martedì 21 gennaio 2014
RIFIUTI E GIORNALI GUERRA INFINITA ZINGARETTI- CALTAGIRONE IL GOVERNATORE DEL LAZIO HA MOLTI NEMICI
E HA TROVATO
UNA MICROSPIA NELLA POLTRONA. DA MESI SI SCONTRA
CON IL POTERE PIÙ FORTE DI ROMA, IL COSTRUTTORE-EDITORE
EFFETTO CERRONI
All’origine dell’ostilità
l’affare del palazzo
della Provincia, ora
la polemica è sull’e re d i t à
del re delle discariche
appena arrestato
di Daniele Martini Il fatto quotidiano 21 gennaio 2014
Vallo a scoprire di chi è la
manina o la manona
che ha infilato la cimice
nell'imbottitura della
poltrona nella sala riunioni della
Regione Lazio per carpire ogni soffio
degli incontri del governatore
Nicola Zingaretti. Un avversario
politico? Uno spione? Un ricattatore?
Un qualche maneggione di
palazzo? Di certo non un suo amico.
Questa banale constatazione
non facilita di una virgola la ricerca
del responsabile perché di nemici il
presidente del Lazio ne ha diversi.
Proprio negli ultimi giorni dal
mazzo ne è spuntato uno che sembra
essere addirittura più nemico
degli altri: il costruttore romano
Francesco Gaetano Caltagirone. I
due si detestano caldamente. L’antipatia
è sfociata addirittura in una
guerra legale: Zingaretti ha querelato
il Messaggero di cui Caltagirone
è editore per alcuni articoli ritenuti
diffamatori sul tema caldo del momento
a Roma e nel Lazio, la gestione
dei rifiuti. Un affarone gigantesco,
gestito per più di trent’anni
in regime di monopolio da
Manlio Cerroni, il “Supremo” della
monnezza, arrestato alcuni giorni
fa. La sua uscita di scena sta rimescolando
le carte e stimolando tanti
appetiti nella Capitale.
LA FINE DELLA MANOMORTA di
Cerroni è un’occasione di possibile
riscatto per la politica romana, per
decenni accucciata all’ombra del
“Supremo”, nel peggiore dei casi
scodinzolando ed eseguendo i suoi
ordini a pagamento, nel migliore
adagiandosi sul fatto che concentrare
la spazzatura nell'enorme discarica
cerroniana di Malagrotta
era facile e conveniente perché si
pagava poco. Per i nuovi dioscuri di
Roma e del Lazio, il sindaco Ignazio
Marino e il governatore Zingaretti,
il superamento del sistema Cerroni
può essere il momento buono per
dimostrare che ci sanno fare e sono
di un'altra pasta rispetto ai predecessori.
Non solo quelli di centrodestra,
Gianni Alemanno e Renata
Polverini, ma anche quelli di centrosinistra,
i Walter Veltroni e i Piero
Marrazzo, che non hanno mai
osato mettere davvero in discussione
lo strapotere di Cerroni nella Capitale.
La fine dell’era del “Supremo” co -
stituisce però anche un richiamo
eccezionale per chi fiuta l’odore dei
soldi e accarezza il progetto di sostituirsi
all’anziano Immondezzaro
partendo dalla constatazione che,
ormai inesorabilmente fermo il
mattone e tutta la fiera che gli fa
corona, la monnezza è diventata il
vero affare romano. Caltagirone
non disdegna i rifiuti, anzi, c’è dentro
con sue società a Istanbul e in
Inghilterra mentre il Fatto ha svelato
l'esistenza di una serrata trattativa
tra lui e Cerroni non andata a buon
fine perché non si sono trovati d'accordo
sul prezzo. A caldo il negoziato
è stato categoricamente smentito
dai portavoce di
Caltagirone, i quali poi
hanno invece dovuto
ammettere che gli incontri
c’erano stati,
fornendo ovviamente
una loro versione dei
fatti, e cioè che era Cerroni
a tampinare Caltagirone
per mollargli
quell'impero della
monnezza costruito
nell'arco di una vita,
non Caltagirone a voler
acquistare.
COMUNQUE SIA ANDATA, la faccenda
si lega a filo doppio alla gestione
dell'Acea, la municipalizzata
della luce e dell'acqua di Roma, posseduta
al 51 per cento dal Campidoglio,
ma in cui Caltagirone comanda
con il 16 per cento appoggiandosi
a due manager di fiducia,
Giancarlo Cremonesi e Paolo Gallo.
Nella testa di Marino e Zingaretti
il superamento di Malagrotta e
il possibile avvio di un ciclo virtuoso
di gestione dei rifiuti si basa sulla
fusione tra l'Acea e l'Ama, l’azienda
comunale di raccolta dell'immondizia.
Caltagirone è di tutt’altro avviso
e anche questo lo spinge in rotta
di collisione con i due amministratori
romani. La sua avversione è
molto mirata, diretta non tanto alla
parte politica di cui i due sono
espressione, il centrosinistra, ma ad
personam . Non a caso Caltagirone ci
tiene a far sapere che Romano Prodi
è tra i collaboratori eccellenti del
suo Messaggero , giornale che sostiene
volentieri Matteo Renzi.
ZINGARETTI METTE a confronto
questo endorsement con il trattamento
ruvido ricevuto dallo stesso
quotidiano sia di recente con Cerroni
e i rifiuti, sia qualche tempo
prima con un altro episodio
che ha segnato il
rapporto tra il governatore
e il re dei costruttori
romani: l'affare della sede
della Provincia all'Eur.
Per Roma quella
vicenda apparentemente
secondaria è stata uno
spartiacque. La storia è
questa: quando ancora
era presidente della Provincia
di Roma, Zingaretti
decise di spostare la
sede dal centro a un palazzo nuovo
e scelse una delle due torri dell’Eur
tirate su dal giovane costruttore Luca
Parnasi. Poi, per gestire il patrimonio
immobiliare della Provincia
con cui finanziare l’acquisto, invece
di far entrare in campo Fabrica di
Caltagirone, si rivolse a Bnl-Paribas.
Da quel momento il Messaggero
cominciò a cannoneggiare
Zingaretti senza pietà accusandolo
di essere uno sprecone con i soldi
dei romani. Erano le settimane in
cui il centrosinistra stava scegliendo
il suo candidato per il Campidoglio
da contrapporre ad Alemanno.
Da anni Zingaretti stava studiando
per quel posto da dove contava
di spiccare il salto per la guida
del Pd. Invece rinunciò a sorpresa
accontentandosi della Regione
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