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mercoledì 5 marzo 2014
SORGENIA: QUANDO C’È DE BENEDETTI LA BANCA AMICA CHIUDE GLI OCCHI NAVIGAZIONE A VISTA
A L L’ITALIANA Anche un ragioniere avrebbe capito
da anni che la situazione stava precipitando:
ma gli istituti creditori hanno rinviato la resa dei conti
A fronte di 1,9 miliardi di debiti e 600
milioni necessari subito per evitare
il crac, la Cir vuole mettere solo 100
milioni. Il perché: ha le casse vuote
e sono finiti anche i soldi del caso
Mondadori, versati da Berlusconi
La scommessa
sulle rinnovabili non ha
funzionato, solo 200
megawatt prodotti
contro 450 stimati
» Con Mussari il Monte
dei Paschi era esposto
per 1,2 miliardi, oggi
deve avere indietro
ancora 600 milioni
» Un anno fa la società
aveva un patrimonio
netto di un miliardo,
poche settimane fa il suo
valore è sceso a zero
di Giorgio Meletti Come a Caporetto. Quella di Sorgenia
è una rotta disordinata. Sul sito
web della Cir, la holding della famiglia
De Benedetti a cui fa capo la
società elettrica, sono ancora pubblicate
le vecchie “linee di sviluppo”
: “Aumento della clientela residenziale” e “fo -
calizzazione sul settore eolico”. Peccato che non
valgano più dallo scorso 18 dicembre, quando
Sorgenia ha cambiato idea: “Priorità allo sviluppo
commerciale sul mercato “corpora te ” (grandi imprese
e piccole e medie aziende)” e “dismissione di
tutte le attività nelle energie rinnovabili in Italia”.
L’s.o.s. di Rodolfo
Come molti capitani d'industria, Rodolfo De Benedetti,
il primogenito a cui Carlo l’Ingegnere ha
ceduto anni fa la guida del gruppo, eccelle nell’arte
della “rifocalizzazione”, la supercazzola in versione
manageriale. Si fa un ambizioso “piano industriale”,
lo si fa finanziare dalle banche, poi si scopre
che si è sbagliato e si passa alla rifocalizzazione.
Solo che stavolta, in calce al comunicato rifocalizzante,
c’era la dichiarazione di resa: “Tenuto
conto dell’entità dell’indebitamento, Sorgenia ritiene
necessaria una ristrutturazione finanziaria e
ha invitato le banche ad avviare un processo di
approfondimento e discussione al riguardo. Nel
frattempo, al fine di garantire la piena operatività,
la società ha avanzato richiesta di moratoria e
stand still fino al 1 luglio 2014”. Tradotto: “Non ti
pago”.
Mentre Rodolfo lancia il suo s.o.s.
alle banche l’Ingegnere si affretta a
chiarire che non ha più niente a che
spartire con Cir e Sorgenia, né cariche
né azioni. Nel 1996 mollò l’Olivetti
agonizzante all’allora sconosciuto
ragioniere Roberto Colaninno,
adesso si disinteressa del disastro
elettrico di famiglia e si occupa
solo di pontificare sulle precarie
sorti del Paese. Dei circa 2 miliardi
di euro di valore di Borsa del gruppo
De Benedetti (nelle quotate Cofide,
Cir, Espresso e Sogefi) solo 200
milioni (un euro su dieci) sono capitali
rischiati dal cosiddetto padrone,
il resto è messo dagli azionisti
di minoranza: chi comanda
sbaglia, il parco buoi paga.
I creditori hanno reagito alla resa di
Rodolfo chiudendo i rubinetti e a
fine febbraio Sorgenia ha comunicato
di avere un mese di vita, dando
il via alla consueta convulsa trattativa
per il salvataggio a spese dei 21
istituti creditori. È dunque una Caporetto
anche delle banche, prima
generose e poi distratte. Si accorgono
di colpo che Sorgenia non è più
in grado di pagare neppure gli interessi
sul debito di 1,9 miliardi. E
che Cir non ha risorse per fronteggiare
il disastro. Sorgenia ha bisogno
di almeno 600 milioni di capitale,
Cir non ne vuol mettere più di
100. E il famoso risarcimento versato
da Silvio Berlusconi per il caso Mondadori?
Non c’è più. La Cassazione ha fissato la cifra a 491
milioni, diventati 350 dopo spese e tasse. Ma la
dichiarazione di default di Sorgenia dà diritto ai
detentori delle obbligazioni Cir a scadenza 2024 di
chiedere il rimborso immediato: sono 259 milioni.
Ne restano 90, quindi se Rodolfo De Benedetti
dice che ne tira fuori 100 sta già facendo uno sforzo.
Le banche dovrebbero convertire crediti in
azioni per gli altri 500 milioni necessari. L’unica
cosa chiara che emerge dalle trattative segretissime
(quando si perdono miliardi dei piccoli azionisti
scatta la privacy) è che il valore attribuito oggi
a Sorgenia è zero. Possibile che una società che
solo un anno fa dichiarava un patrimonio netto
(capitale più riserve) vicino al miliardo abbia polverizzato
il suo valore in poche settimane? No,
non è possibile. Infatti era tutto chiaro da anni.
Le banche avrebbero potuto accorgersi solo leggendo
i bilanci, o i giornali, che i loro crediti erano
in pericolo. Nel 2007 Sorgenia dichiarava l’obiet -
tivo di avere nel 2010, dopo
tre anni, debiti per 1,4 miliardi
e patrimonio netto per 1,3
miliardi. A consuntivo, i debiti
erano 300 milioni più alti
e De Benedetti e soci avevano
immesso 200 milioni di capitale
in meno. Mancavano all'appello
500 milioni, e nessuno
ha fiatato. Nel 2007 Sorgenia
dichiarava che entro il
2010 avrebbe avuto 450 megawatt
di potenza installata
nell'eolico, il business delle
rinnovabili che si focalizza e rifocalizza. Oggi siamo
a malapena a 200 megawatt. Non solo. L’obiettivo
per il 2010 era un fatturato di 3 miliardi e
un ebitda (il margine operativo lordo, quella differenza
tra costi e ricavi con cui si ripagano le banche)
di 500 milioni. A consuntivo il fatturato è
stato 2,5 miliardi e l’ebitda si è fermato a 151 milioni,
del 70 per cento sotto l'obiettivo. Tre anni fa
i fattori industriali della crisi, che stanno colpendo
tutto il settore, erano già chiari: il boom del fotovoltaico
(alimentato dalle stesse banche, che incamerano
una bella fetta delle sovvenzioni) ha
messo alle corde le centrali termiche, in particolare
quelle di Sorgenia, costruite a crisi iniziata. Ci
voleva un sensitivo per capire che i miliardi prestati
erano in pericolo? E adesso che Sorgenia ammette
che nei prossimi anni l'ebitda non supererà
i 120 milioni all'anno (contro gli almeno 500 programmati)
ci vuole un mago per capire il problema?
Sarebbe bastato un brain storming tra un elettricista
e un ragioniere. Tutt’al più un banchiere.
Sarebbe bastato per esempio che il presidente del
Monte dei Paschi Giuseppe Mussari fosse un banchiere
e non un dilettante, come rivendicato dall'interessato.
Nel 2010, quando Sorgenia comincia
a scricchiolare, Mps è esposto per 1,2 miliardi, due
terzi dell'indebitamento netto della società. Gli
ispettori di Banca d'Italia, che scrutinavano le carte
senesi dopo l'incauto acquisto di Antonveneta,
non si sono accorti di niente.
Banchieri distratti?
Oggi Mps è esposto per 600 milioni, guida la classifica
delle banche creditrici. Al secondo posto Intesa
Sanpaolo, attorno ai 350 milioni contando i
crediti alla controllata Tirreno Power, ma il dato è
incerto perché la banca presieduta da Giovanni
Bazoli non ama la
trasparenza
quando si parla
dei crediti dati
agli amici degli
amici. Come pretendere
da Bazoli
chiarezza sul caso
Sorgenia se ancora
non è riuscito a
capire, dopo dieci
anni, quale dei
suoi dirigenti abbia
prestato 1,8
miliardi senza alcuna
garanzia
reale al suo amico
Romain Zaleski
per giocare in
Borsa? L’estate
scorsa - quando
Rodolfo De Benedetti
ha allontanato
l’ammini -
stratore delegato
Massimo Orlandi,
e il nuovo manager
Andrea Mangoni non ha
potuto far altro che accendere la
calcolatrice per misurare il disastro
- cosa hanno detto le banche?
Niente. Ci diranno i posteri
se le menti raffinatissime di manager
e banchieri riusciranno a
raddrizzare la barca, o se Sorgenia
si rivelerà un clamoroso
scandalo del capitalismo di relazione.
Certo, come ha protestato Rodolfo
De Benedetti con il Corriere
della Sera, è improprio mettere
insieme la vicenda Sorgenia
con l'attivismo politico di suo
padre Carlo che, lo abbiamo capito,
non c'entra proprio niente.
Ma è duro da scacciare il cattivo
pensiero che i banchieri, quando
bussa l’editore di Repubblica ,
padre o figlio che sia, diventino
d'incanto generosi e distratti. Il fatto quotidiano 5 marzo 2014
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