martedì 24 giugno 2014

Borgo Sabotino, che scoriaccia

Inchiesta. Dopo la denuncia del «manifesto» sul deposito provvisorio degli scarti della centrale di Latina, la Sogin tace. Nel frattempo il mistero si arricchisce di un nuovo, inquietante capitolo, che punta in direzione di Lugano e dei territori controllati dai Casalesi  Marco Omizzolo e Roberto Lessio Il grande affare degli appalti pub­blici asse­gnati con pro­ce­dure d’emergenza, così sospen­dendo con­trolli e norme di sal­va­guar­dia non riguarda solo le grandi opere come il Mose, l’Expò, la Tav. Anche opere minori ma non meno deli­cate e stra­te­gi­che sono state costruite con il solito infame sistema. Il mani­fe­stoaveva già denun­ciato il caso del depo­sito prov­vi­so­rio di sco­rie nucleari della cen­trale ato­mica di borgo Sabo­tino a Latina. Ora il mistero si infit­ti­sce di un nuovo inquie­tante capi­tolo. Seguendo infatti le tracce dell’appalto ini­ziale per la rea­liz­za­zione del famoso depo­sito prov­vi­so­rio pon­tino, indetto dalla Sogin, società al 100% dello Stato che si occupa dello sman­tel­la­mento dei siti nucleari in Ita­lia, si arriva addi­rit­tura in Sviz­zera, e per la pre­ci­sione a Lugano. Ma  pro­ce­diamo con cau­tela. Dopo l’articolo del mani­fe­sto, in maniera ano­mala, la Sogin è rima­sta in rigo­roso silen­zio. Almeno uffi­cial­mente. Essa infatti ancora non ha chia­rito alcuni aspetti della vicenda, a par­tire dal pas­sag­gio tra l’appalto affi­dato al Con­sor­zio sta­bile Aedars di Roma e il subap­palto finito nelle mani della Silce Srl dei fra­telli Angelo e Anto­nio Sal­zillo, resi­denti a Can­cello ed Arnone (Caserta). Sia chiaro: ai sensi di legge l’appalto della Sogin era subap­pal­ta­bile, ma rispetto agli oltre 4 milioni di euro aggiu­di­cati per i lavori del primo bando (con un ribasso del 23% rispetto all’offerta – Iva esclusa) non è stata for­nita alcuna indi­ca­zione sul valore e sulla per­cen­tuale subap­pal­tata. In sostanza non si sa chi ha pagato chi e soprat­tutto cosa, vista una enorme con­trad­di­zione che fa da sfondo all’intera vicenda. Da un lato la Sogin è stata costretta ad indire un nuovo bando per ulti­mare l’impianto, costruito incom­pleto e imper­fetto, men­tre dall’altro la Sil­cei Srl risulta fal­lita in quel di Iser­nia dove nel frat­tempo è stata tra­sfe­rita la sua sede. Inter­pel­lato tele­fo­ni­ca­mente il liqui­da­tore di que­sta società sostiene che il fal­li­mento è stato dichia­rato pro­prio per il man­cato paga­mento dei lavori per la rea­liz­za­zione del depo­sito prov­vi­so­rio di sco­rie. Men­tre è certo che la com­messa è stata chiusa nell’estate 2011, cioè quando l’impresa edile caser­tana aveva sman­tel­lato il can­tiere da circa un anno. Que­sto nono­stante la strut­tura non fosse stata ulti­mata, come da foto dimostrabile. Guarda caso risulta che la con­su­lenza per la chiu­sura del can­tiere per conto del Con­sor­zio Aedars è stata for­nita da un diri­gente della Sil­cei Srl. Ed è pro­prio intorno a quest’ultima società che si anno­dano i fili di una matassa che porta nel Nord Ita­lia e nella limi­trofa Sviz­zera. Dalla visura came­rale risulta che la Sil­cei stessa aveva in essere due unità ope­ra­tive locali: una a Napoli e l’altra a Gal­la­rate in pro­vin­cia di Varese, a poca distanza dall’aeroporto di Malpensa. Anche se l’indirizzo pre­ciso non è mai stato reso noto dagli inqui­renti, si dà il caso che pro­prio a Gal­la­rate, fino a poco tempo prima di essere ammaz­zato a Can­cello ed Arnone il 6 marzo 2009, era obbli­gato al sog­giorno Anto­nio Sal­zillo nipote di Anto­nio ed Erne­sto Bar­del­lino; cioè, rispet­ti­va­mente, del “fon­da­tore” e del “cer­vello” del clan dei Casa­lesi in base a quanto ver­ba­liz­zato dal pen­tito di camorra Car­mine Schia­vone. Que­sto Anto­nio Sal­zillo era il fra­tello di Paride con­si­de­rato ini­zial­mente il pre­di­letto dagli zii nella gestione del peri­co­loso clan, ucciso per stran­go­la­mento quando scop­piò la guerra interna con l’altra fazione, poi risul­tata vin­cente, legata a Fran­ce­sco Schia­vone detto San­do­kan. Anto­nio Sal­zillo è stato ini­zial­mente “sal­vato” dal clan e messo a fare da capo­zona nell’area tra il nord della Pro­vin­cia di Latina (da Sabau­dia in su secondo le depo­si­zioni del pen­tito che ha reso pos­si­bile il pro­cesso Spar­ta­cus) e il sud della Pro­vin­cia di Roma. In par­ti­co­lare si era occu­pato dello smal­ti­mento ille­gale di rifiuti indu­striali tossico-nocivi nella disca­rica di borgo Mon­tello, distante pochis­simi chi­lo­me­tri dal sito nucleare di borgo Sabo­tino. Una disca­rica dove quei fusti sono stati cer­cati inu­til­mente due anni fa, con scavi coman­dati dal Comune di Latina in luo­ghi cer­ta­mente sba­gliati. La ricerca si era resa neces­sa­ria per­ché un’analisi tecnico-scientifica con­dotta nel 1996 aveva rile­vato delle masse metal­li­che al di sotto dei rifiuti accu­mu­lati. A con­durre l’indagine era stata l’allora sezione nucleare dell’Enea oggi pas­sata alla Sogin. Ana­lo­ghe inda­gini ave­vano riguar­dato anche le disca­ri­che cam­pane poi risul­tate gestite dai Casa­lesi e dai loro affi­liati: si rite­neva che vi fos­sero stati inter­rati anche rifiuti radioat­tivi. Pro­prio il sospetto di inter­ra­mento di que­sti peri­co­losi rifiuti sta attual­mente inte­res­sando l’area della cen­trale nucleare del Gari­gliano, dove nel frat­tempo è stato rea­liz­zato a sua volta un depo­sito prov­vi­so­rio per i rifiuti radioat­tivi. Si tratta dell’area al con­fine tra le pro­vince di Caserta e di Latina, dove la pre­senza dei Casa­lesi, come la Magi­stra­tura ha accer­tato, è ormai radi­cata da tempo. Infatti le cro­na­che locali si sono occu­pate di Anto­nio Sal­zillo anche nel 2007 quando una donna di For­mia (Lt) lo denun­ciò per vio­lenza ses­suale; per abu­sare di lei le aveva pro­messo in cam­bio un posto di lavoro che poi non è arri­vato. I Cara­bi­nieri lo cer­ca­rono a Gal­la­rate, dove uffi­cial­mente doveva risie­dere con obbligo di firma. Dalle inter­cet­ta­zioni tele­fo­ni­che invece risultò che dimo­rava sta­bil­mente nella zona di Monte d’Oro, Comune di Min­turno nell’estremo sud pon­tino, cioè a poca distanza dalla “sua” Can­cello ed Arnone, dove poi ha tro­vato la morte appena ter­mi­nata la pena. Alla vigi­lia del suo ultimo Natale, il 24 dicem­bre 2008, l’Antonio Sal­zillo resi­dente uffi­cial­mente a Gal­la­rate ha iscritto a Lugano la sua firma come pro­cu­ra­tore indi­vi­duale della società Co​.Ge​.Ca Società Ano­nima (Sa): anche que­sta società si occu­pava e si occupa di costru­zioni, men­tre in pre­ce­denza si chia­mava Cli­ni­che Riu­nite Sa. Abbiamo con­trol­lato appo­si­ta­mente il regi­stro delle imprese della Pro­vin­cia di Varese. Le per­sone che risie­de­vano e risie­dono tutt’oggi dalle parti di Gal­la­rate e che hanno come cognome Sal­zillo, pro­ven­gono tutte dal caser­tano, ma nes­suna di esse aveva e ha la resi­denza spe­ci­fi­ca­mente a Gal­la­rate. Pro­prio nel Comune dove la Sil­cei aveva una delle sue due unità locali. L’area di pro­ve­nienza di que­ste per­sone è esat­ta­mente il qua­dri­la­tero com­preso tra Casal di Prin­cipe, Can­cello ed Arnone, San Cipriano d’Aversa e Mar­cia­nise. Chissà se è solo una coin­ci­denza il fatto che si tratta pro­prio dell’area che da decenni risulta in mano ai Casa­lesi; clan che del traf­fico ille­gale dei rifiuti ha fatto uno dei pila­stri por­tanti dei pro­pri affari criminali. Sull’intera vicenda il depu­tato Fili­berto Zaratti (Sel) ha pre­an­nun­ciato un’apposita inter­ro­ga­zione par­la­men­tare ai Mini­stri dell’Economia, dell’Interno e dell’Ambiente. Un’occasione utile per ini­ziare a chia­rire i con­torni di una vicenda così inquie­tante e cer­care rispo­ste a domande e osser­va­zioni per ora inevase. http://ilmanifesto.info/borgo-sabotino-che-scoriaccia/

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