giovedì 18 luglio 2013

Emanuele Feltri e la mafia io non ho paura

Emanuele: 'Io non ho paura'di Francesca Sironi http://espresso.repubblica.it/dettaglio/emanuele-io-non-ho-paura/2210784 Parla, per la prima volta, il giovane allevatore siciliano a cui Cosa Nostra ha ammazzato gli animali, facendogli trovare una testa di capra sulla porta: «So che qui rischio la vita, ma non me ne vado»(09 luglio 2013)«Io non me ne vado. Sto rischiando molto, lo so. Ma non mi muovo da qui». A parlare è Emanuele Feltri, il giovane contadino della valle del Simeto, in provincia di Catania, che la settimana scorsa aveva denunciato su Facebook l'intimidazione ricevuta dalla mafia per il suo impegno a sostegno dell'ambiente. Quattro agnelli uccisi e uno sgozzato, la testa lasciata in vista davanti all'ingresso del suo casale. «Di avvertimenti e minacce, negli ultimi anni, ne avevo ricevuti parecchi: furti, danneggiamenti, l'agrumeto bruciato. Ma mai di questa gravità», racconta Feltri, 34 anni, trasferitosi due estati fa in questa valle «meravigliosa», a Paternò, con l'idea di aprire un'azienda agricola biologica e un piccolo centro per il turismo rurale: «Per questa terra ho venduto la mia casa, mia madre ha investito la sua liquidazione. E' tutto quello che ho. Per cui non mi faccio spaventare». La scena che si è trovato di fronte il 30 giugno, alle dieci di sera, tornando a casa dalla città, è stata troppo, "un film di mafia anni '50", ha scritto lui su Facebook in un post che ha ricevuto migliaia di condivisioni. E quindi articoli, televisioni, interrogazioni parlamentari. Solo oggi però Feltri parla in prima persona: «Non voglio diventare una star» spiega: «Quello che mi è successo è grave. Ma ancora più grave è quello che succede ogni giorno nella valle. E la visibilità che ha conquistato il mio caso, in questa zona, mi espone ancora di più alle minacce». Una risposta, questa volta, c'è stata, dopo la denuncia dell'Espresso e dei quotidiani locali. Dalle istituzioni, in minima parte, ma soprattutto dalle 500 persone che domenica si sono fatte trovare a Ponte Barca, frazione di Paternò da cui comincia l'oasi naturale che Emanuele ha sempre lottato per difendere. 500 persone, fra cui il sindaco, rappresentanti di Libera, Legambiente e tanti ragazzi «che sognano una Sicilia diversa» e hanno camminato con lui per quattro chilometri fino al casale. Da quando è arrivato a Paternò, il paese in cui è nato Ignazio La Russa, Emanuele ha combattuto in silenzio contro la mafia di tutti i giorni, quella che gestisce e alimenta centinaia di discariche abusive (pneumatici, rottami, liquami) all'interno di un'oasi naturale, creata nel 2009 per l'"alto interesse ambientale e paesaggistico" dell'area (la foce del fiume Simeto) e subito abbandonata: non un cartello, una spiegazione, nessuna promozione. E le risposte all'attenzione per l'ambiente di quel nuovo contadino venuto apposta dalla città sono arrivate presto: 8mila euro di danni all'impianto di irrigazione, furti, avvertimenti, l'agrumeto incendiato, fino alla pecora sgozzata di fronte a casa. Feltri è scomodo, se ne deve andare: «Mettevo cartelli, sbarre, facevo il possibile perché i camion non portassero i rifiuti in questo luogo stupendo», racconta: «Continuavo a denunciare la cosa alla polizia, ma non è servito a nulla. Mi dicevano: "Ancora qui?"». Dalle istituzioni, a parte quelle locali, nessuna risposta: «Io e altri 20 ragazzi, tutti volontari, abbiamo sempre cercato di dare una mano al sindaco per tenere l'oasi pulita», continua: «Può contare solo su di noi: la guardia forestale sostiene di non avere abbastanza mezzi per presidiare il territorio. La Regione non sente. E il parco rimane in mano agli interessi degli smaltitori illegali». Non è l'unico segnale di abbandono: «C'è stata un'alluvione, un anno fa: abbiamo ancora le strade distrutte. Nessuno le ripara», racconta Feltri: «Ho pagato 1800 euro di Imu per il casale. E non ho l'elettricità, perché salta e non ci sono tecnici per riparare le centraline. E' tutto così qui: oblio e degrado. Per questo un'oasi naturale può diventare una discarica». Dopo l'avvertimento mafioso, le capre uccise, e l'attenzione dei media, il caso di Emanuele è arrivato in parlamento: un'interrogazione parlamentare di alcuni deputati Pd al vicepremier Alfano chiede di fare luce sulla vicenda. Sabato il sottosegretario alla giustizia Giuseppe Berretta è andato di persona a Paternò e ha promesso maggiori controlli ordinari. Dalla Regione non una parola. Ma la solidarietà che conta, dice Emanuele, è quella dei 500 ragazzi che si sono presentati a difendere l'oasi. «La minaccia di domenica scorsa ha suscitato in me una rabbia infinita», conclude Feltri: «E una forza incredibile. Ora degli amici mi stanno aiutando. Ma so che sarò solo, domani e dopo, e che rischio la vita. Non ho paura però. Io credo nella possibilità che questa Sicilia possa rinascere».

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