domenica 14 aprile 2013

Ilva il referendum per la chiusura, in gioco la salute


Ilva, si vota per la chiusura
"In gioco la nostra salute"

Via al referendum consultivo. Si sceglie se lasciare aperto tutto o parte dello stabilimento siderurgico. L'obiettivo degli ambientalisti, le ragioni della città

di GIULIANO FOSCHINI http://bari.repubblica.it/cronaca/2013/04/14/news/ilva_si_vota_per_la_chiusura_in_gioco_la_nostra_salute-56591150/?ref=HRER2-1 Comunque vada, non cambierà nulla. Eppure, dicono, potrebbe cambiare tutto. Dalle 8 alle 22 di oggi 86mila e 300 elettori di Taranto sono chiamati alle urne per dire se vogliono la chiusura di tutto lo stabilimento dell’Ilva “per tutelare la salute vostra e dei lavoratori dall’inquinamento” o se invece preferiscono la chiusura della sola area a caldo.

In sostanza viene chiesto ai cittadini di risolvere quello che la politica negli ultimi 30 anni non è riuscita a fare: sciogliere la dicotomia più odiosa e assurda, quella tra il diritto al lavoro e diritto alla salute, ammettendo di fatto l’incapacità a realizzare quello che in tutto il resto del mondo accade. Fare cioè convivere i due diritti, producendo acciaio senza produrre malattie.

Il referendum è consultivo. Dal risultato il Comune dovrebbe trovare spunto per decidere come comportarsi con l’azienda, pur avendo l’amministrazione comunale solo un potere sanitario. La regola dice che il referendum vale soltanto se si supera il 50 per cento di votanti: raggiungere il quorum, dicono gli stessi promotori del referendum, è però un’impresa praticamente impossibile. Si vota sino alle 22 in 82 sezioni, dislocate in 19 scuole.

Alla chiusura dei seggi si procederà allo spoglio. Se si dovesse arrivare a una cifra di votanti che va dal 20 al 30 per cento, sarebbe un trionfo, dicono: tutti i partiti politici, con l’esclusione del Movimento 5 stelle e Radicali, parlano di libertà 
di scelta. Stessa indicazione dei sindacati. Sel è per la chiusura della solo area a caldo. Solo i movimenti ambientalisti spingono per il voto, con due sì.

 Il significato che c’è dietro quelle schede è fortisssimo: c’è la prova della consapevolezza, quella che negli ultimi 20 anni è mancata a Taranto. Quando Riva veniva condannato a fine anni ’90, le aule di giustizia erano vuote, i giornali lasciavano in pagina un colonnino per riportare la notizia. Nelle scuole quando chiedevi ai ragazzi cosa volessero fare da grandi, ti dicevano senza pensarci un secondo Ilva.

Oggi alla stessa domanda, “qualcuno vorrebbe lavorare al siderurgico?”, in una scuola superiore nessuno alzerebbe la mano. L’llva era un dogma. Da qualche tempo è diventato un mostro. Andare al voto oggi significa oggi per la città esorcizzare una paura, scegliere è probabilmente una sconfitta (“contrapporre diritto alla salute e diritto al lavoro significa fare il gioco dell’azienda, significa far passare il messaggio che le due cose non possono convivere, approvare una bugia” dicono gli avversari più lucidi del referendum oggi), ma fino a qualche anno fa ipotizzare un referendum a Taranto era assurdo, una cosa che potevano dire i pazzi.

Prova ne sia quanto la vecchia Ilva temesse questa consultazione. Tanto sapevano che il referendum da un punto di vista pratico non avrebbe portato a nulla, tanto però ne conoscevano la portata evocativa. Non è un caso la telefonata del 29 luglio del 2010 tra il pr dell’Ilva, Girolamo Archinà (oggi in carcere) e il sindaco Ippazio Stefano (che oggi sarà alle urne, ma non ha indicato cosa voterà).

Dice Archinà: «La data del referendum... la più lontana possibile». E Stefàno: «Va bene». Archinà: «Per farci stare un po' tranquilli». Stefàno: «Tranquilli, va benissimo, ciao Girolamo». Si vota oggi. Chissà se stanno un po’ tranquilli.

 
(14 aprile 2013)© RIPRODUZIONE RISERVATA

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