martedì 17 dicembre 2013

Nuovo Piano rifiuti Lazio, Comitati: “Solo un elenco di impianti, mentre l’unica riduzione è quella della raccolta differenziata”

II 13 dicembre u.s., alla presenza del presidente della Giunta regionale Zingaretti e dell’assessore all’Ambiente Civita, e’ stato presentato uno studio redatto dalla Confservizi Lazio (Associazione regionale delle Imprese e degli Enti che gestiscono servizi pubblici locali) e finalizzato all’analisi della situazione della gestione dei rifiuti nel Lazio.
Ovviamente, questo studio, che riteniamo essere la base per la costruzione del nuovo Piano rifiuti del Lazio, necessita di un’analisi approfondita, ma da subito sentiamo il bisogno di manifestare la nostra contrarietà.
Nulla di nulla infatti appare sulla riduzione a monte dei rifiuti, mentre la raccolta differenziata, assieme alla riduzione, unica via per l’eliminazione di impianti nocivi dai nostri territori, resta al palo. Approfittando della sponda del ministro dell’Ambiente Orlando, il raggiungimento della soglia minima di RD al 65% viene rimandato al 2020.
Si programma un aumento del 5% l’anno circa di raccolta differenziata nella regione dal 2014, quando il patto per Roma firmato dal Ministro Clini prevedeva il raggiungimento del 50% di raccolta differenziata a Roma nel 2014 (40% del 2013).
Anche i muri sanno che Roma produce oltre il 50% dei rifiuti della regione; un aumento del 10% a Roma, produce oltre il 5% di aumento in tutto il Lazio; si sta tentando di fatto di teorizzare lo stop alla differenziata nel resto del Lazio per almeno due anni? Oppure ci si arrende all’incapacita’ dell’AMA di mantenere gli impegni presi? E se non si agisce sulla differenziata, è evidente che nasce la necessita’ di impiantistica per il trattamento dell’indifferenziata, con condimento di discariche, impianti TMB e inceneritori.
In questo contesto quindi, si indica come necessario il riavvio dell’inceneritore di Malagrotta (180.000 tonn/anno), basato su una tecnologia di fine anni ’90, la necessita’ della terza linea di incenerimento a San Vittore (per un totale di oltre 300.000 tonn/anno), il mantenimento delle due linee di incenerimento a Colleferro. Altro che risanamento della Valle Galeria o bonifica della Valle del Sacco!
Quanto alle discariche, per adesso sembra che si voglia ampliare quelle esistenti nel Lazio, rimandando il problema di trovarne nuove a quando i tempi saranno “migliori”. Perciò, Cupinoro, Falcognana, Inviolata, Roncigliano e tutte le altre del resto della regione costituiranno ancora l’opzione preferenziale di istituzioni che vogliono comuni e cittadini che non “differenziano”.
Unico provvedimento su questo versante appare l’innalzamento del costo di conferimento, mediante l’aumento del tributo speciale legato al raggiungimento o meno degli obiettivi comunali o di ATO. Questo aumento andrà a finire sulla TARES, o come si chiamerà, e quindi il costo della malagestione verrà direttamente attribuito ai cittadini contribuenti. E, come appare dagli intendimenti della maggioranza di governo, la tariffa rifiuti sarà annacquata nel mare magnum della supertariffa comunale.
Quindi non siamo in presenza di un Piano ma di una banale presa d’atto di quello che esiste, di una situazione di voluta difficoltà nel decollo della RD, a cui non si sa ufficialmente fare fronte. In questo contesto, quindi, si indica come necessari il riavvio dell’inceneritore di Malagrotta (180.000 tonn/anno e basato su una tecnologia di fine anni ’90), la necessita’ della terza linea di incenerimento a San Vittore (per un totale di oltre 300.000 tonn/anno), il mantenimento delle due linee di incenerimento a Colleferro per oltre 200.000 tonn/anno.
Ci si presenta al 2020 – anno in cui l’Unione europea prevede la fine dell’incenerimento di materie prime seconde – con poco meno di 700.000 tonn/anno di capacita’ di incenerimento a cui aggiungere le “potenzialità” dei cementifici. Addirittura, con un surplus di impianti TMB per la produzione di CDR/CSS figli dell’attuale emergenza e di una incapacita’ di programmazione! In questo quadro sembra scomparire l’inceneritore di Albano, ma solo perché i numeri proposti non consentono la conferma di quella scelta. Infatti, anche se quest’impianto dovesse realmente sparire dal Piano, bisogna ricordare che la pratica di finanziamento del gassificatore giace ancora sospesa negli uffici del Ministero dello Sviluppo ed i solerti tecnici ministeriali non vedono le ragioni dell’interruzione del regalo da mezzo miliardo di euro (in certificati verdi) promesso a Cerroni.
Ricapitolando: nulla per la riduzione della produzione dei rifiuti, rallentamento e scarsi investimenti per la differenziata, assenza di impianti di selezione del materiale secco differenziato, assenza di riconversione a recupero di materie degli impianti TMB per la produzione, invece, di CDR/CSS con l’unico scopo di creare “cibo” per gli inceneritori e per i cementifici (mai citati nel documento, ma che sappiamo essere un’opzione assai concreta e ghiotta per la lobby dei cementieri).
In ultimo, partendo dalla giusta necessità di impianti di compostaggio, si condisce questo minestrone infernale con impianti biogas nascosti dietro la dizione “compostaggio” (quello di Maccarese, il mega impianto biogas da 95.000 tonn/anno allocato genericamente su Roma e non più su Fiumicino).
In sintesi, un Piano senza progetto, oppure se lo si preferisce, un Piano che è una banale presa d’atto di quello che esiste, indirizzato ad un conto puramente economico ed al soddisfacimento dei “soliti” interessi. Ma questo è un Piano predisposto dalla Confservizi Lazio, quindi di scelta essenzialmente “padronale” e perciò, di salute e tutela dell’ambiente, nessuna traccia: le scelte virtuose sono rimandate, forse, al 2021.
Di fronte a questo quadro di conservazione dei privilegi a favore degli interessi privati connessi al business dei rifiuti, di fronte alla politica di continuità dello sfruttamento del territorio e delle devastazioni ambientali, i comitati dei cittadini in lotta nel Lazio chiamano ad un maggiore indurimento delle mobilitazioni già in atto per la difesa dei territori e per ribadire che, senza il coinvolgimento delle popolazioni della regione, nessun Piano rifiuti avrà “diritto di cittadinanza”.

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