domenica 4 maggio 2014

“Pansa riconoscilo: Roberto Mancini è una vittima del dovere” il poliziotto eroe e vittima della Terra dei Fuochi

L’ULTIMO SALUTO A MANCINI CHE HA INDAGATO PER PRIMO SULLA TERRA DEI FUOCHI
L’APPELLO DEI COLLEGHI AL CAPO DELLA POLIZIA E IL LUNGO APPLAUSO DELLE MAMME CAM PA N E
di Enrico Fierro
L’onore di un poliziotto
e il disonore
dello Stato. Il
coraggio di una
famiglia che ha visto l’unico
suo pilastro distrutto da un
tumore e la pavidità di un Paese
avaro con i suoi uomini migliori.
C’era tutto questo ai funerali
di Roberto Mancini, il
vicecommissario di polizia
che per primo ha indagato
sulla Terra dei Fuochi. Per
questo suo lavoro, Roberto è
morto, ucciso da un linfoma.
La Repubblica italiana, rappresentata
dal viceministro
Filippo Bubbico, non ha voluto
riconoscere i funerali di
Stato, si è limitata al picchetto
d’onore delle esequie solenni,
ma la gente della Campania
avvelenata è venuta insieme a
don Maurizio Patriciello, il
suo parroco, per rendere
omaggio a un eroe.
SONO nella basilica di San Lorenzo
fuori le mura, a Roma,
insieme ai colleghi di Roberto,
poliziotti dai capelli ingrigiti,
in divisa o in jeans e giubbotti
alla Serpico . È quella leva arrivata
in polizia alla fine degli
anni Settanta dalle università e
dalla società civile, i poliziotti
democratici”, li chiamavano.
Roberto è “Robé”, nelle parole
dell’omelia di don Patriciello.
Tu sei stato il primo a capire –
dice il prete – e hai scritto dossier
e informative che sono rimaste
dormienti. Perché? Cosa
si vuole coprire? Robé qui ci
sono le mamme della Terra
dei Fuochi, hanno i figli uccisi
dal tumore, passati direttamente
dal seno materno all’in -
ferno della chemioterapia. Robé
tu sei stato isolato, come
Michele Liguori, il vigile di
Acerra. Anche lui aveva capito
tutto sul business dei rifiuti e
anche lui è stato ucciso dal tumore”.
Momento tesissimo quando
parla un poliziotto amico di
Mancini. La basilica ammutolisce,
il capo della Polizia,
Alessandro Pansa, è in prima
fila insieme al viceministro.
Roberto Mancini era un vero
uomo libero. Lavorava all’Ucigos
e dei benpensanti lo trasferirono
a Spoleto perché fu
scoperto a leggere un giornale
eversivo, il manifesto. Vinse il
concorso da ispettore e tornò a
Roma, ha lavorato come un
pazzo in quella commissione
d’inchiesta sui rifiuti perché
voleva stare dalla parte dei deboli”.
Poi la parte più dura del
discorso, rivolta direttamente
a Pansa: “Signor capo della
Polizia, se vuole davvero essere
accettato in tutto come
nostro capo, si attivi per riconoscere
a Roberto lo status di
vittima del dovere e chiarisca
chi gli ha impedito di entrare
in qualsiasi struttura investigativa
facendolo finire in un
commissariato di frontiera”.
PARLA MONIKA, la moglie
del vicecommissario e si rivolge
alle mamme venute dalla
Campania: “Continuate a
combattere per la Terra dei
fuochi”. E la figlia, 13 anni e
una dignità sconfinata: “Papà
era un eroe, aveva tanti nemici?
Vuol dire che ha combattuto
per qualcosa nella sua vita”.
Suona il silenzio di ordinanza,
le sciabole dei poliziotti
si alzano al cielo. Roberto, dicono
i colleghi, la mattina faceva
la chemio e il pomeriggio
era per strada, al lavoro. “Do -
veva mantenere la famiglia”.
La vergogna dello Stato è scritta
su un documento della Camera
del 13 luglio 2013, dove
si nega “una qualsiasi responsabilità
risarcitoria”. Perché
la collaborazione del sig.
Mancini con la Commissione
parlamentare sul ciclo dei rifiuti,
non può in alcun modo
inquadrarsi in un rapporto di
lavoro con l’organo competente”. il fatto quotidiano 4 maggio 2014


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