lunedì 21 aprile 2014

Franceschini, i campi da golf e gli interessi che vanno in buca

IL MINISTRO: “NE
SERVONO DI PIÙ”
E NOMINA CAPO
D E L L’ENTE TURISMO
UN MANAGER CHE
HA UNA SOCIETÀ
CHE SI OCCUPA
APPUNTO
DI “GREEN”
AMERICANI VENITE
Gli americani
verrebbero volentieri
in Sicilia se ci fossero
strutture adeguate”
Stefano Ceci e la sua
Gh sono pronti
di Davide Vecchi
All’Enit arriva Stefano
Armando Ceci,
su indicazione del
ministro Dario
Franceschini. La sua nomina
rientra nel dl spending review
varato dal Consiglio dei Ministri
tra le “disposizioni per il
risparmio della spesa nel settore
turistico e la trasformazione
di Enit in ente pubblico
economico”. Il carrozzone italiano
del turismo sarà sostanzialmente
commissariato, per
volere del Governo di Matteo
Renzi che agli sprechi di Stato
ha promesso battaglia. Ceci è
un “tecnico” già consulente
del ministero del Turismo negli
anni in cui era guidato da
Michela Vittoria Brambilla.
MA SOPRATTUTTO sembra
essere l’uomo ideale per sviluppare
il progetto annunciato
da Franceschini, ancora rubricato
nel capitolo annunci: implementare
la rete di campi da
golf, in particolare al Sud, partendo
dalla Sicilia, “magari vicino
alla valle dei templi” così
da “attirare gli stranieri”. Parole
sue: “Penso che in Italia ci
sia un gran bisogno di campi
da golf e che ci sono alcune regioni,
in particolare del Mezzogiorno,
che ampliando l’of -
ferta di campi da golf riusciranno
ad attrarre il turismo
straniero, che oggi non si riesce
ad attirare”. Ancora: “Penso
per esempio a un turismo statunitense
di un certo livello che
verrebbe volentieri in Sicilia
ma non lo fa perché non trova
una rete di grandi alberghi né
campi da golf”. Il già consulente
Ceci non ha fatto in tempo a
informare il titolare dei beni
culturali e turismo che in realtà
in Sicilia c’è già una struttura
di un certo livello”: il Picciolo,
un 18 buche con resort esclusivo
in provincia di Catania.
Club-house, bar, ristorante,
foresteria con 17 camere. Una
struttura di proprietà del gruppo
Js hotel spa che gestisce anche
il circolo Ayala golf e country
vicino Lecce e altre strutture
di prestigio ovunque nel
Mezzogiorno. E proprio con il
Jsh ha un contratto la società
Gh di cui Ceci è proprietario
nonché presidente del consiglio
di amministrazione. Una
società con sede a Novellara, in
provincia di Reggio Emilia,
che ha 119 mila euro di capitale
sociale versato e appena un dipendente,
impegnata come
tour operator e agenzia di
viaggi (…) consulenza e marketing
turistico e territoriale”
nonché la “progettazione, sviluppo
e realizzazione di tecnologie
funzionali alla promozione
turistica”. Più varie altre attività.
Con il Picciolo Golf
Club di Catania, in particolare,
la società di Ceci ha un contratto
di gestione in esclusiva
per alcuni specifici servizi legati
ai dati della privacy, alle
prenotazioni e alla gestione
della struttura attraverso il sito
internet ilpicciologolf.com. Il
portale è “ospitato su server
sotto la supervisione di Gh che
opera come fornitore di servizi
del gestore”, si legge tra l’altro
sulla home page del club siciliano
alla voce privacy.
CECI, VA DETTO, è un esperto
del turismo. Ha 44 anni ma un
curriculum lungo tre pagine,
con esperienze sempre a cavallo
tra privato (le sue società) e
pubblico. “Consigliere esperto
in materia turistica dei Governi
Prodi e Berlusconi – si legge
- concorrendo alla stesura delle
norme a favore del turismo
inserite nella legge finanziaria
2008, ai lavori per la definizione
delle linee guida” del piano
2007/2013, “alla redazione del
testo di riforma della classificazione
alberghiera”. Ceci ha
coordinato il tavolo Stato-Regioni
per la riforma del demanio
marittimo. Ha progettato e
avviato l’Osservatorio Nazionale
del Turismo. Fra il 2004 e
il 2011 ha svolto attività di consulenza
per le regioni Emilia
Romagna, Puglia, Sardegna e
per la Provincia Autonoma di
Trento.
Inoltre è stato Direttore Generale
dell’Apt della Regione
Emilia-Romagna dal 1998 al
2002 e, come detto, consulente
del ministero del turismo guidato
da Brambilla. Insomma è
un giovane ed esperto del ramo
che potrà senz’altro aiutare
Renzi ad azzerare gli
sprechi nell’Enit e Franceschini
a sviluppare
una rete di golf club
nel Mezzogiorno. Le
società da usare, volendo,
già ci sono.
Privatizzare che ossessione
La sindrome
Shar mel Sheik
per il paesaggio
di Tomaso Montanari
Nel sud c’è da fare un unico grande Sharm el Sheik, dove
ci va tutto il mondo in vacanza”: parola di Oscar Farinetti.
Ecco risolta – dopo tanto inutile pensare di generazioni
di professoroni – la questione meridionale. E il
ministro Dario Franceschini: “In Italia c’è un gran bisogno
di campi da golf, e ci sono regioni, in particolare del Mezzogiorno
che, ampliando l’offerta di campi da golf, potrebbero
riuscire ad attrarre il turismo straniero. Penso a un
turismo statunitense di un certo livello che verrebbe volentieri
in Sicilia, ma non lo fa, perché non trova una rete di
campi da golf”. Che poi è esattamente il motivo per cui la
Repubblica tutela il paesaggio: per farci campi da golf per
americani ricchi. Così come è evidente che in un paese in cui
il divario tra ricchi e poveri aumenta ogni giorno, favorire
l’industria del lusso è proprio il dovere di un ministro che ha
giurato sulla Costituzione (quella roba dove un certo articolo
3 dice che la Repubblica dovrebbe rimuovere gli ostacoli
all’uguaglianza, non favorirli come una priorità).
A ogni uscita pubblica il ministro Franceschini parla della
necessità di aprire il patrimonio ai privati. Qualche giorno
fa ha detto che bisogna smettere di farne una questione
ideologica. Bene, lasciamo perdere per un momento i principi
fondamentali. Facciamone una questione
pragmatica: in Italia le privatizzazioni
non sono mai state all’insegna di una
limpida concorrenza tra progetti imprenditoriali
alternativi, ma piuttosto
all’insegna delle più oscure connessioni
tra politica e impresa. L’unica vera privatizzazione
è stata quella dell’interesse
pubblico, tradito in favore di quello
dei soliti noti.
È difficile occuparsi di Beni
culturali in un governo presieduto
da Matteo Renzi:
un po’ come fare il responsabile
ambiente in un cementificio.
Ma Dario
Franceschini è uno dei
pochi ministri che potrebbero
avere la forza
politica di non piegarsi
alle parole d’ordine del
liberismo alla ribollita
del premierino e di
guardare fuori dai ristretti
cerchi concentrici
del potere e degli affari. E
fuori, in cima alle urgenze

del Paese, non c’è il golf. il fatto quotidiano 20 aprile 2014

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