a loro si possono sensibilizzare i bambini sui temi della natura e della tutela delle biodiversità". E, per non commettere errori, ecco l’esatto identikit. I camosci appenninici non vanno confusi con quelli alpini (molto più diffusi): in estate hanno un mantello marrone chiaro mentre in inverno diventano marrone scure con macchie bianche sulla gola, il collo e nei quarti posteriori. Non soffrono certamente di vertigini, perché solitamente si appostano su strapiombi, pareti ripidissime e corrono velocissimi. Le femmine e i camoscini vivono in gruppo, mentre i maschi si uniscono al gruppo solo in periodi riproduttivi. Così facendo
a quanto pare vanno d’accordo. Forse un esempio per tutti?http://www.repubblica.it/ambiente/2014/06/18/news/camosci-89348567/?ref=HRLV-16

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