venerdì 30 maggio 2014

E a sud di Salerno le rotaie mu o i o n o con l’Italia

di Antonello Caporale
Come becchini di un cimitero
aggiorniamo
quotidianamente la lista della
scomparsa delle tratte ferroviarie.
Ogni giorno un vagone
viene mandato in rimessa,
un collegamento si
cancella, una locomotiva si
ferma, un binario muore. È il
paradosso un po’ stupefacente
di questa nostra modernità:
più il mondo intero
diviene connesso e interattivo,
la mia vita legata alla tua
con un semplice clic, più gli
spostamenti elementari da
città a città, dalla periferia al
centro, dal nord al sud del
Paese divengono proibitivi.
Come se potessimo conoscere
la mobilità solo stando seduti,
perciò immobili, davanti
al computer. Oramai
intere regioni d’Italia non
hanno collegamenti non solo
sufficienti ma minimamente
decenti.
NEL SALENTO si arriva con
l’aereo, altrimenti non resta
che farsi la croce. Come pure
in Calabria è impossibile
pensare al treno come vettore
della nostra vita. Il treno rese
unita l’Italia. Oggi la ruggine,
frutto della dissipazione e di
una assenza assoluta della
cultura del mantenimento
del territorio, la disunisce.
Esiste Frecciarossa o Italo,
ma per chi se lo può permettere.
E soprattutto per chi vive
in un’area del Paese. La divisione
in classi è restituita in
modo formidabile dalla rimodulazione
della possibilità
di viaggiare. Se sei ricco, se
vivi in una grande metropoli,
magari a Nord, hai la possibilità
di trasferirti in modo
veloce e puntuale. Se non hai
quella fortuna, se sei un operaio
o un impiegato costretto
a fare il pendolare, ti freghi.
Aspetti e speri che il treno arrivi
e ti conduca maciullato al
lavoro. Se infine hai la pecca
di vivere al di sotto della linea
della civiltà, che geograficamente
coincide con la città di
Salerno, sei fritto.
NON C’È speranza, nessuna
possibilità che si possa ottenere
un segno minimo di attenzione.
In Sicilia e in Sardegna
tutto è fermo al secolo
scorso, e anche peggio. Così
pure in Calabria, in Lucania,
nelle Puglie. Tanti piani per
le infrastrutture e altrettanti
miliardi scomparsi, bruciati
da una classe politica insipiente
alle miserabili logiche
della clientela. Il treno non è
solo un vettore, ma è un connettore
di comunità. La storia
insegna, diceva Gramsci,
ma ha cattivi scolari.

il fatto quotidiano 30 maggio 2014

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