venerdì 2 agosto 2013

Minturno scandalo rifiuti L’esito degli accertamenti sulla gestione fino al 2010 Il «vizio» del bluff Meno di un mese fa le condanne per la truffa

N on è passato neppure un mese dal giorno della condanna in primo grado dell’amministratore di Ego Eco e di un gruppo di altre persone coimputate nella truffa in danno del Comune di Minturno perpetrata fino al 2010 nell’ambito dello stesso contratto e con bluff sulla raccolta differenziata. Quasi 40 anni di reclusione complessivamente comminati dal giudice Menichetti, la pena più alta proprio per Ciummo e per l’ex consigliere regionale Romolo Del Balzo, considerato dal Tribunale «socio occulto» della Ego Eco al tempo in cui veniva portata a termine la truffa. Nelle more del processo l’a m mi ni s tr a zi on e comunale di Minturno, che non ha trovato la forza né i numeri per costituirsi parte civile, ha messo in piedi l’iter di risoluzione del contratto. Era, infatti, diventato palese che non si potesse continuare a tenere in vigore il contratto di gestione dei rifiuti con lo stesso soggetto che aveva truffato la parte pubblica. E così la vera «rottura» è giunta esattamente una settimana dopo il verdetto, il 23 luglio. Non si sarebbe comunque potuti andare oltre quantomeno per decenza. Il Comune di Minturno, consapevolmente o meno nel suo complesso, negli anni ha largamente tollerato ciò che, forse, altrove non sarebbe stato possibile. Ossia: finte certificazioni della differenziata e continue fatturazioni di un servizio che non veniva effettuato, in questo si è concretizzata la truffa come è emerso nel dibattimento del processo. E anche quando è stato chiaro che il decennale rapporto con Ego Eco sarebbe finito, non si è proceduto alla redazione di un regolare bando di gara per cercare di trovare un altro partner per un tempo medio lungo e forse per tentare di risistemare il nodo-rifiuti in città. E’, stato, invece, scritto un contrattino da sei mesi per sbarcare il lunario e adesso la stessa Asa che se lo è aggiudicato non ce la fa a sostenere, da sola, lo smaltimento del contenuto delle campane appena sequestrate, ossia oltre 310 tonnellate di rifiuti di ogni genere, comunque differenziati e come tali da sottoporre a trasporto e stoccaggio diversificato. Certamente la società di Cassino era consapevole del danno che avrebbe arrecato, specie in termini di immagine, oltre che di ordine e igiene. Ma allora perché andare allo scontro finale? E’ possibile che sia stata solo la coda avvelenata del processo penale che ha portato alle durissime condanne a carico dei vertici di Ego Eco. Ma è possibile altresì che la stessa società abbia pensato di poterla fare franca. In fondo era già successo in passato. Latina Oggi 2 agosto 2013

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