domenica 26 maggio 2013

Legambiente sceglie: con le multinazionali “green”, contro i Comitati

http://www.arrexini.info/legambiente-sceglie-con-le-multinazionali-green-contro-i-comitati/ Il 10 maggio, sul Manifesto, l’articolo Contadini in rivolta contro la dittatura del cardo dell’economista e giornalista Giuseppe de Marzo, racconta la lotta dei comitati sardi in difesa del territorio, che in modo sempre più capillare sta attraversando l’isola. Pochi gioni dopo Legambiente, nella persona del vice presidente Stefano Ciafani, si è sentita in dovere di replicare, con l’articolo Chimica verde, nuova opportunità per l’agricoltura, una difesa a spada tratta della cosiddetta “Chimica Verde” e degli impianti a biogas e solari termodimici. Dai Comitati del Nord Sardegna giunge la controrisposta a Legambiente, che appare sempre più lontana dai principi che ne ispirarono la nascita e sempre più vicina alle multinazionali dell’energia. Leggere il commento del vice presidente di Legambiente Stefano Ciafani, pubblicato sul Manifesto del 15 maggio, all’articolo “Contadini in rivolta contro la dittatura del cardo” a firma di Giuseppe De Marzo, pubblicato sempre sul manifesto il giorno 10 maggio, non ci ha sorpreso. Ci ha anzi riportato alla mente la posizione di Legambiente espressa ai tempi dei lavori per il G8 sull’isola parco naturale della Maddalena. Lavori ai quali Legambiente diede il suo placet sostenendo che non modificavano lo skyline dell’isola. Ciò che resta di quei lavori è sotto gli occhi di tutti e nelle aule dei tribunali. Un enorme spreco di denaro pubblico per strutture costruite ed abbandonate al degrado, neanche un posto di lavoro, bonifiche finte ed un inquinamento ancora maggiore dovuto agli stessi lavori. Con la morte nel cuore diciamo: “lo avevamo detto”, noi, i movimenti, coloro che Legambiente ignora insieme alle pratiche di partecipazione dei cittadini alla presa delle decisioni e alle questioni dell’equità sociale, mentre è intenta a fare accordi di partnership con imprese che sulle risorse ambientali speculano. E’ importante insomma capire quanto Legambiente è slegata dall’ambiente e quanto invece è legata alle multinazionali della green economy, comprese quelle che vogliono realizzare la chimica verde a Porto Torres. Un esempio può aiutarci a capire. In questi giorni Repubblica ha pubblicato l’ottavo studio del Forum Nimby (l’osservatorio sui contenziosi legati alla realizzazione di nuove opere) e sulla mappa dei conflittici ci siamo anche noi dei comitati che si battono contro la chimica “verde” a Porto Torres. Il Forum, insomma, ci osserva. Tra i dieci componenti del comitato scientifico del Forum ci sono anche il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza e l’ex presidente Roberto Della Seta. I maggiori sponsor di questo Forum sono: A2A Energia (inceneritore di Brescia), Enel (centrale a carbone di Porto Tolle) e poi Terna, Assoelettrica, Edison ed altri tra i maggiori beneficiari della truffa dei contributi cip6, comprese le tante società, notoriamente “no profit”, del tessuto industriale italiano. O ChimicaVerde-Bionet, l’unica onlus “a scopo di lucro”, alla quale si può donare il 5 per mille, ideata da Legambiente e, guarda caso, sostenuta da sponsor come Novamont uguale mater-bi, cioè Matrìca e quindi ENI. Perciò è inutile che Stefano Ciafani cerchi di dirottare il dibattito sulla domanda se sia meglio l’energia prodotta da fonti fossili o da energie rinnovabili. Sappiamo bene cosa è meglio. Il problema è perché si produce e come, quale che sia la fonte. E la situazione paradossale della Sardegna, che Ciafani dimostra di conoscere poco e male, è quella di una regione che non solo produce molta più energia di quella che consuma, ma anche molta di più di quella che, data la attuale portata dei cavidotti, riesce ad esportare. Dunque perché si vuole installare ancora più potenza inutilizzabile se non per scopi speculativi, per beneficiare di contributi e del commercio dei certificati verdi? E per di più, al contrario di quello che lui dice, riconvertendo terreni a destinazione alimentare a produzione energetica. Se fosse venuto a vedere, se avesse fatto una indagine seria e accurata sul territorio, come ha fatto un giornalista ed un ricercatore serio come il signor de Marzo per realizzare il suo reportage, il signor Ciafani si sarebbe trovato di fronte, ad esempio, alla piana di Cossoine – considerata per decenni il granaio del nord Sardegna e ancora oggi interamente coltivata fino alla più piccola parcella – dove la Energogreen Power avrebbe voluto realizzare, devastandola per sempre, un impianto Termodinamico di 160 ettari. E avrebbe scoperto una intera comunità in lotta che, dopo mesi dimobilitazione, ha detto un no compatto alla perdita di terreni agricoli con un referendum che ha visto votare contro la quasi totalità dei cittadini. Per quanto riguarda la chimica verde, invece, ci troviamo di fronte, prima di tutto, a un’operazione di marketing. L’Eni intende distogliere l’attenzione dal fatto incontrovertibile che questi stabilimenti si stanno realizzando in uno dei SIN più inquinati d’Italia, lo dice anche Ciafani, però non dice che il pm chiedendo il rinvio a giudizio dell’Eni, ha appena presentato una perizia di 500 pagine in cui si dimostra in maniera inconfutabile la responsabilità dell’impresa in una delle più grandi catastrofi ambientali italiane. Ecco l’Eni, con i vari nomi delle sue filiali, che per nascondere il disastro, costruisce gli stabilimenti della chimica verde sulla catastrofe che intende perpetrare. La chimica verde è un paravento ma è anche un modo per l’Eni di non sborsare i soldi necessari alle bonifiche. In linguaggio normale questo si chiama ricatto, se volete qualche posto di lavoro non cercateci sul resto. L’alternativa non è, in questo caso, tra lavoro e salute, perché la sproporzione è immensa tra i 400 posti di lavoro promessi e il mantenimento del controllo assoluto dell’Eni su i 23 km quadrati che conta la zona industrialedi Porto Torres. Un quarto della superficie del comune che continuerebbe a insterilirsi, ad avvelenare i terreni e le acque circostanti e a propagare cancri e morte su chi, e sono sempre di meno, ci lavora e ci lavorerà. Senza pensare alle migliaia di abitanti di Porto Torres che subiscono e subiranno i tragici effetti sulla salute dei luoghi e delle persone di un’industrializzazione sconsiderata e fallita. Ora è questa Eni a cui la magistratura imporrà e chiederà di assumere le proprie responsabilità, anche penali, del disastro che agita il fantasma della chimica verde. Perché la chimica verde è un fantasma? Perché di verde non ha che il nome. Essa dovrebbe funzionare a partire da biomasse locali. Biomasse locali che non ci sono, né scarti, né altro, contrariamente a quello che dice il Sig. Ciafani, secondo l’Eni sarà la coltura del cardo che darà questa biomassa necessaria per colorare di verde tutta questa panzana. Ora il cardo in Sardegna esiste in natura come in tutte le parti del mondo, né più né meno. In generale sono gli asini e le pecore che nelle stagioni grame se lo farciscono. Ma si tratterebbe per l’Eni di passare a scala industriale nella produzione del cardo per creare quelle famose sinergie tra l’industria e la campagna: il Sig. Ciafani parla anche qui, così come ha parlato di scarti di biomassa, di terre marginali o abbandonate. Per Matrìca, la consociata dell’Eni che tira il progetto, occorrerebbe biomassa pari a 250.000 tonnellate all’anno, peccato che è il doppio e che richiederebbe una superficie di coltivazioni che va, secondo le stime, da 70.000 a 120.000 ettari. Altro che terre marginali, ci passerebbe in questo progetto dissennato la totalità delle terre coltivabili del nord Sardegna. Oppure all’ancora peggio normativa italiana che assimila alle biomasse la parte non biodegradabile dei rifiuti solidi extra-urbani. E Legambiente dovrebbe essere sensibile a un argomento semplicissimo, comprovato e accettato da tutte le persone di buon senso, il cardo si affermerebbe come monocoltura, sempre che gli interessati, i coltivatori e i contadini, l’accettino. Cosa assolutamente improbabile visto che non hanno l’intenzione né di suicidarsi, né di uccidere le terre su cui hanno vissuto e intendono continuare a vivere. La monocoltura, si sa, sterilizza le terre e distrugge il biotopo e fa scomparire la biodiversità. Ecco l’argomento fondamentale per cui non vogliamo questo tipo di chimica verde, perché sottoporrebbe, mettendolo a rischio mortale, il ciclo naturale al ciclo industriale. Noi non abbiamo bisogno di orientare la nostra forza produttiva, la nostra esperienza, i nostri modi di fare e di vivere, verso l’industria chimica, abbiamo visto cosa ha dato l’industria chimica in Sardegna, non vogliamo che questo disastro si allarghi alle campagne, anche se già risentiamo nelle zolle, nelle acque, nell’aria, tutta la potenza inquinante della zona industriale di Porto Torres. In Sardegna c’è ancora campagna quando nel mondo si sta rarefacendo. E’ un bene prezioso e ricco da venire. Non è il momento di disperderlo. Di farselo portare via. Di distruggerlo. Noi guardiamo alla città non all’industria. Il rapporto campagna città deve cambiare. Per questo ci battiamo. La campagna, dove c’è, è una realtà vitale per la città, sempre che questa se ne accorga e non la svenda agli avvoltoi delle fonti energetiche “sostenibili”, che si tratti di imprenditori dell’eolico, del fotovoltaico o della biomassa. Noi vogliamo continuare a produrre legumi e latte , verdure e formaggi, carne e vino. Questo sappiamo fare e questo la città ci chiede, che tutto sia buono, non sia inquinato, sia fresco. Noi vogliamo trasformare queste terre antiche nella più moderna delle offerte a cittadini, ahinoi, distratti e incuranti di quello che può diventare la campagna. La campagna è certo una forza di produzione, una fonte di approvvigionamento per la città, ma essa è infinitamente di più, la campagna è la terra stessa in cui l’urbano è incastonato, realtà affettiva e sentimentale, misura aperta, ma certa, dell’esistenza stessa del cittadino e della città di cui i campagnoli, da sempre fanno parte. Comitato No Chimica Verde, Comitato No al Termodinamico Cossoine e Giave, Comitato Nurra Dentro

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